Il summit tra Karimov e Putin a Mosca: un nuovo riorientamento della politica estera uzbeca? (di Fabio Indeo)

Il 25 e 26 aprile scorso il presidente uzbeco Islam Karimov si è recato a Mosca per un importante visita di stato, nel corso della quale ha incontrato il suo omologo russo Vladimir Putin. A margine dell’incontro, Putin ha definito l’Uzbekistan come un partner strategico ed un alleato affidabile, mentre Karimov ha espresso una totale fiducia sull’operato del presidente russo.  Al di la delle dichiarazioni di circostanza, è importante sottolineare l’enorme rilevanza di questo summit in quanto, a differenza di altri incontri bilaterali svoltisi negli anni precedenti, non ha riguardato soltanto gli aspetti legati alla sicurezza e alla stabilità regionale connessi alla situazione afgana, ma sono state trattate tematiche comuni di ampio respiro e raggiunto degli accordi che lasciano presagire una nuova era nelle relazioni russo-uzbeche. Infatti, la visita di Karimov a Mosca è stata interpretata come una tappa di (ri)avvicinamento della repubblica centroasiatica alla Russia, in un ulteriore evoluzione della politica estera multivettoriale adottata dall’Uzbekistan indipendente e fondata sul mantenimento di una una proficua equidistanza dai diversi players geopolitici con interessi nella regione (Russia, Stati Uniti, Cina) pur sviluppando con gli stessi approfondite relazioni bilaterali e partnership strategiche. 

Uno degli accordi più importanti raggiunti dai due presidenti riguarda la cancellazione del debito di 865 milioni di dollari dovuto dall'Uzbekistan alla Russia, per cui restano da pagare a Tashkent solo 25 milioni di dollari: questo accordo si basa però sulla rinuncia del governo uzbeco ad ogni pretesa di restituzione o di diritti nei confronti del Diamond Fund ovvero un vero e proprio tesoro - composto da rari manoscritti, oro, argento - che venne depredato durante l’avanzata zarista e la conquista dei khanati di Khiva e Kokand e dell’emirato di Buchara, che di fatto però farebbero parte a tutti gli effetti del patrimonio storico, culturale ed identitario della nazione uzbeca.

La soluzione di questa disputa e la compensazione economica offerta da Mosca (in termini di taglio del debito) creano delle basi nuove sulle quali si potrebbe realizzare un rafforzamento ed un approfondimento della cooperazione tra le due nazioni, su base bilaterale considerata la tradizionale diffidenza di Karimov ad aderire a progetti multilaterali promossi dalla Russia.

Nonostante le tensioni del recente passato – ad esempio l'aperta ostilità uzbeca nei confronti dell'impegno russo a finanziare i progetti idroelettrici in Kirghizistan, anche se qualche mese fa le autorità kirghise hanno unilateralmente bloccato il progetto a causa dell’incapacità di Mosca di far fronte agli investimenti promessi - tra Tashkent e Mosca sussiste una convergenza di interessi in vari settori (economia, energia, sicurezza regionale) che di fatto pone i presupposti per lo sviluppo di una proficua cooperazione.

In ambito economico, la Russia ha perso - per la prima volta dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica - il ruolo di principale partner commerciale dell’Uzbekistan, a vantaggio della Cina che consolida cosi la propria posizione nella regione: lo scambio commerciale russo-uzbeco nel 2015 si è ridotto a 3 miliardi di dollari (rispetto ai 4,7 miliardi di dollari del 2014), a causa principalmente della svalutazione del rublo e  legato al crollo dei prezzi petroliferi.
Ciononostante, si assiste ad un consolidamento delle relazioni economiche e commerciali tra le due nazioni in quanto la penuria di frutta e verdura sui mercati russi - legate alle sanzioni contro i produttori europei e turchi - hanno detrminato un massiccio incremento delle importazioni di frutta e verdura provenienti dall'Uzbekistan (+10% nel 2015). Lo stesso presidente Karimov si è pubblicamente esposto affermando che l’Uzbekistan potrebbe sostituire la Turchia nel ruolo di partner commerciale della Russia, per qualità e volume di esportazioni di frutta e verdura. Nei primi mesi del 2016 il commercio bilaterale è cresciuto del 7,9%, anche se resta evidente il deficit della bilancia commerciale poiché nel 2015 Tashkent ha importato beni da Mosca per un valore di 2,2 miliardi di dollari, mentre ha esportato prodotti per un valore di 650 milioni.

