Il Kazakhstan dopo Nazarbayev. Doppia analisi di Indeo e Saldutti

Kazakhstan: l'eredità politica del presidente dimissionario Nazarbayev (di Fabio Indeo)

La decisione del presidente kazako Nazarbayev di dimettersi volontariamente dalla carica di presidente della repubblica centroasiatica ha colto di sorpreso la popolazione kazaka e gli osservatori internazionali: dopo trent'anni ininterrotti di potere sotto la sua guida, vi è una forte curiosità sull'evoluzione del processo di transizione politica di fatto innescato e per i futuri orientamenti che il suo successore assumerà in politica estera.

Negli ultimi 27 anni Nazarbayev ha guidato con successo la nazione centroasiatica nella transizione politica ed economica post sovietica, consentendole di sfruttare l'enorme disponibilità di riserve energetiche e la centralità geografica nel cuore dell'Eurasia - combinata con la stabilità politica - che hanno legittimato il Kazakhstan come produttore ed esportatore globale di petrolio, come rilevante partner economico e politico non solo della confinante Russia ma anche della Cina, dell'Unione Europea, degli Stati Uniti, mantenendo una posizione di equidistanza politica e di apertura economico-commerciale nota come politica estera multivettoriale.

Nursultan Nazarbayev era l'unico capo di stato ancora al potere tra quelli che avevano traghettato le repubbliche centroasiatiche all'indipendenza nel 1991, con la conseguente creazione di stati sovrani a seguito della dissoluzione dell'impero sovietico.

Va tuttavia evidenziato che, a differenza delle previsioni formulate da diversi osservatori internazionali nel corso degli anni, la transizione politica in Kazakhstan appare incanalarsi su un binario di continuità, oltre a rappresentare un unicuum nella regione centroasiatica. Infatti, in Turkmenistan ed Uzbekistan la morte dei presidenti Nyazov (2006) e Karimov (2016) (ex segretari dei rispettivi partiti comunisti nazionali e leader politici che guidarono i loro paesi all'indipendenza) ha innescato una transizione politica che ha legittimato al potere due personalità - come Berdymuhammeddow e Mirziyoyev - sostanzialmente ed intimamente legate alla cerchia presidenziale, in modo da evitare soluzioni traumatiche e destabilizzanti. In Kirghizistan invece, la transizione politica si è connotata per una certa dinamicità, in quanto il presidente post sovietico Akayev venne destituito dalla cosiddetta "rivoluzione dei tulipani" (2005), mentre un nuovo evento "rivoluzionario" (o meglio controrivoluzionario) portò al sollevamento del presidente Bakiyev inaugurando una sorta di democrazia parlamentare caratterizzata dall'avvicendarsi di diversi presidenti (prima Roza Otunbayeva, poi Atanbaev ed ora Jeenbekov).

Le dimissioni volontarie di Nazarbayev costituiscono invece una sostanziale novità, e sono  interpretabili come una saggia mossa politica atta ad evitare instabilità ed eventi potenzialmente traumatici, avviando una transizione politica graduale nella quale il presidente dimissionario manterrà comunque un ruolo di primo piano, in quanto avrà ancora modo di influenzare le decisioni politiche e gli orientamenti economici della nazione in ambito domestico e nelle relazioni internazionali. 

Seguendo i dettami della carta costituzionale, in attesa delle elezioni presidenziali previste per dicembre 2020 la carica di presidente della repubblica ad interim è stata assunta dal portavoce del senato Tokaev, nel segno della continuità politica in quanto esponente dell'inner circle di Nazarbayev, avendo svolto in passato il ruolo di Premier e di ministro degli esteri.

Una delle sfide principali che il presidente ad interim dovrà affrontare riguarda la richiesta di miglioramento delle condizioni economiche e sociali della popolazione,  che a febbraio ha espresso il proprio malcontento con delle manifestazioni che hanno spinto Nazarbayev a chiedere le dimissioni dell'allora premier Sagintaev, per non aver garantito un adeguato sviluppo economico. In realtà, la forte dipendenza dagli introiti economici derivanti dalle esportazioni di petrolio incide pesantemente sul bilancio nazionale, soprattutto a causa della lenta risalita del prezzo del petrolio dopo il crollo del 2014: inoltre, gli effetti delle sanzioni occidentali nei confronti della Russia hanno avuto serie ripercussioni anche in Kazakhstan, in quanto membro dell'Unione Economica Euroasiatica e perché Mosca rappresenta il principale partner economico. Infatti, il deprezzamento del rublo ha inciso sul valore della moneta nazionale kazaka (il tenge) che risulta fortemente svalutato anche nei confronti del dollaro.
 
Nonostante le dimissioni dalla carica di presidente, Nazarbayev potrà continuare ad avere voce sulle scelte politiche della nazione in quanto mantiene lo status di "Elbasy" o leader della nazione (titolo assegnatogli all'unanimità dal parlamento nel 2010), oltre a a presiedere il Consiglio di Sicurezza, essere membro del Consiglio Costituzionale e presidente (e fondatore) del partito Nur Otan, formazione politica che detiene la quasi totalità dei seggi nel parlamento nazionale.

