Il summit sul Caspio: implicazioni geostrategiche ed energetiche (di Fabio Indeo)

I presidenti delle cinque nazioni rivierasche che si affacciano sul Mar Caspio (Azerbaigian, Iran, Kazakistan, Russia e Turkmenistan) si sono riuniti il 29 settembre nella cittadina russa di Astrakhan per il quarto summit sul Caspio. Dopo quattro anni dall'ultimo summit tenutosi a Baku, i cinque presidenti hanno avuto l'opportunità di discutere e confrontarsi sulle questioni irrisolte, sulla sicurezza e su come sviluppare delle forme di cooperazione e collaborazione.
Mentre la questione di maggior rilevanza geopolitica (la definizione e l'accordo sullo status legale del Caspio) è stata rinviata al prossimo summit (che dovrebbe tenersi nel 2016 in Kazakistan),  Russia ed Iran sono riuscite ad ottenere un significativo successo geostrategico:infatti, le  nazioni rivierasche si sono accordate sul principio che impedisce la presenza militare di una nazione "terza", ovvero non caspica, nel territorio di una delle cinque nazioni, escludendo di fatto l'eventualità di creare delle basi militari statunitensi o sotto l'egida della NATO in Kazakistan ed Azerbaigian. Sulla base di questo nuovo accordo, solo le nazioni rivierasche potranno dispiegare le loro navi militari nel bacino del Caspio, al fine di garantire stabilità e sicurezza ed escludendo la presenza di nazioni terze: nonostante le dichiarazioni espresse in passato, volte a promuovere una smilitarizzazione congiunta al fine di depotenziare le tensioni, in realtà negli ultimi anni ogni stato rivierasco si è mosso in direzione opposta, rafforzando la propria marina militare nazionale e le proprie capacità di difesa.
In realtà, questa disposizione appare finalizzata a limitare la stretta collaborazione di Azerbaigian e Kazakistan con gli Stati Uniti e la NATO, soprattutto in materia di sicurezza e cooperazione militare: l'Azerbaijan inoltre partecipa alla missione NATO/ISAF in Afghanistan, mentre il Kazakistan è incluso nel Northern Distribution Network (NDN), il corridoio terrestre-aereo per l'approvvigionamento delle truppe NATO in Afghanistan, ora destinato a funzionare in senso inverso per agevolare il ritiro previsto nel 2014.
In questa prospettiva, proprio Azerbaigian e Kazakistan rappresentano un fondamentale tassello nella strategia della NATO mirata a promuovere un corridoio meridionale di trasporto - alternativo al NDN - necessario per razionalizzare le operazioni di ritiro delle truppe e del materiale militare (e non) dall'Afghanistan. Infatti, il collegamento tra i due porti sul Caspio di Aktau (Kazakistan nord-occidentale) e Baku (Azerbaigian) consentirebbe di realizzare il corridoio di trasporto che dall'Afghanistan (attraversando Uzbekistan, Kazakistan ed Azerbaigian) terminerebbe in Turchia.
L'ipotesi di creare ad Aktau un porto di transito per agevolare il ritiro della NATO dall'Afghanistan fu oggetto di discussioni tra Kazakistan e Stati Uniti nel corso del 2013: ovviamente, Teheran e Mosca si oppongono strenuamente ad una simile eventualità, per il rischio che il presidio navale (temporaneo e limitato alle esigenze logistiche del ritiro dall'Afghanistan) possa diventare una base militare NATO sul bacino del Caspio. Ciononostante, a prescindere dal principio adottato, l'attuale scenario geopolitico dell'area post sovietica di fatto preclude la possibilità di installare una base militare straniera: infatti, la costituzione azerbaigiana (e turkmena, sulla base del principio di neutralità) non permette l'installazione di basi militari straniere nel territorio nazionale, mentre il Kazakistan - in quanto membro dell'Organizzazione per il Trattato di Sicurezza Collettiva, OTSC - non può ospitare una base militare di un paese terzo senza previo accordo dei membri OTSC.
Se la definizione di presenza militare contenuta nell'accordo (base militare o di transito?) verrà definita meglio in futuro, si rileva come questa mossa geostrategica sia intimamente connessa anche a questioni energetiche: la creazione di un presidio navale NATO/Stati Uniti ad Aktau sarebbe funzionale  allo sviluppo e sfruttamento del giacimento petrolifero kazaco di Kashagan, considerato che le compagnie energetiche statunitensi ExxonMobil, Conoco Philips fanno parte del relativo consorzio internazionale. Inoltre, il rafforzamento di questo porto kazaco sul Caspio faciliterebbe la futura realizzazione del progetto denominato Kazakhstan Caspian Transport System, finalizzato a rafforzare la sicurezza energetica europea:il progetto prevede infatti la creazione di una pipeline terrestre Eskene-Kuryk (porto sul Caspio a sud di Aktau) e da questo terminal un collegamento marittimo con il porto di Baku, possibilmente attraverso una condotta sottomarina offshore.
Chiaramente questo progetto stride con gli interessi energetici di Mosca, anche perché ricalca la rotta energetica dell'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, alimentato con petrolio kazaco (ed azerbaigiano) trasportato a Baku tramite petroliere e convogliato poi verso i mercati europei, bypassando il territorio russo.
Perciò, posporre la decisione e l'accordo inerente lo status legale del Caspio è funzionale alla strategia energetica russa in quanto nell'attuale condizione di incertezza risulta necessario il consenso di tutte e cinque le nazioni rivierasche per procedere alla realizzazione di infrastrutture per lo sfruttamento delle risorse. Di fatto, Russia ed Iran di fatto hanno congelato le ambizioni della UE di realizzare il cosiddetto missing link, ovvero una condotta sottomarina transcaspica per convogliare il gas turkmeno verso Baku e poi verso i mercati europei realizzando il corridoio energetico meridionale.




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