Il processo di transizione politica dell'Uzbekistan post Karimov tra sicurezza regionale e politica estera (di Fabio Indeo)

La morte del del Presidente uzbeco Islam Karimov, al potere da 25 anni, rappresenta un importante avvenimento nella storia recente dell'Asia Centrale post-sovietica, in quanto viene meno uno degli storici “uomini forti” della regione.

Al potere dal 1991, Karimov è stato in grado di condurre la nascente repubblica indipendente nella potenzialmente instabile fase di transizione post sovietica, creando uno stato fondato su un forte presidenzialismo autoritario: nell'alveo delle relazioni internazionali - sfruttando la posizione di centralità geopolitica dell'Uzbekistan nel cuore della regione, la forza demografica (nazione centroasiatica più popolosa) ed un apparato militare forte e strutturato - Karimov è stato capace di contenere le ambizioni egemoniche russe attraverso una politica di equidistanza, oltre ad ergersi come baluardo nella lotta contro il terrorismo islamico radicale, sovente servendosi strumentalmente di questa minaccia per rafforzare il controllo autoritario all'interno della nazione.

Tuttavia, la mancanza di un chiaro meccanismo di successione e l'assenza di un "delfino" capace di guidare la nazione su una linea di continuità con il suo predecessore rischiano di creare un vacuum geopolitico pericoloso e destabilizzante, al quale contribuisce il fatto che  l'Uzbekistan indipendente non ha vissuto esperienze di alternanza politica o forme di multipartitismo. Ad aggravare questo scenario, la saldatura tra le insolute distorsioni endogene: autoritarismo, corruzione, povertà, mancanza di riforme economiche, rigido controllo politico e sociale del fenomeno religioso e latente minaccia dell'islam radicale.

Nonostante le scarne informazioni che filtrano all'esterno, lo scenario interno appare in continua evoluzione e la transizione politica sembra in atto: secondo l'articolo 96 della Costituzione uzbeca, nel caso in cui il presidente non sia in grado di adempiere ai suoi doveri (come poteva essere dal momento dell'annuncio della malattia) o in caso di decesso, spetta al portavoce del Senato gestire la transizione sino a nuove elezioni da indire nell'arco di tre mesi. 

Ciononostante, il portavoce del Senato Nigmatilla Yuldashev - personalmente scelto da Karimov per questo incarico nel 2015 - ha svolto questa funzione per meno di una settimana in quanto l'otto settembre una sessione congiunta delle due camere del Parlamento nazionale ha nominato l'attuale Primo Ministro Shavkat Mirziyayev come Presidente ad interim, in quanto capace di garantire la sicurezza pubblica ed affrontare le sfide socioeconomiche esistenti in questa potenzialmente complicata fase di transizione.

L'ascesa al potere di Mirziyayev conferma in realtà gli orientamenti emersi al momento del decesso di Karimov: egli appare infatti come il suo naturale successore, da anni inserito nell'inner circle presidenziale essendo in carica da ben sedici anni (dal 2003).

In attesa delle elezioni presidenziali, una altra candidatura di peso resta quella del primo vice ministro e ministro delle finanze Rustam Azimov, un uomo d'affari che vanta contatti internazionali, mentre non appare plausibile una successione in linea "ereditaria", considerando le vicissitudini giudiziarie della figlia più grande di Karimov, Gulnara. Senza ombra di dubbio, il futuro presidente uzbeco dovrà godere del supporto del potente capo dell'Agenzia di Sicurezza Nazionale Rustam Inoyatov, artefice del controllo capillare sulla nazione, mentre una sua eventuale ascesa alla carica presidenziale appare anacronistica ma di certo non non da escludere a priori.

Mentre prosegue sotterranea la lotta tra i vari clan e le varie fazioni - in primis la contesa tra i due clan più forti, quello di Tashkent e quello di Samarcanda, al quale apparteneva Karimov - anche gli attori geopolitici esterni guardano con attenzione all'evoluzione dello scenario uzbeco.

In modo particolare la Russia spera che con il nuovo corso possa riuscire a coinvolgere l'Uzbekistan nelle organizzazioni regionali multilaterali supportate da Mosca. Infatti Karimov ha sempre diffidato dalle offerte di Mosca, rifiutando di aderire all'Unione Economica Euroasiatica e abbandonando per la seconda volta (nel 2012) l'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. Queste scelte riflettevano gli orientamenti assunti da Karimov in politica estera, basati sulla non partecipazione a blocchi militari regionali, non concedere il territorio nazionale per basi militari straniere, privilegiare gli interessi nazionali. 

Mirziyayev sembrerebbe il candidato preferito da Mosca, in quanto percepito non ostile ai progetti di integrazione euroasiatica cari al Presidente Putin: la partecipazione congiunta del presidente russo e dell'attuale presidente ad interim alla celebrazione funebre per Karimov a Samarcanda appare come uno scenografico endorsement russo a Mirziyayev.

Tuttavia Mirziyayev - in un discorso al Parlamento nazionale pronunciato lo stesso giorno della sua nomina - sembra orientato a confermare la linea isolazionista in politica estera adottata da Karimov: allo stesso tempo però Mirziyayev ha espresso la volontà di rafforzare le relazioni bilaterali con la Russia, in quanto una maggiore cooperazione potrebbe rafforzare la sicurezza e la stabilità regionale. Infatti, il ritiro delle truppe NATO dall’Afghanistan ha messo in evidenza le serie minacce alla sicurezza nazionale (considerando anche che l'Uzbekistan condivide il proprio confine meridionale con l'Afghanistan) e regionale: Karimov declinò costantemente le offerte del segretario generale dell’OTSC Bordyuzha, il quale - considerate le minacce di incursioni terroristiche lungo le frontiere uzbeche, per la presenza di foreign fighters legati al sedicente Stato Islamico, i tradizionali combattenti del Movimento Islamico dell'Uzbekistan fazioni Taliban - sottolineava i vantaggi dell’inclusione uzbeca nell' organizzazione di sicurezza regionale a guida russa. In realtà negli ultimi mesi si andava profilando un riavvicinamento strategico tra Tashkent e Mosca: nel summit di aprile 2016, Karimov aveva aperto alla possibilità di siglare un accordo di libero commercio con l'Unione Economica Euroasiatica, senza tuttavia chiarire i contorni di una simile scelta strategica.

Anche la Cina guarda con interesse all'evoluzione dell'Uzbekistan post Karimov, proprio perché un potenziale riorientamento della politica estera uzbeca potrebbe danneggiare la redditizia partnership strategica tra Tashkent e Pechino. Dal 2015 la Cina è diventato il principale partner commerciale dell’Uzbekistan, soppiantando la Russia e consolidando la sua presa economica sulla regione. Il maggior progetto finanziato (anche in termini di impatto geopolitico futuro) è  il prestito concesso dalle banche cinesi (350 milioni di dollari su un costo totale del progetto che ammonta a 1,6 miliardi di dollari) per il completamento della linea ferroviaria che metterà in collegamento la città di Angren (nella regione di Tashkent) con Pap (nel distretto di Namangan) nella valle del Ferghana. La linea ferroviaria Angren-Pep riveste una rilevanza strategica enorme per Tashkent, in quanto rafforza il collegamento tra le diverse aree della nazione: allo stesso tempo questa linea ferroviaria è un tassello fondamentale nella strategia cinese della Silk Road Economic Belt, volta alla creazione del corridoio geoeconomico est-ovest.

Al momento l'Organizzazione della Cooperazione di Shanghai è la sola organizzazione multilaterale alla quale partecipa Tashkent.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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