Questa posizione di potere ed influenza appare ulteriormente blindata dalla legge che nel maggio 2018 ha stabilito che Nazarbayev possa restare a vita capo del Consiglio di Sicurezza nazionale, che in concomitanza si è progressivamente trasformato da un organismo puramente consultivo ad un ente di crescente rilevanza nell'elaborazione e nell'implementazione di politiche statali. Inoltre, in qualità di leader del partito Nur Otan Nazarbayev verrà coinvolto nel processo decisionale dal quale emergerà il candidato alle presidenziali espressione del principale partito nazionale, che poi potrebbe agevolmente diventare il nuovo presidente, considerato che l'opposizione politica appare debole e frammentata, disponendo di soli 14 seggi sui 107 disponibili alla camera bassa del Parlamento nazionale.

In questi 21 mesi di interim presidenziale, non si prevedono grandi sconvolgimenti in materia di politica estera: con molta probabilità Tokaev proseguirà la strategia multivettoriale adottata con successo da Nazarbayev. 

Il Kazakhstan continuerà a far parte dell'Unione Economica Euroasiatica, sempre che Mosca non riesumi la volontà di trasformare questa organizzazione regionale sovranazionale in un processo di integrazione politica, prospettiva ampiamente rigettata da Nazarbayev come lesiva della sovranità nazionale. Considerata la centralità strategica della nazione all'interno del progetto infrastrutturale della Belt and Road Initiative, la Cina continuerà ad essere un partner economico fondamentale, garante di massicci investimenti dei quali beneficia l'economia nazionale, mentre le partnership rafforzate con UE e Stati Uniti saranno garantite dal reciproco interesse delle parti in causa a continuare la cooperazione in ambito economico, energetico e securitario, fondamentale per la nazione centroasiatica al fine di preservare un indispensabile equidistanza geopolitica dalla Russia.

Mentre in onore del fondatore del Kazakhstan indipendente la capitale Astana è stata rinominata Nursultan, al momento appare prematuro fare delle previsioni su chi sarà il successore di Nazarbayev: nel caso Tokaev dovesse gestire al meglio questa fase di transizione, potrebbe essere un candidato papabile, in una competizione che vedrà coinvolti anche l'attuale premier Mamin (in precedenza sindaco di Astana), la prima figlia di Nazarbayev Darigha - attualmente vice premier, senatrice e formalmente a capo di Nur Otan – e Karim Masimov, che ha ricoperto per ben due volte la carica di primo ministro.


Un’uscita di scena (in)attesa: il Kazakhstan post-Nazarbaev (di Giannicola Saldutti)

Il mese di marzo del 2019 verrà ricordato nella storia della Repubblica del Kazakhstan come una linea di demarcazione, la fine di un’era, l’inizio di una nuova fase di sviluppo: in maniera inattesa, durante la mattinata del 19 le tv di Stato hanno trasmesso un messaggio direttamente dal palazzo presidenziale. 

Nursultan Nazarbaev, dopo circa 30 anni a capo sia della Repubblica Socialista Sovietica Kazaka che del Paese da essa derivato dopo la dissoluzione dell’Urss, ha rassegnato le dimissioni da capo di Stato, facendo un passo indietro che, con le elezioni del 2020 all’orizzonte, nessuno si sarebbe aspettato almeno in questi termini così repentini. Stando a quanto annunciato da Nazarbaev e in accordo con i dettami costituzionali, il potere passerà momentaneamente nelle mani del Presidente del Senato Kasym Zhomar Tokaev, volto noto negli ambienti degli istituti internazionali per aver lavorato presso il Ministero degli Esteri dell’Urss e per aver rappresentato il Kazakhstan sia in qualità di Ministro degli Esteri, sia presso il seggio delle Nazioni Unite a Ginevra. Nelle mani di Tokaev il compito di traghettare il Paese verso le elezioni presidenziali del 2020.

«Cari connazionali, ho deciso non senza difficoltà di dimettermi dall’incarico di Presidente della Repubblica del Kazakhstan. Quest’anno è il trentesimo anno nel quale ricopro il ruolo di guida del nostro Paese. Sono stato insignito dal mio popolo dell’onore di divenire il Primo Presidente del Kazakhstan indipendente” ha dichiarato Nazarbaev parlando al Paese, concludendo in maniera fiduciosa nei confronti del futuro: “sono convinto che il Kazakhstan del futuro sarà una società frutto del lavoro di tutti, dove regnerà pace e concordia, dove il potere sarà giusto ed i cittadini liberi ed uguali…credo che ci siamo mossi nella direzione giusta e nulla potrà distoglierci da questo cammino”, riferendosi agli sforzi profusi negli ultimi trent’anni per  affermare Astana come forza indipendente e sovrana all’interno di uno spazio geopolitico che, all’indomani della dissoluzione dell’Urss, presentava diverse nonché serie problematiche economico-sociali. 

