20 anni dalla fine della guerra civile in Tagikistan: intervista allo storico Tim Epkhenhans

Il 27 giugno 2017 il Tagikistan celebra il ventesimo anniversario del Trattato di Pace che ha messo fine alla sua sanguinosa guerra civile. In che modo e per quale motivo il conflitto più distruttivo dell’ex Unione Sovietica sia scoppiato in Tagikistan, le sue orribili conseguenze e come i due inconciliabili schieramenti si siano stretti la mano e abbiano promesso di mantenere la pace – queste sono le domande che il CAAN (Central Asian Analytical Network) ha posto al Dott. Tim Epkenhans, l’autore di “L’origine della Guerra Civile in Tagikistan”. Il Dott. Epkhenhans, professore dell’Università di Friburgo, insegna Islam politico ed è stato Direttore dell’Accademia OCSE a BIshkek dal 2005 al 2009.

Le circostanze

La gente offre molte versioni sul motivo per cui la guerra civile sia scoppiata. Alcuni dicono che iniziò perché furono dati appartamenti agli armeni colpiti dal terremoto nel loro paese, altri dicono che il caso degli armeni fu solo usato dagli islamisti per prendere il potere, e il terzo gruppo crede che dietro la guerra ci siano stati paesi stranieri. Cosa successe nei primi giorni dell’indipendenza tagika e perché una delle repubbliche sovietiche più piccole e povere precipitò in un baratro infernale?

Non ci fu una singola ragione per lo scoppio della guerra civile in Tagikistan, ma molte. Narrative in conflitto fra loro forniscono interpretazioni spesso opache e antitetiche degli eventi che hanno innescato la guerra civile in Tagikistan. Per esempio, le voci sui rifugiati armeni furono importanti per la mobilitazione dei manifestanti nelle Rivolte di febbraio del 1990, note in Tagikistan come Bahmanmohi khunin (febbraio di sangue). Ad ogni modo, i rancori e le divisioni nella società tagika erano molto più profondi: bisogna sicuramente considerare il declino economico degli ultimi anni dell’Unione Sovietica. Fin dai primi anni ’80 le statistiche indicavano una brusca contrazione dell’economia e la scarsità anche qualitativa degli alloggi, in particolare nella capitale repubblicana Dushanbe questo era un tema molto importante e che destava preoccupazione nella gente. La perestrojka e la glasnost decretarono inoltre il diradarsi della capacità di coercizione e interferenza dello stato e le reti criminali, spesso in combutta con le élite politiche, il KGB o il Ministero degli Interni, agirono per rimpiazzare l’autorità statale. Un buon esempio di questo sviluppo è il gruppo di Rauf Saliev a Dushanbe.

Individui opportunisti sfruttarono la temporanea debolezza dello stato e privatizzarono la violenza. Esistono voci diffuse che i politici complottassero uno contro l’altro; ad esempio Rahmon Nabiev (con il supporto di Safarali Kenjaev) contro Qahhor Mahkamov e così via. Similarmente le influenze straniere da Iran, Russia, Stati Uniti, Uzbekistan e Arabia Saudita furono sottointese in diversi memoir dell’epoca da Asliddin Sohibnazar, Safarali Kenjaev, Shodmon Yusuf, Hikmatullo Nasriddinov, Buri Karim e altri. Dobbiamo tuttavia essere cauti con tutte le teorie sulle cospirazioni dietro al Bahmanmohi khunin.

Come ho scritto nel mio libro “Le origini della guerra civile in Tagikistan”, le ragioni furono molte: il declino economico e la disintegrazione dei poteri coercitivi dello stato (KGB e Ministero degli Interni) condussero a una situazione in cui individui opportunisti – perlopiù all’interno dell’élite politica – sfruttarono la situazione a proprio vantaggio (sia per potere politico che per opportunità economiche). La perestrojka e la glasnost avevano deluso gran parte della società e Mahkamov in particolare fu associato alla crisi economica e sociale. I conflitti all’interno dell’élite politica e intellettuale aggravarono la situazione, e spesso tali conflitti non erano fondati sul regionalismo. La prassi amministrativa sovietica aveva incoraggiato le identità regionali e professionali, soprattutto del complesso agroindustriale e dei kolchoz del cotone, dove le reti informali furono estremamente importanti per il progresso economico e sociale. Politici e criminali riuscirono a capitalizzare queste identità per mobilitare sostenitori, e questo accadde tra il 1990 e il 1992. E c’è una contingenza con l’elezione di Rahmon Nabiev. Un dirigente brezhneviano con diversi difetti personali (la maggior parte dei memoir sopracitati descrive Nabiev come un alcolizzato che ‘spariva’ nei momenti di crisi, che in quegli anni furono molti) era forse il politico meno qualificato ad affrontare le sfide dell’indipendenza del 1991.

