Dialogo tra culture come elemento fondamentale per l'export (di Luca B. Fornaroli)

Abbiamo già affrontato nello scorso articolo l'importanza del fattore culturale nel business e di come questo venga sovente ignorato con grave danno per la comprensione reciproca e la conseguente possibilità di fare affari con partner stranieri. A questo proposito, nell'agosto del 2013, uscì su ResearchGate un importante articolo di Diana Akizhanova, docente alla Eurasian National University, intitolato "International Communication: Business Negotiations in Kazakhstan", focalizzato sulle criticità interculturali che possono influenzare i rapporti con negoziatori kazaki dando origine a incomprensioni, equivoci e interpretazioni fuorvianti dei comportamenti della controparte. L'articolo è facilmente reperibile in rete, in inglese, e contiene non pochi elementi che possono persino suscitare una certa ilarità, se non si pensa alle conseguenze dannose che possono avere e di cui faremo un breve cenno in seguito.

Da anni esistono studi approfonditi sulle differenze culturali e sul loro impatto sulle organizzazioni e il business: alcuni di questi studi sono approdati alla definizione di veri e propri modelli che analizzano le singole culture secondo una serie di assi dimensionali caratterizzati da due termini opposti: ad esempio, individualismo/collettivismo, universalismo/particolarismo, relazione emozionale/relazione neutrale, ecc. Ogni coppia di opposti viene definita con precisione e indica dove si colloca la cultura in esame rispetto ai due estremi dell'asse. Le varie culture vengono poi analizzate in termini relativi, evidenziando, di volta in volta, quella che presenta un carattere più marcato rispetto a un'altra. Il modello di Hofstede e quello di Trompenaars (che usa la stessa Akizhanova nella sua ricerca) sono tra i più diffusi. Il GLOBE Research Project rappresenta invece certamente quello più esaustivo perché frutto di anni di ricerche effettuate dallo stesso Hofstede e dalla IBM, dopo aver raccolto decine di migliaia di dati in centinaia di paesi diversi su un arco temporale così ampio da consentire di analizzare anche come cambia una stessa cultura nel tempo.

Tali modelli classificano i paesi ordinandoli in base a ogni variabile considerata attraverso un approccio schematico molto utile, ma anche molto fuorviante se i risultati delle ricerche sono utilizzati male o in modo superficiale.
Le ragioni sono molteplici: occorre innanzitutto dire che le indagini sono condotte su base nazionale (con l'eccezione di qualche paese multiculturale come Svizzera, Canada e Belgio) e non tengono conto di realtà locali che spesso possono presentare differenze che sono molto più che sfumature; a questo proposito le diversità tra Italia settentrionale e meridionale sarebbero molto ampie, soprattutto in termini di maggiore importanza della relazione rispetto al contenuto della comunicazione o della componente affettiva più o meno presente a secondo che ci si muova dal sud verso il nord.

La maggioranza delle indagini inoltre - per ovvie ragioni di semplificazione - fornisce una visione univoca della cultura come elemento identitario trascurando quanto il contesto in cui si lavora, si esercita una professione e si ricopre un ruolo abbia una straordinaria capacità di plasmare una cultura comune e una nuova identità separata che si sovrappone, senza sostituirla, a quella originaria. A titolo di mero esempio, è abbastanza noto il paradosso che vede un pilota d'aereo coreano e uno americano avere molte più cose in comune e approcciare la realtà in un modo assai più condiviso di quanto non possa avere lo stesso pilota americano con un idraulico suo connazionale. Tuttavia questo esempio elementare trascura un elemento importante: le similitudini e le affinità vengono meno quando, invece dell'ambito professionale, dei due piloti si mette sotto esame la vita familiare, il rapporto coi genitori anziani, l'educazione dei figli, il sentimento religioso, i gusti, il senso di appartenenza a una tradizione più o meno radicata. Ne consegue pertanto con evidenza come ognuno di noi - in diverso grado - viva immerso in più culture che ne definiscono l'identità e che sono condizionate dal paese d'origine, il credo religioso, l'istruzione, l'attività professionale, le radici etniche, le relazioni, il paese di residenza: una sorta di in-between a geometria variabile, di intima trans-culturalità.

