European Green Deal: prospettive per gli idrocarburi del Caspio (di Gianmarco Donolato)

Green Deal è il nome che la Commissione Von der Layen ha scelto per indicare la tabella di marcia che guiderà i Paesi dell’UE attraverso una crescita economica sostenibile e l’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. La Commissione propone di realizzare per mezzo del Green Deal gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015, trasformando le sfide climatiche in opportunità di sviluppo equo e inclusivo.
Nel lungo termine, lo European Green Deal potrebbe portare ad una ridefinizione dei rapporti commerciali tra i Paesi fornitori di idrocarburi e i Paesi importatori dell’Unione Europea. Tra le varie azioni previste, infatti, due punti fondamentali sono la decarbonizzazione del settore energetico e l’introduzione di forme di trasporto più pulite ed ecologiche. Per diminuire le emissioni in Europa del 55% e azzerarle entro il 2050, si prevede di tagliare drasticamente l’utilizzo delle fonti fossili, responsabili nel 2018 del 60% delle emissioni e costituenti l’80% delle fonti primarie nei Paesi UE.
L’incertezza e l’imprevedibilità determinate dalle azioni del Green Deal influiranno sulle strategie a lungo termine degli esportatori di idrocarburi, tra cui Kazakhstan e Azerbaijan. Il greggio azero, esportato principalmente verso i mercati europei, vale $11 dei $15 miliardi dell’export totale. Per il Kazakhstan si parla di circa $20 miliardi legati alla produzione ed esportazione di greggio su $45 totali, fornito in larga misura ai Membri UE. Azerbaijan e Kazakhstan necessitano fortemente degli introiti provenienti dall’esportazione di idrocarburi: sconvolgimenti nella domanda europea susciterebbero non poca preoccupazione per i governi di questi due Paesi. Nonostante ciò, sebbene il Green Deal sembri mettere a rischio il mantenimento delle quote di esportazione, vari fattori contribuiscono a suggerire che nel breve e medio termine i rapporti commerciali tra Paesi del Caspio e Paesi UE non subiranno grosse scosse. Infatti, almeno tre settori del sistema produttivo europeo, quali industria ad alta temperatura, generazione elettrica e trasporti, non sono ancora maturi per poter sostituire massicciamente il tipo di carburante utile al loro funzionamento. Inoltre, per la realizzazione della transizione energetica europea bisognerà comprendere in che modo sia possibile convertire i costi degli investimenti necessari in opportunità vantaggiose per i cittadini.
Una volta compreso ciò, si dovrà considerare il rischio che l’UE non riesca a limitare il fenomeno del carbon leakage, il trasferimento delle emissioni di CO2 a Paesi con restrizioni sul consumo di fonti fossili meno stringenti, come i Paesi del Caspio.
L’UE ha storicamente avuto più successo nel consumare meno da fonti fossili e renderle più “pulite” rispetto all’inserire fonti di energia rinnovabili nel mix energetico; ciò significa che i Paesi dell’area del Caspio potranno contare sulla domanda di idrocarburi da parte degli europei, seppur in misura diversa, senza sconvolgimenti per i prossimi trent’anni.
In questo contesto si inserisce il ruolo del gas naturale, che potrebbe rappresentare un’alternativa nel caso in cui la politica energetica europea scegliesse di procedere rapidamente con il taglio alle importazioni di petrolio. Questa fonte di energia è stata più volte indicata come il combustibile fossile della transizione energetica e potrebbe diventare un asset di maggior valore per l’area caspica. Lo slittamento della data di entrata in funzione di Nord Stream 2 – un gasdotto che raddoppierà i 55 miliardi di metri cubi (bcm) di gas naturale russo verso la Germania – a fine 2020 e la prevista conclusione della Trans-Adriatic Pipeline (TAP) entro la seconda metà del 2020 potrebbero avvantaggiare l’esportazione di gas naturale azero. Il TAP costituisce l’ultimo tratto del Corridoio meridionale (Southern Gas Corridor) che fornirà all’UE tra i 10 e i 20 bcm di gas naturale di origine caspica, assicurati da contratti che garantiscono all’Azerbaijan l’utilizzo dell’infrastruttura per 25 anni.
In conclusione, il Green Deal potrebbe effettivamente dare luogo ad una rielaborazione delle strategie in campo energetico dei Paesi del Caspio, in particolare Kazakhstan e Azerbaijan, ma più probabilmente ciò avverrà nella pianificazione di lungo periodo. Perciò, considerando le oggettive difficoltà nel perseguire gli ambiziosi obiettivi proposti dalla Commissione Von Der Layen, nonché gli imprescindibili lenti ritmi di adattamento dei sistemi produttivi dei Paesi Membri UE, Kazakhstan e Azerbaijan potranno godere di una domanda costante di idrocarburi nel breve e medio periodo.
Allungando l’intervallo temporale, tuttavia, rivolgere lo sguardo verso est potrebbe rivelarsi una strategia vincente, nonostante le prevedibili difficoltà che essa presenterebbe. Il Kazakhstan, difatti, ha già manifestato in più di un’occasione l’interesse a ripensare le proprie strategie.