Tornando alla Cina, anche l'Uzbekistan quindi si trova coinvolto in quel processo di inarrestabile crescita della presenza economica cinese in Asia Centrale. Secondo i dati ufficiali 500 compagnie cinesi avrebbero investito capitali in Uzbekistan: il maggior progetto finanziato (anche in termini di impatto geopolitico futuro) è il prestito concesso per il completamento della linea ferroviaria che metterà in collegamento la città di Angren (nella regione di Tashkent) con Pap (nel distretto di Namangan) nella valle del Ferghana. Una banca cinese ha infatti concesso un prestito di 350 milioni di dollari – su un costo totale del progetto che ammonta a 1,6 miliardi di dollari, quasi interamente coperto da finanziamenti statali – mentre una compagnia cinese si è assunta l’onere di realizzare la costruzione di un lungo tunnel (19 km) sotto il passo di Kamchik, terminato nel 2016, il tredicesimo al mondo per lunghezza. La linea ferroviaria Angren-Pep riveste una rilevanza strategica enorme per Tashkent, consentendole di collegare la valle del Ferghana (un terzo della popolazione nazionale - 10 milioni di persone - abita nella sovrappopolata valle) con il resto della nazione, senza attraversare Kirghizistan e Tagikistan, nazioni con le quali l’Uzbekistan condivide questa valle, come retaggio dell’opera di ingegneria sociale posta in essere da Stalin in epoca sovietica: inoltre, questo progetto migliorerà la connettività interna, riducendo le spese di trasporto e favorendo gli scambi commerciali tra i diversi distretti regionali.

Durante l'incontro tra Putin e Karimov è stato confermato l'impegno russo nello sviluppo del settore energetico uzbeco, promettendo di investire una cifra complessiva pari a 12 miliardi di dollari, metà dei quali già impegnati in progetti in corso. Le compagnie energetiche russe Lukoil e Gazprom detengono e controllano da anni alcuni asset importanti nel settore energetico nazionale. Attraverso la formula della Partnership Sharing Agreement siglata nel 2004, la Lukoil e la compagnia nazionale Uzbekneftgaz hanno iniziato lo sviluppo di una serie di giacimenti di gas nell'area di Kandym, dove di recente è stato inaugurato dalla Lukoil un grande complesso per la raffinazione del gas, costato 3 miliardi di dollari e con una capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. La Lukoil detiene inoltre una licenza per lo sviluppo del giacimento di Gissar (Uzbekistan sudoccidentale).

Secondo le previsioni della compagnia russa, nel 2018 la Lukoil sarà in grado di produrre in Uzbekistan 16 miliardi di metri cubi (mmc) di gas all’anno, volumi che potrebbero essere destinati a soddisfare la domanda interna in quanto questa nazione produce tanto gas (circa 60 mmc all'anno) ma ne destina una grossa fetta all’esportazione, a scapito del consumo nazionale, provocando spesso interruzioni nelle forniture. 

Tuttavia, l'annuncio fatto nel marzo 2016 da Gazprom - in netta controtendenza rispetto alla strategia perseguita con il Turkmenistan – di voler acquistare 4 mmc di gas uzbeco, un volume di 4 volte superiore rispetto all’anno precedente e dopo aver annunciato di voler rinunciare alle importazioni di gas proveniente dalle repubbliche centroasiatiche, testimonia ancora una volta come la Russia cerchi di mantenere la sua influenza in Uzbekistan, cercando di ostacolare lo strapotere cinese. Al momento, l'Uzbekistan esporta gas verso la Cina attraverso il gasdotto Cina-Asia Centrale (principalmente alimentato con gas turkmeno), 2,4 mmc nel 2014, ma Karimov si è impegnato per incrementare le esportazioni sino ad arrivare a 10 mmc.