Lo schematismo delle ricerche menzionate in ambito culturale non solo non può cogliere questa varietà di insieme, ma dovendo riassumere i dati secondo non più di una dozzina di direttrici, naturalmente tende ad annullare le eccezioni e a concentrarsi sugli estremi di tali assi portanti. Il tutto conduce a dire che un americano è generalmente e genericamente più individualista di un asiatico, ma non spiega che se l'americano è di origine russa e l'asiatico è un cinese forse le posizioni finiscono per capovolgersi. 
Inoltre, il rischio di cadere negli stereotipi è sempre presente, attribuendo tratti comportamentali e una visione del mondo che potrebbero appartenere di più a come chi elabora la ricerca percepisce l'altro che non a come esso effettivamente è. Lo stereotipo è una semplificazione, una riduzione a pochi elementi astratti che sarebbe tuttavia sciocco bollare come totalmente avulsi dalla realtà e senza giustificazioni o radici in essa. Diventa pericoloso e fuorviante quando vizia uno strumento di analisi attribuendogli una funzione predittiva del comportamento dell'altro che non può avere. Chiunque di noi in un paese straniero, qualificandosi come italiano, ha fatto la sgradevole esperienza di essere subito etichettato in un modo che spesso non faticheremmo a giudicare caricaturale. E ognuno di noi tende a fare lo stesso quando incontra un tedesco, un francese, un arabo. Lo stereotipo alimenta il pregiudizio, il pregiudizio offusca il buon giudizio.

Con questo non si vuol svalutare ricerche che hanno comunque una metodologia scientifica consolidata e una base dati molto ampia; si vuole solo richiamare l'attenzione su un loro uso corretto, come linee guida per farsi un'idea del background culturale della persona che abbiamo davanti, ponendo la nostra sensibilità su elementi che normalmente trascureremmo convinti che, ad esempio, la nostra concretezza, il venire subito al punto, l'essere schietti, l'atteggiamento amichevole, siano comportamenti apprezzati e compresi a tutte le latitudini. Non è così e dobbiamo farcene una ragione. A questo proposito, l'articolo della Akizhanova, molto simpaticamente, fa notare come l'abitudine di molti occidentali di sorridere durante gli incontri di lavoro per manifestare cordialità e buona disposizione d'animo, in Kazakistan - ma anche in buona parte dell'Asia - è percepito come sintomo di leggerezza e forse di stupidità: non si sorride quando si tratta per affari. E non si sorride ai funerali, come fece Hillary Clinton ripresa in TV durante quelli della principessa Diana, destando un certo sconcerto tra gli spettatori kazaki. 
Occorrerà che il prossimo presidente degli Stati Uniti se lo ricordi, chiunque egli sia.




CONSORZIO IEA utilizza cookies tecnici e di profilazione e consente l'uso di cookies a "terze parti" che permettono di inviarti informazioni inerenti le tue preferenze.
Continuando a navigare accetti l’utilizzo dei cookies, se non desideri riceverli ti invitiamo a non navigare questo sito ulteriormente.

Scopri l'informativa e come negare il consenso. Chiudi
Chiudi
x
Utilizzo dei COOKIES
Nessun dato personale degli utenti viene di proposito acquisito dal sito. Non viene fatto uso di cookies per la trasmissione di informazioni di carattere personale, né sono utilizzati cookies persistenti di alcun tipo, ovvero sistemi per il tracciamento degli utenti. L'uso di cookies di sessione (che non vengono memorizzati in modo persistente sul computer dell'utente e scompaiono, lato client, con la chiusura del browser di navigazione) è strettamente limitato alla trasmissione di identificativi di sessione (costituiti da numeri casuali generati dal server) necessari per consentire l'esplorazione sicura ed efficiente del sito, evitando il ricorso ad altre tecniche informatiche potenzialmente pregiudizievoli per la riservatezza della navigazione degli utenti, e non consente l'acquisizione di dati personali identificativi dell'utente.
L'utilizzo di cookies permanenti è strettamente limitato all'acquisizione di dati statistici relativi all'accesso al sito e/o per mantenere le preferenze dell’utente (lingua, layout, etc.). L'eventuale disabilitazione dei cookies sulla postazione utente non influenza l'interazione con il sito.
Per saperne di più accedi alla pagina dedicata

Individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei cookie.
Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

Consulta il testo del provvedimento
http://www.eu/ita/archivio/Dialogo-tra-culture-come-elemento-fondamentale-per-l-export-di-Luca-B--Fornaroli-298-ITA.asp 2016-10-29 daily 0.5