Il Kazakhstan sceglie la continuità, tra proteste e repressione (di Frank Maracchione)

Il 9 di giugno il popolo kazakho è stato chiamato ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Per la prima volta, nelle schede elettorali non era presente Nursultan Nazarbayev, leader della nazione dall’indipendenza fino alle inaspettate dimissioni dello scorso aprile. Le elezioni hanno confermato le aspettative assegnando a Kassym Jomart-Tokayev la guida della nazione con più del 70% dei consensi. A votare è stato il 77,4% della popolazione, determinando un’affluenza non eccelsa considerato lo storico delle elezioni del paese. Le elezioni hanno visto la partecipazione di sette candidati. Oltre ai candidati tradizionali del partito Nur Otan, guidato dal “Primo” Presidente Nazarbayev, e del Partito Comunista, alcuni erano indipendenti e di opposizione, sebbene moderata. Le elezioni si sono svolte in un clima di protesta e repressione e sono state fortemente criticate dagli osservatori internazionali. ù

La Commissione Elettorale ha comunicato dopo la chiusura dei seggi che il Presidente ad interim Tokayev, successore preferito del Presidente Nazarbayev, si è assicurato una maggioranza del 70,76% dei voti. Il dato, benché positivo, risulta comunque il peggior risultato nella storia del partito Nur Otan. Amirzhan Qosanov del Movimento Patriottico Nazionale Unito, unico candidato generalmente considerato espressione di una reale opposizione alla leadership del paese, raggiunge il 16,02%. Si tratta del migliore risultato di un candidato di opposizione della storia del paese. Segue Dania Yaspayeva, prima donna candidata alla guida del paese, che si ferma al 5,2%. Il partito dalla Yaspayeva, Ak Zhol, nato nel 2002 da una scissione moderata del Partito della Scelta Democratica (QDT), viene generalmente considerato parte di un’opposizione molto moderata. Questa caratteristica ha permesso al partito di mantenere il proprio status di legalità, al contrario del QDT messo al bando nel 2005 per essere ristabilito dall’estero soltanto nel 2017. 

Gli osservatori internazionali hanno commentato duramente lo svolgimento delle elezioni. “[Il risultato] è stato offuscato da chiare violazioni delle libertà fondamentali, oltre che da pressioni sulle voci critiche” afferma lo Statement of Preliminary Findings and Conclusions della missione di osservazione elettorale OSCE. Le critiche riguardano inoltre la più generale situazione della libertà di stampa e di espressione in Kazakhstan, che il documento descrive come “considerevolmente ristretta dalla legge”. 

Il leader in esilio del QDT, Mukhtar Ablyazov, da mesi invitava il popolo kazakho a boicottare le elezioni falsate da una competizione elettorale illiberale. L’imprenditore kazakho è stato per lungo tempo richiedente asilo in Inghilterra e ha subito numerose pressioni volte a mettere a tacere la sua opposizione, tra cui il sequestro di moglie e figlia rimpatriate “erroneamente” dall’Italia nel 2013 e liberate sotto pressione dell’Unione Europea e del governo italiano. Ablyazov, che ha lungamente criticato anche il candidato di opposizione Qosanov per l’eccessiva moderazione, ha chiamato a raccolta i suoi sostenitori nel paese per protestare contro i risultati. Di conseguenza, nei giorni delle elezioni la capitale Nur Sultan (già Astana) e la città di Almaty sono state teatro di vaste proteste represse dalla polizia tramite l’arresto di centinaia di persone tra cui coloro che la missione di osservazione dell’OSCE ha definito “protestanti pacifici”.

Una autentica transizione democratica nella maggiore repubblica centroasiatica sembra ancora lontana. In primo luogo perché le elezioni hanno sostanzialmente visto confermata la leadership del paese con il successo di Tokayev, da anni figura di spicco della politica nazionale ed internazionale kazakha. Il Presidente eletto è un importante diplomatico con esperienza decennale ed un rapporto stretto con i leader dei paesi della regione. Nazarbayev, inoltre, rimane un simbolo della nazione e mantiene ruoli e cariche che gli daranno modo di vegliare sul mantenimento dello status quo. Per quanto riguarda invece il fronte dell’opposizione, si conferma la moderazione politica dei partiti di minoranza legalmente registrati. La totale chiusura nei confronti dell’opposizione reale al potere di Nur Otan viene invece descritta lungamente nel rapporto degli osservatori internazionali che denuncia anche il blocco o la limitazione dei social media, la scarsa imparzialità dei mezzi di informazione tradizionali oltre che numerose irregolarità nella gestione amministrativa delle elezioni. 

Il regime di Nazarbayev sembra dunque finito soltanto nominalmente, mentre i canali politici di controllo del paese rimangono intatti anche attraverso la nomina della figlia Dariga Nazarbayeva alla carica di Presidente del Senato. Queste elezioni, dunque, non inseriscono realmente il Kazakhstan all’interno della tendenza che vuole altri paesi della regione muoversi verso un rilassamento dei propri regimi autocratici, quali ad esempio l’Uzbekistan di Shavkat Mirziyoyev dopo la morte del leader post-sovietico Islam Karimov, o il Kirghizistan delle prime elezioni presidenziali parzialmente democratiche. La politica kazakha si muoverà ancora a lungo sotto l’ombra di Nursultan Nazarbayev, come dimostra la stessa nuova denominazione della capitale - Nur Sultan – avvenuta su proposta di cuoui che oggi è il nuovo Presidente del paese.

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