Breve sinossi storica dell'AfCasia (di Giuseppe Cucchi)

Se da Islamabad si prende per Peshawar e da Peshawar si imbocca poi la strada per lo storico  Kyber Pass ciò che immediatamente attira l'attenzione sono i numerosi , giganteschi stemmi scolpiti nella roccia da decine , se non centinaia ,  dei reggimenti che costituivano nell' ottocento e nel primo novecento l'elite del grande esercito angloindiano. Per ben tre volte i suoi reparti hanno infatti percorso quella strada per invadere l'Afghanistan ed aggiungere una altra provincia all'Impero , e per altrettante volte i loro resti la hanno ripercorsa in senso inverso , sconfitti dopo aver affrontato odissee che Kipling ha descritto senza misericordia in alcune delle sue poesie e dei suoi racconti più belli. A differenza di quelli inglesi ,e parecchi anni dopo che essi erano terminati , il tentativo di penetrazione sovietico degli anni settanta ed ottanta del secolo scorso è invece avvenuto da nord , attraverso il confinante Uzbekistan. Anche esso è fallito abbastanza rapidamente , affondando in un mare di sangue di dimensioni tali da contribuire , sia pure a lunga scadenza , alla successiva crisi e caduta dell'Impero comunista . Si trattò di una occasione in cui noi occidentali compimmo probabilmente un tragico errore  schierandoci senza esitazione dal lato afghano del conflitto ,  sospinti dalla logica secondo cui " il nemico del mio nemico è automaticamente un mio amico " . 


Per lunghi anni alimentammo così la lotta fra sovietici ed afgani dalle retrovie , rifiutando  di accorgerci  come per combattere un avversario storico stessimo in realta' favorendo la crescita dell'integralismo islamico ,  un mostro per molti aspetti ben peggiore di quanto non lo fosse quello dell'eternita' comunista . Dopo l'abbandono del Paese nel 1989 da parte della 40esima Armata del Generale Gromov , i cui resti ripercorsero anche essi da sconfitti la medesima strada da cui erano venuti , in questo caso quella dell'Uzbekistan , e dopo la successiva caduta dei regime prosovietico di Najib Ullah  nel 1992 , assistemmo infatti ad una progressiva presa di potere da parte del movimento talibano , sostanzialmente una emanazione delle più estremiste fra le scuole islamiche di etnia Pashtun del Pakistan e dell'Afghanistan .

 Un fatto pericoloso?  Di sicuro quanto è successo in seguito ha dimostrato la veridicità di ciò che scriveva Churchill - veterano delle ultime guerre afghane , che egli aveva affrontate in gioventù - allorché affermava : " Se hai un solo colpo di fucile e sei minacciato da un Pashtun e da un cobra , spara al Pashtun e lascia stare il serpente " ! Il consolidamento al potere dei talibani del Mullah Omar nella seconda metà degli anni novanta ha poi successivamente trasformato il paese in un vero e proprio santuario dei movimenti estremisti   ove i potenziali futuri guerriglieri potevano completare il proprio addestramento in totale sicurezza ,  assistiti da personale sperimentato e finanziati da una fitta rete di simpatizzanti e Organizzazioni islamiche fintamente "caritatevoli" ( le cosiddette "Islamic Charities") concentrati specialmente nei paesi del Golfo.  Ebbe così modo di strutturarsi , crescere e divenire operativa l'organizzazione di Al Qaida , che dopo essersi fatta la mano con attentati minori , cui l'America di Clinton reagì solo parzialmente , vibro' il terribile colpo dell'11 settembre 2001 al Pentagono ed alle Torri Gemelle . Col classico senno del poi non fu difficile per gli Stati Uniti risalire a quel punto alle responsabilità , individuando nella organizzazione di Bin Laden , e alle sue spalle nell'Afghanistan talebano , gli autori di quell'attentato che fu tanto letale da indurre  l'opinione pubblica USA ad assimilarlo senza esitazione al proditorio attacco giapponese a Pearl Harbour .