Nell'ambito della sicurezza, l'obiettivo condiviso è quello di lavorare assieme in Afghanistan per garantire la stabilità regionale: per Karimov è inevitabile che la Russia contribuisca a garantire la sicurezza in Afghanistan, per ragioni geografiche e storiche. Ad aprile 2016 Karimov ha esortato il Quadrilateral Coordination Group per la riconciliazione e la pace in Afghanistan -  che include Afghanistan, Cina, Pakistan e Stati Uniti - ad invitare la Russia a partecipare agli sforzi internazionali per risolvere la crisi afgana.

Tuttavia i due presidenti divergono sulle modalità d'intervento: Putin infatti auspica un coinvolgimento dell'Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (OCS) in Afghanistan, ipotesi che viene respinta da Karimov il quale vorrebbe che l'OCS mantenesse le tradizionali funzioni economiche ed eventualmente di condurre operazioni antiterrorismo.

Questa posizione del presidente uzbeco riflette e rispetta gli orientamenti assunti in politica estera basati sulla non partecipazione a blocchi militari regionali, non concedere il territorio nazionale per basi militari straniere, privilegiare gli interessi nazionali. Ne consegue che la proposta di Putin sul coinvolgimento dell'OCS – organizzazione della quale l'Uzbekistan è membro - implicherebbe un impegno di Tashkent in un organizzazione multilaterale regionale per garantire la sicurezza, superando il reiterato rifiuto uzbeco di ri-aderire all'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), struttura dalla quale Tashkent è uscita due volte, nel 1999 e nel 2012.

Il presidente uzbeco ha costantemente sottolineato come il ritiro delle truppe NATO dall’Afghanistan rappresenti una minaccia per la stabilità regionale, chiedendo supporto all'occidente (NATO e Stati Uniti) in termini di mezzi ed equipaggiamento, ma declinando le continue offerte del segretario generale dell’OTSC Nikolay Bordyuzha, il quale - considerate le minacce di incursioni terroristiche lungo le frontiere uzbeche, per la presenza di foreign fighters legati al sedicente Stato Islamico, i tradizionali combattenti del Movimento Islamico dell'Uzbekistan fazioni Taliban ecc. - sottolinea i vantaggi dell’inclusione uzbeca nell'OTSC. 
In una prospettiva bilaterale però, il venir meno delle pretese uzbeche sul Diamond Fund permetterà a Tashkent di incrementare gli acquisti di equipaggiamento militare dalla Russia, diventando eligibile per ricevere prestiti militari russi finalizzati all'acquisto di armi, che prima erano vietati per delle restrizioni legislative.
Sarà necessario del tempo per capire se questo riavvicinamento tra Mosca e Tashkent rappresenti un nuovo riorientamento della politica estera uzbeca verso le superpotenze regionali Russia e Cina, oppure una nuova tappa di quella politica multivettoriale sin qui abilmente perseguita, finalizzata ad ottenere supporto economico, militare e politico dall'occidente in cambio di un raffreddamento delle relazioni con Mosca.

In questa prospettiva, occorre anche valutare come il quadro di sicurezza nazionale e regionale appaia mutato a seguito dell’attentato eseguito dai Taliban che dovrebbe aver ucciso o seriamente ferito il leader del Movimento Islamico dell’Uzbekistan (MIU) Ghazi e molti membri di questo gruppo terrorista, puniti per la loro adesione al gruppo Stato Islamico.

Con il venir meno della minaccia rappresentata dal MIU, le politiche di controllo politico e sociale e delle manifestazioni della religiosità intraprese da Karimov - e avallate dall’occidente come necessarie per combattere il fenomeno del radicalismo islamico, del fondamentalismo terrorista di matrice religiosa - perderebbero la loro copertura ideologica. Conseguentemente, gli Stati Uniti e l'occidente potrebbero cominciare ad avanzare critiche sull’operato di Karimov, minando quindi l'essenza della sua strategia geopolitica di equidistanza e favorendo un riorientamento “ad est” della politica estera uzbeca.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Il-summit-tra-Karimov-e-Putin-a-Mosca-un-nuovo-riorientamento-della-politica-estera-uzbeca--di-Fabio-Indeo-238-ITA.asp 2016-05-25 daily 0.5