Il Kazakhstan ha ridotto l’export di petrolio verso la Cina (di Paolo Sorbello)

A causa di una contaminazione riscontrata nella produzione petrolifera di CNPC-Aktobemunaigas, la compagnia statale che controlla gli oleodotti in Kazakhstan, KazTransOil, ha deciso di fermare in maniera selettiva i flussi attraverso le proprie linee dirette verso l’esportazione in Cina.

Il 16 gennaio, KazTransOil ha dichiarato che la presenza oltre i limiti consentiti di cloruri organici ha obbligato la sospensione dei collegamenti tra i giacimenti della regione di Aktobe e gli oleodotti principali. I cloruri organici, usati come additivi nel processo di estrazione specialmente per giacimenti in esaurimento, devono essere eliminati prima che il greggio sia immesso nel tragitto che lo porta verso le raffinerie. Secondo i test di KazTransOil, il livello di cloruri organici si è rivelato troppo elevato, sia per l’export, sia per le raffinerie locali. Tali composti chimici, infatti, rischiano di danneggiare sia gli oleodotti, sia i macchinari usati nelle raffinerie.
Naturalmente, non è la prima volta che incidenti simili si verificano nel settore petrolifero. Nell’aprile 2019, cinque milioni di tonnellate di petrolio contaminato sono state trasportate attraverso l’oleodotto Druzhba, costruito in epoca sovietica per collegare i giacimenti della Siberia russa all’Europa dell’est. Secondo fonti russe, una compagnia privata avrebbe colpevolmente immesso nel sistema del greggio ancora contaminato nella regione del Volga, contaminando anche altre quantità di petrolio immesso nella rete degli oleodotti e trasportato verso occidente. Transneft, la compagnia statale che controlla gli oleodotti in Russia, ha dovuto negoziare un risarcimento sia con i fornitori, sia con gli acquirenti. Infatti, nel porto baltico di Ust-Luga, dove parte del petrolio trasportato da Druzhba viene caricato su petroliere e acquistato dai più grandi traders internazionali, il greggio contaminato era stato mischiato a volumi di petrolio kazako. Decine tra le compagnie che esportano il petrolio kazako hanno richiesto un risarcimento pecuniario per i mancati profitti, causati dagli sconti che hanno dovuto applicare ai compratori.

Dopo aver riscontrato la contaminazione del petrolio kazako a gennaio, Transneft ha rassicurato che il petrolio russo “pulito” avrebbe comunque raggiunto i clienti cinesi attraverso gli oleodotti che attraversano il Kazakhstan, per i quali la Russia ha un accordo di transito con KazTransOil. L’oleodotto che attraversa il Kazakhstan da ovest a est, infatti, è utilizzato sia da Transneft, sia da KazTransOil. Completato nel 2009, l’oleodotto rappresentò l’idea di multivettorismo nella politica estera kazaka, almeno per quanto riguarda le forniture di energia. Con la costruzione del vettore per l’export verso la Cina, il Kazakhstan si emancipava, almeno parzialmente, dalla connessione obbligata con la Russia, attraverso la quale passavano le vie principali per la vendita di petrolio kazako al di là dei confini dell’ex Unione sovietica.

Nelle stesse settimane di gennaio, è emersa un’altra sfida alle relazioni quasi ombelicali che connettono i destini energetici dei Paesi ex-sovietici. Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, infatti, ha chiesto al governo russo di facilitare il transito di petrolio kazako per le proprie raffinerie. L’obiettivo di Minsk è quello di ridurre la dipendenza dal petrolio russo e diversificare le fonti di approvvigionamento. Invece, secondo il governo bielorusso, la Russia ha imposto tariffe troppo alte per il transito di petrolio kazako con lo scopo di dissuadere la nuova politica commerciale. D’altra parte, tuttavia, queste schermaglie mal si conciliano con l’obiettivo di costruire un unico spazio per gli scambi commerciali nello spazio dell’Unione economica eurasiatica, di cui i tre Paesi in questione sono i fondatori.

Questioni geopolitiche a parte, per alcuni giacimenti del Kazakhstan rimane il problema dell’esaurimento delle risorse. In quest’ottica, la compagnia CNPC-Aktobemunaigas aveva aumentato l’utilizzo di cloruri organici per mantenere sostenuti i ritmi di estrazione. La compagnia, al 97% di proprietà cinese, è la forza motrice dell’economia nella regione di Aktobe, nel nord-ovest del Kazakhstan. Nel 1997, CNPC aveva acquistato il 60% di Aktobemunaigas, il primo significativo passo in una corsa agli investimenti all’estero nel settore petrolifero, dopo che la Cina aveva perso l’autosufficienza energetica nel 1993.
Il piano del governo kazako per i prossimi due anni era di mantenere la produzione intorno alle 90 milioni di tonnellate di greggio e di continuare a esportare petrolio verso la Cina e verso i clienti a occidente. Se a ovest, ostacoli geopolitici potrebbero precludere nuovi accordi con la Bielorussia, per mantenere i giusti rapporti con l’oriente e alimentare la nuova Via della Seta bisognerà risolvere i problemi tecnici dei giacimenti di Aktobe.






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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Il-Kazakhstan-ha-ridotto-lexport-di-petrolio-verso-la-Cina-di-Paolo-Sorbello-763-ITA.asp 2020-02-04 daily 0.5