I risultati delle elezioni parlamentari uzbeke del 21/12/14: tra rafforzamento dello Stato e interrogativi futuri - II PARTE (di Dario Citati)

Da questo punto di vista non vi è dubbio che le elezioni parlamentari uzbeke del dicembre 2014 sono state qualcosa di profondamente diverso da quello che un osservatore potrebbe vedere in  Europa o negli Stati Uniti, dove generalmente le formazioni politiche si contrappongono in modo anche assai aspro per assicurarsi la vittoria e andare al governo in un sistema consolidato dell’alternanza. I risultati finali delle elezioni uzbeke 2014 non hanno comportato cambiamenti sostanziali rispetto all'assetto preesistente. Taluni candidati sono stati eletti per la prima volta, altri sono stati riconfermati: ma senza che nessuno mettesse apertamente in discussione la linea politica della Presidenza Karimov.
Per comprendere la specificità del sistema politico uzbeko con senso obiettivo, è essenziale però riferirsi al contesto del Paese. Come Stato indipendente, l’Uzbekistan esiste solo da ventitré anni e sino ad ora non ha mai conosciuto, o ha conosciuto solo in minima parte, gli elementi che caratterizzano le democrazie più antiche: un’economia di mercato in cui i soggetti economici privati hanno un peso rilevante sulla società e sulla politica; l’esistenza di una classe media socialmente maggioritaria nella popolazione; una tradizione di pluralismo in cui i partiti politici, i sindacati, le associazioni di categoria e i gruppi di influenza competono per la conquista del potere o per esercitare un’influenza concreta sulle istituzioni pubbliche. 
Come ogni Paese che si trova ancora in una fase di transizione post-indipendenza, le priorità di fondo non possono che rivolgersi al consolidamento dello Stato, alla stabilizzazione delle forze produttive, alla creazione d’un sentimento di appartenenza collettiva più che mai necessario dopo la fine dell’Unione Sovietica. Un processo di questo tipo non può essere che graduale: risulterebbe controproducente anche solo immaginare l’introduzione immediata di meccanismi e di regole consolidati altrove ma privi delle basi retrostanti. L’Afghanistan, Paese confinante con l’Uzbekistan, costituisce un monito costante di cosa significhi l’applicazione forzata del modello di democrazia occidentale senza tener conto del contesto locale: la totale disgregazione del Paese, la regressione a uno stadio quasi tribale delle relazioni sociali, l’assenza di sicurezza e di prospettive future. 
Proprio in un momento storico in cui le popolazioni europee e americane manifestano una grande sfiducia verso la politica, i partiti e il futuro stesso della società, per un osservatore straniero è comunque interessante rilevare un certo senso di coesione nazionale in Uzbekistan, una fierezza per la propria tradizione storico-culturale, nonché una discreta vivacità economica dimostrata da indicatori economici che segnalano un livello di crescita costante del PIL e un’apertura agli investimenti stranieri.  Sul piano politico e civile, è indubbio che tali elementi necessitino però ancora di una progressiva apertura degli spazi per la dissidenza,  per la gestione dei conflitti nel segno del dibattito democratico e dell’alternanza al governo. Una democratizzazione sostanziale ancora da realizzarsi e che appare quanto mai necessaria non per preconcetti ideologici - la “superiorità” del modello politico occidentale - ma proprio per un’esigenza di stabilità continuata nel tempo, affinché cioè nel sistema-Paese uzbeko si affermi una solidità delle istituzioni al di là delle figure carismatiche che momentaneamente ne occupano le cariche, per consentire all'ancor giovane repubblica centroasiatica di proiettarsi nel futuro senza l’ombra di sconvolgimenti.
D'altronde, non si può dimenticare che l’Uzbekistan si trova proprio al cuore di un’Asia centrale ancora segnata da un certo coefficiente di instabilità, dovuto all'enigma sul futuro del vicino Afghanistan, alla sempre presente minaccia islamista radicale, al traffico di droga e alla corruzione. In questo quadro proseguire un dialogo con Taškent, anche qualora non se ne condividano tutte le scelte, è interesse comune alla comunità internazionale, agli imprenditori in cerca di opportunità e alle stesse istituzioni europee. L’apertura allo sviluppo è testimoniata d'altronde da diversi esempi positivi. Per esempio, il partenariato economico dell’Uzbekistan con la Corea del Sud, confermato da una serie di accordi fra i due governi, ha consentito una crescita degli investimenti e dell’occupazione in diversi settori. Solo nell'ultimo anno, gli scambi economici bilaterali tra la Repubblica centroasiatica e lo Stato estremo-orientale si sono attestati sui 2 miliardi di dollari. 
Proprio a seguito di una più stretta cooperazione con l’Uzbekistan, soprattutto in materia di economia e di sicurezza, sarà più facile seguire lo sviluppo di questo Paese in maniera tale da rispettarne le specificità culturali e la mentalità collettiva, richiedendo al contempo un rispetto progressivamente maggiore circa le pratiche democratiche consolidate della comunità internazionale.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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