La guerra

Quindi, chi combatté contro chi? Fu una guerra tra regioni, élite o ideologie? Se fu un miscuglio di queste cose, come facevano gli schieramenti a identificare i nemici?

Il regionalismo, o mahalgeroi, è spesso citato come uno dei principali motivi delle divisioni in Tagikistan. Di nuovo, farei attenzione a sovrastimare l’argomento regionalista. Il regionalismo fu di certo importante per la mobilitazione e l’Unione Sovietica aveva alimentato le identità regionali. Tuttavia, notiamo che molto spesso le rivalità principali si materializzarono all’interno dello stesso gruppo regionale. Ad esempio, Rahmon Nabiev e Qahhor Mahkamov venivano entrambi da Leninobod, ma i conflitti interni all’elite furono più importanti della solidarietà intraregionale. Lo stesso vale per Sangak Safarov, che si trovò a lottare contro i rivali politici della sua stessa circoscrizione (quella di Kulobi, nel sud del paese), giustiziando anche personalmente Jiyonkhon Rizoev. Pare che molto spesso il regionalismo sia un complesso che usiamo per razionalizzare il conflitto.

Per un breve periodo nei primi giorni della guerra Dushanbe fu controllata prevalentemente dalle forze di opposizione, ma la capitale fu presa relativamente senza resistenza dai gruppi filogovernativi. Può cortesemente fare luce su questa pagina di storia?

Il Governo di Riconciliazione Nazionale (GNR – Government of National Reconciliation), che governò Dushanbe e alcune parti del Tagikistan dal maggio al settembre del 1992, è decisamente un episodio interessante nella intricata storia di quegli anni. In generale il GNR fallì perché dopo il suo insediamento le province di Leninobod e Kulob dichiararono apertamente di considerarlo anticostituzionale (la qual cosa, dal punto di vista legislativo, non era completamente errata). Il GNR non aveva forze armate ufficiali, ma solo le poche forze residue del Ministero degli Interni e del KGB. Il potere militare era stato privatizzato e trasferito a milizie facenti capo a carismatici comandanti di campo come Langari Langariev, Sangak Safarov, Fayzali Saidov, Mullo Abdughaffor e altri. In particolare, la partecipazione dell’IRPT (Islamic Reinassance Party of Tajikistan) – Davlat Usmon era diventato Primo Ministro – fu una decisione controversa e molti governi dell’area, inclusi Uzbekistan e Russia, non accettarono il GNR come governo legittimo del Tagikistan e supportarono invece le milizie di Kenjaev e della provincia di Kulob. Infine, molti politici a Dushanbe non diedero una partecipazione effettiva al GNR perfino tra le fila del Partito Democratico: Shodmon Yusuf, ad esempio, ne minò l’autorità.

La percezione generale del ruolo dei paesi stranieri nella guerra civile tagika è la seguente: la Russia e l’Uzbekistan supportarono il Fronte Nazionale e l’Iran supportò l’Opposizione Unita. L’Uzbekistan bombardò veramente le forze dell’opposizione nel territorio del Tagikistan? La Russia armò il Fronte Nazionale? Che tipo di supporto ricevette l’opposizione dai paesi stranieri?