La narrazione ufficiale dei fatti racconta come nei giorni immediatamente successivi la NATO abbia votato ,  su sollecitazione USA e dopo la presentazione di adeguate prove del coinvolgimento di Al Qaida nell'accaduto , l'applicazione dell'articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico , quello che prevede che ogni atto ostile nei riguardi di un componente dell'Organizzazione sia considerato come diretto verso tutti gli Stati membri. Nella realtà le cose andarono però in maniera diversa . Innanzitutto fra i membri NATO non vi fu almeno all'inizio unanimità sull'idea di invocare ed applicare l'articolo 5 , mai utilizzato prima durante tutta la lunga vita della Organizzazione. I maggiori dubbi furono quelli espressi dal BeNeLux , i cui componenti sostennero che esso non potesse essere utilizzato contro movimenti terroristici e cedettero soltanto allorché divenne chiaro come l'attacco fosse stato reso possibile da una grave corresponsabilità dell'Afghanistan , cioè di uno di quegli Stati contro cui la specifica normativa era invece pienamente utilizzabile. A quel punto l'applicazione unanime dell'articolo venne offerta agli USA che però almeno per il momento la rifiutarono seccamente , salvo rispolverarla poi in tempi successivi allorché diventò chiaro anche a loro come senza l'Alleanza essi potessero magari vincere una breve guerra ma non sarebbero mai riusciti ad assicurare una lunga e capillare presenza nel paese. Si trattava di un atteggiamento motivato dal modo in cui l'azione alleata nelle guerre jugoslave del decennio precedente aveva finito con l'essere pesantemente condizionata e ritardata dalla necessità di conseguire una unanimità di intenti degli alleati per ogni azione che esulasse dalla ordinaria routine.

In sostanza gli USA non volevano trovarsi impegolati di nuovo , come il Segretario USA alla Difesa , Rumsfeld, non mancò di mettere in chiaro , in una "War by Committees" ( una guerra ,cioè , gestita da Comitati) e decisero quindi di muoversi accompagnati unicamente dagli alleati anglosassoni , considerati più operativi e meno burocratici di tutti gli altri . Quando agirono , gli Stati Uniti lo fecero poi nel modo che avevano appreso ad utilizzare dal momento in cui , agli inizi degli anni novanta ,  le perdite subite nel corso della medesima operazione ONU in Somalia che vide anche noi coinvolti avevano chiaramente dimostrato le grandi difficoltà dell'opinione pubblica americana nell'accettare lutti per interventi in terre lontane .  Così per l'azione di terra gli USA  fecero ricorso ad una eterogenea coalizione di forze  locali , denominata l'Alleanza del Nord, che riuniva intorno ai tre grandi gruppi etnici non Pashtun del paese , gli Uzbeki di Rostun , i tagiki guidati un tempo da Shah Massud e gli sciiti Hazara sostenuti dall'Iran , un caleidoscopio di oppositori del regime talebano .  Gli americani si limitarono a fornire un possente supporto tecnico , logistico e soprattutto di fuoco e ad impegnare sul terreno il minimo indispensabile di consiglieri e forze speciali.

In sostanza era quanto avevano fatto assieme alla NATO tanto in Croazia quanto nel Kossovo ove gli scontri a terra erano rimasti appannaggio delle forze locali per l'intera durata del conflitto. Qui in Afghanistan , come del resto sia pure in forme diverse anche altrove , il ricorso ai locali si rivelò poi come il primo della lunga lista di errori che avrebbero contrassegnato la presenza occidentale nel paese. Il dover pagare il prezzo maggiore dell'azione creò infatti in tutti i gruppi combattenti aspettative che poi toccò almeno in parte soddisfare , aumentando  in tal modo  la frammentazione del paese che era già di per se' considerevole . Le operazioni , di terra e dall'aria , ebbero in questa occasione un andamento particolarmente rapido ed in poche settimane le forze dei talibani avevano perso il controllo di quasi tutto l'Afghanistan.

Una consistente parte di esse aveva però trovato rifugio nelle zone più impervie e montagnose del paese , o addirittura nelle zone tribali del vicino Pakistan , specie nel Pashtunistan e nel Waziristan , destinati a divenire col tempo , e con un appoggio neanche troppo velato dei Servizi pakistani , veri  e propri santuari degli estremisti . Ciò consenti la continuazione di una logorante guerriglia destinata ad aumentare di intensità nel corso degli anni  sino ad arrivare prima a controllare vaste zone del Paese e successivamente alla recente vittoria finale , che in pratica coincise con  il momento in cui i contingenti stranieri iniziarono a lasciare l'Afghanistan. Pur nella sconfitta riuscirono a sottrarsi alla cattura anche le elites di Al Qaida e del movimento talibano che si rifugiarono anche esse oltre frontiera , a Peshawar , ove provvidero a riannodare i contatti con i combattenti e ad alimentare il fronte di opinione estremista. Soltanto anni dopo gli Stati Uniti riuscirono ad impadronirsi di Osama Bin Laden con una azione dei Navy Seals , le Forze Speciali della Marina USA.

