Il caldo vento della Grexit gela le commodities (di Dario Delbò)

Euro a caduta libera in questa calda estate di turbolenze finanziarie, alimentate dall'impetuoso vento Greco e seguito a ruota dalle quotazioni di commodities che sembrano sciogliersi come neve al sole in un calo vistoso che ha visto l’oro sprofondare sotto i 1.100 dollari l’oncia e il crude Oil, ovvero il petrolio a stelle e strisce, tracollare verso minimi storici.
Cosa sta accadendo?
Se da una parte la crisi Ucraina con l’effetto sanzioni imposte alla Russia, sembra congelata in uno status quo de facto che ha portato il rublo a stabilizzarsi su valori di cambio bassi ma ormai sostanzialmente stabili, il QE di Mario Draghi, seguito dalla paura di unaGrexit e dagli effetti di una “NonGrexit” ha fatto perdere vistosamente terreno alla divisa del vecchio continente, ampiamente inflazionata da un massiccio stampaggio, che come dicevamo, si è avuto con il QE ma che ora viene ulteriormente incrementato per inondare di liquidità gli esangui forzieri ellenici.
La caduta del valore dell’Euro ha immediatamente fatto perdere terreno alle quotazioni dell’oro nero, in virtù di una correlazione che prosegue da diversi anni e che potremmo approfondire in seguito. Discesa alimentata anche da diversi altri fattori:
- in primis dall’accordo sul nucleare Iraniano che spiana la strada alla commercializzazione sul mercato internazionale a milioni di barili che ora non potevano essere esportati per via delle sanzioni internazionali;
- dal fracking, il nuovo eldorado Americano che porterà presto la nazione leader del mondo libero a diventare il primo produttore globale di petrolio, non senza ricadute economiche interne non sempre positive, come vedremmo nei prossimi appuntamenti;
- dal calo della domanda di idrocarburi Cinese, veri idrovore di petrolio e che mostrano i primi segnali di rallentamento vistoso del ciclo economico, veicolato anche da una megabolla finanziaria scoppiata fragorosamente;
- e soprattutto, (alla fine il cerchio si chiude sempre con loro), dai dati USA sulle scorte di distillati e idrocarburi che sono ai massimi storici, o meglio a livelli che non erano stati mai raggiunti neanche con scorte strategiche prima di conflitti bellici.
Quali le considerazioni?
Sicuramente avere un prezzo del petrolio così basso è un vantaggio per i consumatori e le imprese nostrane che debbono sopportare i costi energetici più alti d’europa, purtroppo l’atro elemento positivo per le esportazioni, l’euro debole, associato ad un elevato livello di tassazione locale, come spiegato, fa si che il prezzo finale non rispecchi che in minima parte il vistoso calo delle quotazioni internazionali.
Tutto ciò considerato è personale opinione di chi scrive, che i novelli fattucchieri economici, latori di previsioni di prezzi a 30o addirittura 20 dollari al barile, saranno smentiti dal mercato e soprattutto da un Opec restio ad accettare che il prezzo scenda sotto un determinato range e che se dovesse palesarsi la disfatta dell’attuale strategia di dumping, volta a far fallire i piccoli produttori frake Americani, potrebbero tranquillamente cambiare strategia, (hanno miliardi di dollari in riserve in asset pregiati) e annunciare il tanto temuto taglio della produzione che farebbe impennare immediatamente le quotazioni.
(Dario Delbò - e-mail: Dario.delbo@gmail.com)