Cooperazione economica e dialogo politico in Asia Centrale, tra interessi nazionali ed attori esterni (di Fabio Indeo)

Tra novembre e dicembre scorsi vi sono stati due importanti meeting che hanno coinvolto i rappresentanti politici di maggior livello (presidenti e ministri degli esteri) delle repubbliche centroasiatiche: il forum consultivo centroasiatico a Tashkent e il meeting Italia-Asia Centrale tenutosi a Roma.
A prima vista, questi incontri hanno rafforzato nella comunità internazionale la convinzione riguardo all'effettiva volontà delle repubbliche centroasiatiche di continuare sulla strada della cooperazione regionale, del dialogo rafforzato per promuovere un miglioramento delle relazioni politiche ed economico-commerciali nella regione.
Un esempio è rappresentato dallo svolgimento (dopo diversi rinvii) del summit centroasiatico a Tashkent, in uno scenario geopolitico mutato per le dimissioni del presidente kazako Nazarbayev e per la nomina del nuovo presidente Tokayev, anche se al momento egli sembra intenzionato a mantenere una linea di continuità con il suo predecessore senza modificare gli indirizzi di politica estera. 

La partecipazione del presidente turkmeno Bedymuhammeddow - il quale, coerentemente all'orientamento di neutralità in politica estera della propria nazione, solitamente disertava gli incontri multilaterali - ha inoltre rappresentato un elemento di grande novità, contribuendo a creare un quadro unitario delle cinque repubbliche centroasiatiche e del loro impegno nel miglioramento delle relazioni multilaterali e bilaterali: il coinvolgimento del Turkmenistan in questa cooperazione regionale in fieri appare importante per la posizione di cerniera geografica e geopolitica (confina con Iran ed Afghanistan e si affaccia sul Caspio) fondamentale per lo sviluppo dell'interconnettività regionale e per l'apertura della regione a nuovi mercati.
Nonostante la promozione e il rafforzamento del dialogo politico regionale costituisca una componente essenziale sulla quale intavolare e costruire delle forme di cooperazione improntate sul perseguimento di obiettivi propriamente centroasiatici, anche questo secondo forum si è concluso con diversi promettenti annunci (rimozione delle barriere regionali al commercio, incentivare l'interconnettività per superare la condizione geografica di nazioni geograficamente landlocked ed avere accesso ai mercati internazionali) ma senza che le nazioni risultino vincolate in nessun impegno concreto per affrontare le sfide regionali, considerando anche la natura prettamente "consultiva" del meeting annuale.

Per quanto i cinque leader abbiano elaborato una dichiarazione finale congiunta nella quale vengono identificate le aree sulle quali concentrare gli sforzi della cooperazione regionale - sviluppo economico, gestione e sicurezza delle frontiere, infrastrutture regionali, recupero del lago d'Aral - le nazioni centroasiatiche non paiono avere ne i mezzi economici ne la forza geopolitica per imporsi: lo stesso Mirziyoyev ha inoltre ribadito che le iniziative di cooperazione regionale, frutto di un processo irreversibile, non sono dirette contro nessuno - leggasi gli attori esterni come Cina e Russia - impedendo di affrancarsi completamente dall'influenza del condominio di potere sino-russo.
A completamento della posizione centroasiatica, l'esaustiva precisazione sulle finalità del forum annuale consultivo, che non sottende alla realizzazione di progetti di integrazione istituzionale o alla creazione di nuove organizzazioni regionali, ma mira esclusivamente a promuovere il dialogo politico e a rafforzare la cooperazione economica.
Si tratta di un punto importante, che esprime la volontà delle repubbliche centroasiatiche di evitare frizioni con la Russia, ribadendo che il forum consultivo non si pone in alternativa ai progetti geopolitici portati avanti da Mosca, come ad esempio l'Unione Economica Euroasiatica.

Inoltre, nonostante gli intenti comuni espressi nella dichiarazione congiunta, dalla riunione di Tashkent è emerso chiaramente come gli interessi nazionali e gli obiettivi di politica interna continuino a prevalere sull'implementazione di politiche regionali comuni e condivise per affrontare le problematiche irrisolte esistenti.
Il presidente tagico Rahmon e il suo omologo kirghiso Jeenbekov hanno posto l'accento sul tema della demarcazione dei confini - oggetto di disputa e tensioni frequenti tra Bishkek e Dushanbe - e sulla gestione della risorsa idrica, avanzando l'interessante proposta di creare un fondo d'investimento regionale per finanziare progetti d'interesse condiviso nella regione, che in realtà consentirebbe alle due nazioni più povere di ovviare alle difficoltà economiche e di attirare investimenti per lo sviluppo di infrastrutture (centrali idroelettriche come Kambarata e Roghun e dighe) che darebbero loro indipendenza energetica e possibilità di esportare elettricità nei mercati regionali e dell'Asia meridionale (il progetto CASA 1000).

Allo stesso tempo, l'idea di creare una sorta di meccanismo di compensazione nell'utilizzo e nella gestione della risorsa idrica tra le nazioni dove si trovano le principali e maggiori riserve d'acqua e le nazioni a valle (Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakhstan) - che necessitano della stessa soprattutto per la coltivazione del cotone - sembra l'unica soluzione possibile per cercare di depotenziare una delle principali fonti di tensione ed instabilità regionale.
Come ricordato in precedenza, la partecipazione al summit del presidente turkmeno va interpretata come una disponibilità al dialogo dopo quasi un trentennio di isolazionismo, anche se Berdymuhammeddow sembra propenso a declinare lo sviluppo di una rinnovata cooperazione regionale secondo gli interessi nazionali: infatti, nel corso dell'incontro di Tashkent, il presidente turkmeno ha espresso preoccupazione per la sicurezza del confine con l'Afghanistan (temendo infiltrazioni di gruppi terroristici nel territorio nazionale che potrebbero destabilizzare il suo potere), mentre la proposta di creare un consiglio economico tra le cinque nazioni - con l'obiettivo di rafforzare la cooperazione commerciale - va letta come un tentativo di trovare un supporto regionale per cercare di migliorare le disastrose condizioni nelle quali versa l'economia turkmena, nonostante possegga le quarte maggiori riserve di gas naturale al mondo.
Nonostante il ribadito impegno di incontrarsi nuovamente anche questo nuovo anno - Bishkek ospiterà la prossima edizione del forum centroasiatico - possiamo osservare come il quadro geopolitico nel quale si crearono le condizioni per questo dialogo politico rafforzato siano in fase di profondo mutazione: infatti, nel 2018 i presidenti centroasiatici lasciavano trasparire la volontà di voler approfondire una  cooperazione prettamente centroasiatica, ovviamente collaborando con le potenze regionali come Cina e Russia e con le loro organizzazioni multilaterali (OCS, EAEU,  OTSC e BRI) ma mirando al perseguimento di obiettivi prettamente regionali-centroasiatici.
In realtà, l'intenzione di Tashkent di prendere in considerazione la possibilità di entrare a far parte dell'Unione Economica Euroasiatica a guida russa sembra far tramontare quest'ipotesi, con un potenziale (non vi sono ancora certezze sull'effettiva volontà, sui tempi e sulle modalità di questa eventuale adesione) "riallineamento" del principale promotore di questo nuovo corso regionale.





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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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