Ufficialmente il capo terrorista venne ucciso in combattimento ed il suo corpo fu gettato in mare. C'è da chiedersi però che costrutto avesse liberarsi in tal modo di una persona la cui mente costituiva in quel momento l'archivio più aggiornato di tutti i segreti di Al Qaida . Permane quindi il sospetto che egli in realtà non sia stato ucciso in quel momento ma in un periodo successivo , vale a dire dopo essere stato sottoposto ad una completa serie di interrogatori . Mentre il periodo dei grandi scontri si chiudeva , un Afghanistan ancora insicuro e terribilmente frazionato si trovò a dover affrontare il primo e forse il più grande dei suoi problemi , vale a dire quello di dotarsi di una governance che fosse all'altezza dei bisogni del paese . All'inizio le cose sembrarono andare bene , con il rientro del vecchio Re esiliato per decenni a Roma , la convocazione della Loya Girga - tradizionale assemblea quasi tribale - e la scelta di Karzai , a suo tempo combattente valoroso e lontano parente della famiglia reale , quale prima guida del paese . Non si riuscì però mai né ad uscire del tutto da un clima di insicurezza che il costante stillicidio di attentati , specie nella capitale  , rendeva di giorno in giorno più oppressivo, né a limitare il potere dei signori della guerra tradizionali che mantennero il pieno controllo tanto dei loro territori quanto della droga che in quantità vi veniva prodotta . Il controllo della capitale insicura divenne quindi momentaneamente un compito di truppe straniere ; vi provvedemmo anche noi italiani , nella idea che si trattasse di una presenza provvisoria destinata a durare molto poco nel tempo.

Quando cedemmo la responsabilità della zona di Kabul ai turchi essi richiesero però la cessione da parte della NATO di "assets and capabilities " ( mezzi e capacità ) di cui essi difettavano e che risultavano invece indispensabili . L'Alleanza iniziò quindi ad inviare in zona proprio personale ,  aprendo la strada ad una presenza che avrebbe in breve tempo preso ben altre dimensioni . La NATO affrontava così la vicenda afghana entrandovi in un certo senso dalla porta di servizio , ma era comunque ben lieta di farlo visto che ciò le consentiva di cancellare definitivamente buona parte dei vincoli che le erano stati fissati in origine dal Trattato del Nord Atlantico e non corrispondevano più ad una realtà molto cambiata. A breve scadenza da quel primo inizio poi l'avvio dell'operazione di "nation building" basata sui cosiddetti "provincial reconstruction teams " le consenti di allargare la sua presenza , estendendola tra l'altro a tutto il territorio nazionale afghano. 

Fu quello il vero inizio di uno sforzo collettivo che doveva durare con vicende alterne per circa 15 anni . Vi partecipammo anche noi italiani , con forze dislocate in parte a Kabul e dintorni ed il grosso del nostro contingente  di stanza ad Herat, nella parte est del paese , in una zona di cultura storicamente iraniana . In teoria , almeno secondo gli intendimenti iniziali , avremmo dovuto dedicarci più o meno unicamente alla ricostruzione di un paese stremato cui avevamo promesso di aiutarlo ad uscire rapidamente da un medioevo islamico durato troppo a lungo . Nella realtà però l'insicurezza sempre più diffusa , l'intensificarsi della guerriglia e la necessità di proteggere gli operatori civili finirono col polarizzare buona parte delle forze dell'Alleanza e nostre su compiti pressoché esclusivamente militari . Fu una operazione costosa , tanto in termini di oro quanto di sangue. 

Al termine noi avevamo dovuto lamentare ben 54 caduti ed altri paesi , specie quelli che operavano nelle regioni meridionali  prossime ai santuari ribelli del Pakistan , piansero perdite ben più elevate . Quanto al costo ,  senza fare totali basterà dire che durante tutta la durata dell'azione la permanenza di un soldato sul suolo afghano costò in media un milione di dollari per anno al contribuente americano e circa cinquecentomila euro agli europei. Si trattò decisamente della operazione militare più dispendiosa di tutta la storia recente . Il suo onere tra l'altro impedì anche che per il vero e proprio nation building venissero stanziati fondi adeguati . Del tutto inadeguato fu altresì l'afflusso di specialisti civili nel paese ; quelli che vennero poi finirono con l'operare in condizioni di rischio tale da rendere indispensabile l'utilizzazione dei "contractors" , veri e propri mercenari guardie del corpo, tra l'altro costosissimi. 