Diversi analisti hanno immediatamente rilevato l’estrema intelligenza delle scelte di Nazarbaev, aiutate dagli esempi negativi di Karimov in Uzbekistan e Nijazov in Turkmenistan. 

Le difficoltà nelle transazioni di potere in tutto lo spazio post-sovietico hanno spesso causato momenti di tensione, nonché deleterea instabilità politica che ha esposto i Paesi interessati a dei cambiamenti radicali di prospettiva, come nel caso dell’Uzbekistan di Mirzyoyev. Nazarbaev ha fatto un passo indietro per favorire una transazione gestita da lui stesso in maniera oculata, perpetrare lo status-quo con i suoi fedelissimi ancora intorno e, soprattutto, con la garanzia di poter perpetrare la propria “legacy” contando sulla famiglia. 

Nello specifico, l’erede del plenipotenziario ex-Presidente kazako, Dariga Nazarbaeva, è stata nominata Presidente del Senato dal nuovo capo di Stato Tokaev. I dettagli che fanno pensare ad un controllo serrato da parte di Nazarbaev sono evidenti se si pensa a quanto accaduto subito dopo l’annuncio: Tokaev ha immediatamente proposto di rinominare la capitale Astana in Nur-Sultan, nome di battesimo di Nazarbaev.

 Il culto della personalità tipico della tradizione regionale conferma quanto sospettato: le strade principali di tutte le maggiori città del Paese sono state intitolate all’ex-Presidente, desideroso di uscire di scena dando l’impressione non solo di governare con fermezza, ma anche di saper concedere e riconoscere i propri limiti. 

Si ha l’impressione che Nazarbaev si sia dimesso per perseguire un obiettivo, ossia quello di essere riconosciuto non solo come primo plenipotenziario Presidente, ma come vero “Padre della Patria” nonché come una sorta di “Presidente eterno”, plasmatore dello Stato, sul modello (con le dovute proporzioni) di Atatürk, di Kim Il Sung in Corea del Nord e Lee Kwan Yew a Singapore. 

La miscela di morbida liberalizzazione dell’economia e di autoritarismo ha consentito al Kazakhstan di fare grandi passi da gigante, almeno fino allo shock petrolifero che ha contribuito ad abbassare notevolmente i prezzi delle materie prime, facendo decelerare la crescita e mettendo in mostra la polvere nascosta sotto il tappeto: corruzione, povertà e potentati economici sono ancora una realtà che Nazarbaev ha combattuto con bastone e carota, riportando alterni risultati.

 Il futuro del Kazakhstan sembra sarà targato a lungo dal marchio del suo demiurgo, dal momento che se Tokaev non dovesse più essere gradito, la palla passerebbe per principio costituzionale alla figlia Dariga, figura versatile e poco conosciuta: cantante lirica semiprofessionista con un passato coniugale burrascoso, la Nazarbaeva è ex-moglie dell’imprenditore Rakhat Aliyev, morto in circostanze misteriose nella cella di un carcere austriaco nel 2015. C’è da chiedersi quale capo di Stato a quelle latitudini non desidererebbe una transazione di potere così naturale e semplice alla pari di quella di un regnante a tutti gli effetti. 

C’è da chiedersi, poi, in che misura la decisione inaspettata di Nazarbaev influenzerà le scelte della regione. I paragoni con la situazione russa si sprecano, ma non tenendo conto di diversi fattori cruciali. Per Putin sarebbe impossibile riproporre uno scenario simile, non solo per l’età di gran lunga più giovane di quella di Nazarbaev, ma anche per il diverso ruolo svolto da entrambi nei rispettivi sistemi-Paese: mentre in Kazakhstan Nazarbaev ha costruito dal nulla un’identità nazionale, proponendo e propagandando un modello di uomo simile al padre di famiglia attento ai bisogni degli ultimi, al Cremlino siede un garante dei potentati che tengono in piedi il gigante russo, abile come pochi nel gestire le casse dello Stato e le sue crescenti aspirazioni geopolitiche ma percepito come lontano sempre più dai bisogni reali del popolo e, soprattutto, con una vita pubblica ridotta al minimo, che non ha mai contemplato l’esposizione mediatica  dei suoi familiari più stretti. Nonostante a Putin sia stato affibbiato, con accezioni talvolta spregiative talvolta agiografiche, il soprannome di “Zar”, è comunque ben lungi dal potersi definire un “Padre della Patria”. In altre parole, la transazione di potere in stile kazako non funzionerebbe a Mosca, ma Nazarbaev ha comunque contribuito a mettere pressione sugli apparati russi dando dimostrazione del come e del quando un leader lungimirante dovrebbe uscire di scena ed una pagina di storia dovrebbe essere “chiusa”, almeno in apparenza. 





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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

Consulta il testo del provvedimento
http://www.eu/ita/archivio/Il-Kazakhstan-dopo-Nazarbayev--Doppia-analisi-di-Indeo-e-Saldutti-633-ITA.asp 2019-03-29 daily 0.5