Il convegno del 7 luglio a Levico sulla Primavera di Tashkent (di Matteo Gozzi)

Si è tenuto il 7 luglio 2018 presso la sede della Biblioteca Archivio del CSSEO (Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale) a Levico Terme il Convegno di studi “La primavera di Tashkent, l’Uzbekistan si apre al mondo”. L’evento ha visto la partecipazione di esperti dell’area appartenenti a diverse discipline di studio, che hanno offerto una panoramica del paese centroasiatico dal punto di vista storico, geopolitico, socioeconomico, commerciale e letterario.
L’intervento inaugurale del convegno è stato tenuto dallo storico Fernando Orlandi, che dal 1991 dirige il centro di studi. Il suo discorso è stato incentrato su una rivalutazione del ruolo che l’élite uzbeka ebbe nella nascita dell’Uzbekistan come Repubblica Federale all’interno dell’Unione Sovietica. Sebbene nel dibattito storiografico domini l’idea che la suddivisione dei territori dell’impero zarista da parte del governo sovietico abbia risposto a rigidi criteri etnolinguistici, sostiene Orlandi, la visione del mondo e le aspirazioni della classe dirigente uzbeka giocarono in realtà un ruolo significativo, determinando di fatto, tra le altre cose, alcuni dei successivi contrasti nella regione.
Fabio Indeo, ricercatore della NATO Defense College Foundation a Roma, ha invece trattato la politica estera uzbeka in relazione alla sicurezza e alla cooperazione regionale. Uno dei cardini dell’apertura del paese promossa dal presidente Mirziyoyev è infatti una maggior cooperazione con gli altri governi regionali, ma tale politica necessita inevitabilmente di una maggior porosità dei confini orientali e sud-orientali del paese, tra i quali quello con l’Afghanistan, e di conseguenza di una strategia di sicurezza che tenga conto, oltre che della minaccia rappresentata dall’integralismo islamico, anche dalle conflittualità emergenti da un’iniqua distribuzione delle risorse dell’area (soprattutto nella valle del Fergana).
Davide Cancarini, giornalista e ricercatore indipendente, ha analizzato le possibili implicazioni della fine dell’isolazionismo uzbeko dal punto di vista geopolitico. Nella regione centroasiatica, ricca di risorse minerarie, gas e petrolio, hanno infatti interessi sia gli Stati Uniti, sia la Repubblica Popolare Cinese, sia la Federazione Russa. L’Uzbekistan deve quindi pianificare le sue politiche in modo da trarre il massimo vantaggio dalle rivalità di queste potenze (e soprattutto in modo da non provocarne l’ira).
Eugenio Novario, avvocato tributarista ed editore della newsletter online di notizie economiche e geopolitiche Eurasian Business Dispatch, si è concentrato sulla cospicua attività di riforme economiche promossa dal presidente Mirziyoyev, evidenziando come esse abbiano le potenzialità per favorire lo sviluppo delle relazioni industriali tra l’Uzbekistan e l’Europa (l’Italia in particolare) e mettendo in luce le criticità di queste ultime e le opportunità per le aziende del nostro paese nei diversi settori del tessuto produttivo uzbeko.
Infine, il turcologo Ermanno Visintainer ha fornito una panoramica della letteratura uzbeka attraverso i testi di autori classici e contemporanei, mettendo in risalto le varie componenti che in essa trovano voce: dalla matrice persiana alla turchizzazione dell’epoca qarakhanide, passando per la letteratura chatagay dell’epoca timuride e il realismo socialista del XX secolo, fino ai giorni nostri, nei quali sembra emergere la consapevolezza di un’identità uzbeka rinnovata in seno al bacino culturale turcico.
Tutti questi interventi, insieme a quelli di Claudia Palazzo (MIREES, Forlì) e Michele Brunelli (Centro Studi sul Caspio e Università di Bergamo), confluiranno in una pubblicazione che vedrà le stampe nei prossimi mesi. Nel frattempo non possiamo che osservare come l’impetuoso corso degli eventi scatenato dall’avvento della presidenza Mirziyoyev continui a progredire, innescando nel paese dei cambiamenti dall’esito ancora incerto, ma dei quali sembra già impossibile invertire la rotta.