Al termine della nostra presenza ve ne erano più di centomila nel paese . A ciò si sommo' tutta una serie di errori che in parte compimmo per inesperienza , in parte per la scarsa conoscenza del paese , in parte per arroganza . All'inizio , come è stato già accennato , rinunciammo infatti all'idea di ricercare un governo forte e ci accontentammo di quello scelto dalla Loya Girga che finì  col riflettere integralmente le molteplici divisioni del paese ed in un certo senso col peggiorarle .Si trattò di un problema destinato ad aggravarsi progressivamente e produrre periodi di completa paralisi con i successori di Karzai . Poi concentrammo la nostra azione sulle città ed i centri abitati di un certo rilievo , dimenticando o quasi che per il 90% l'Afghanistan era ancora un paese contadino in cui i villaggi contavano molto più dei grandi agglomerati urbani .  Cercammo inoltre di procedere con una velocità eccessiva , senza curarci di verificare quanto profondo fosse il cambiamento che poteva essere assimilato dagli afghani in un ridotto numero di anni. Ci muovemmo infine in molti casi con una parziale o totale noncuranza degli usi e dei tabù della civiltà locale. 

Noi italiani in questo fummo molto migliori degli altri e fornimmo ai nostri soldati una preparazione adeguata , ma in diversi contingenti si verificò il caso di soldatesse donne che perquisivano vecchi e rispettati capi villaggio o di  militari uomini che entravano , magari sfondando la porta , nel sancta sanctorum delle case , l'haremlek, riservato a donne e bambini. Anche dal punto di vista militare poi gli errori sono stati numerosi ed hanno finito col condizionare negativamente il risultato . Innanzitutto , tranne che per brevi periodi , non siamo mai stati in grado di avere sul terreno la quantità di soldati che la vastità del paese e la molteplicità dell'offesa avrebbero richiesto perché il controllo risultasse efficace . Ai  nostri miltari poi abbiamo finito col richiedere troppo , vale a dire da un lato che combattessero e dall'altro che facessero fronte a tutte le necessità che la carenza di operatori civili lasciava scoperte . Non vi e mai stato inoltre un pieno coordinamento fra il contingente americano  , di gran lunga il maggiore e che spesso agiva senza informare nessuno , e le altre forze. L'addestramento di truppe locali e' infine iniziato troppo tardi e probabilmente non è stato portato avanti con la dovuta convinzione.

Il risultato finale di tutto questo è stato di recente sotto gli occhi di tutti con la firma affrettata di un accordo diplomatico assurdo , una partenza in catastrofe che ha pesantemente minato la credibilità americana e costretto la NATO a confrontarsi con la prima guerra persa della sua storia ed i talebani che entravano trionfanti a Kabul. Ora tanto gli USA quanto la Alleanza Atlantica sono chiamati ad affrontare le conseguenze di  questo fallimento . Gli USA probabilmente non faranno nulla , hanno troppi problemi interni e sono troppo impegnati in questo momento a ritrovare se stessi . La NATO invece e' alla vigilia di un periodo che la costringerà a confrontarsi con quattro problemi contemporaneamente . Il primo , squisitamente politico , è quello del bilanciamento al suo interno fra il pilastro americano e quello europeo della struttura . Il secondo , politico militare , consiste nel riequilibrare l'attenzione dedicata al settore Nord ed a quello Sud del suo campo di azione in Europa . Gli ultimi due , di natura strutturale ,  investono da un lato la  definizione di un nuovo Concetto Strategico adeguato ai tempi ed alle necessità e dall'altro la nomina a breve scadenza di un nuovo Segretario Generale . Auguriamoci che nella soluzione di tutti questi problemi gli ammaestramenti che si possono trarre dalle negativa avventura afghana siano costantemente tenuti presenti


Giuseppe Cucchi 

Generale dell'Esercito, è stato Direttore del Centro Militare di Studi Strategici, ha ricoperto l'incarico di Consigliere Militare di due Presidenti del Consiglio, ha servito come Rappresentante Militare Permanente presso Unione Europea e Nato ed ha concluso la carriera alla Presidenza del Consiglio come Direttore Generale del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza. 

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