Nei primi mesi del conflitto non fu necessaria alcuna interferenza straniera. Successivamente la Russia e l’Uzbekistan divennero più attivi, soprattutto supportando il Fronte Nazionale. Abbiamo diversi memoir di ufficiali delle forze speciali e del GRU che combatterono con le milizie nell’area di Shar-Shar e in altre zone. Gli ufficiali del KGB russi e uzbeki si occuparono della sicurezza durante la 16-esima sessione del Soviet Supremo a Khujand e, dopo che Rahmon fu eletto a Presidente del Soviet Supremo, militari russi e uzbeki supportarono attivamente il suo governo a Dushanbe. Dall’altra parte, l’Opposizione Unita ebbe il supporto di diverse milizie in Afghanistan e poi in Iran.

Le conseguenze

Vennero effettuate ricerche sull’impatto della guerra sulla vita delle persone ordinarie nei territori dove non ci furono scontri militari diretti, come Dushanbe e Leninobod? Come venne influenzata la vita degli abitanti di questi territori? Come venne influenzato il lavoro delle strutture governative (come la polizia), o i servizi sociali (pensioni, salari, acqua, gas, ecc.), il business, l’istruzione (scuole, università, ecc.)?

Il declino economico e sociale fu tangibile anche nelle regioni senza scontri diretti, come per esempio nel nord (se si eccettua la breve incursione nel 1998). Il collasso del governo e dell’economia integrata fu grave e i dati economici lo mostrano chiaramente. Ad oggi l’economia deve ancora ritornare ai livelli del 1989 e nei frangenti del sistema sanitario e dell’istruzione l’azione dello stato è ancora insufficiente.

E nei territori che furono teatro di scontri: Khatlon, Rasht?

In quei luoghi la situazione fu persino peggio a causa della distruzione su larga scala e dei combattimenti.

Esistono delle cifre sulle vittime della guerra, quanti furono i morti, i feriti, coloro che persero la propria fonte di sostentamento, divennero orfani, e – tema molto sensibile e mai discusso in Tajikistan – vennero stuprati? 

Non esistono cifre ufficiali. Le prime stime dell’Agosto/Settembre del 1992 parlano di 50.000 morti e 800.000 rifugiati. Nelle pubblicazioni accademiche il numero dei morti è di solito stimato tra i 40.000 e i 120.000. Io prendo in considerazione solo le ricerche rigorose e un’apposita commissione potrebbe stabilire cifre più affidabili, ma mi sembra un’eventualità improbabile visto l’attuale clima politico. La guerra civile fu combattuta con brutalità inaudita e apparentemente la violenza sessuale fu usata in modo sistematico. Ci sono molti resoconti, ma non dati affidabili.

La pace

Se una pace non fosse stata raggiunta quale sarebbe stato l’esito della guerra? Chi era in quale posizione strategica?

La guerra civile ebbe più di due fazioni e per molti anni Rahmon fu messo alla prova più seriamente dai comandanti sul campo della propria che da quelli dell’opposizione. L’ascesa dei taliban in Afghanistan cambiò le regole del conflitto e spinse la Russia e l’Iran a esercitare la propria influenza sull’Opposizione Unita e il governo di Dushanbe. Questo fu un fattore importante. Allo stesso tempo, l’Opposizione Unita e il governo di Rahmon erano pronti ai negoziati di pace.

 Alcuni gruppi e individui consideravano i benefici dell’accordo di pace insufficienti e perciò non accettarono i termini dell’accordo generale. Non si deve nemmeno sottovalutare l’influenza delle reti criminali: per loro la pace non è mai un’opzione desiderabile.

Come giudica l’accordo di pace? Chi ne ha beneficiato maggiormente?

L’élite politica intorno a Rahmon beneficiò sicuramente più di tutti dall’accordo. Il dividendo della pace per l’ex Opposizione Unita fu invece limitato. L’accordo pose fine alla violenza immediata e iniziò una transizione. La comunità internazionale, l’ONU e l’OCSE fecero da ausilio nel processo transizionale, ma non si impegnarono a sufficienza – in particolare dal 2001 in poi – e forse stabilirono dei parametri e degli incentivi sbagliati per i processi di pace in quanto tali.

(tratto da Central Asia Analytical Network)




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

Consulta il testo del provvedimento
http://www.eu/ita/archivio/20-anni-dalla-fine-della-guerra-civile-in-Tagikistan-intervista-allo-storico-Tim-Epkhenhans-549-ITA.asp 2018-07-31 daily 0.5