Kyrgyzstan e politica estera: le sfide dell'era Jeenbekov (di Fabio Indeo)

Dopo essere diventato presidente del Kyrgyzstan nel novembre 2017, Sooronbai Jeenbekov dovrà delineare nei prossimi mesi gli orientamenti e le direttrici di politica estera che caratterizzeranno questa piccola nazione centroasiatica.

Lo scenario ereditato dal suo predecessore Atambayev ha visto un improvviso deterioramento delle relazioni con il confinante Kazakhstan, un positivo e rapido miglioramento delle relazioni con l'Uzbekistan ed un indirizzo generale in politica estera dichiaratamente filorusso. Infatti, la posizione geopolitica marginale del Kyrgyzstan (con territorio morfologicamente montagnosa, mancanza di risorse naturali come gas naturale e petrolio, povertà) ha di fatto impedito a questa repubblica centroasiatica di condurre una politica estera multivettoriale, finalizzata ad attirare investimenti ed interessi delle grandi potenze, mantenendola in questi 26 anni di indipendenza nazionale sotto la sfera d'influenza russa. Una parziale eccezione può essere considerato il periodo 2001-2013, quando gli Stati Uniti utilizzarono la base aerea di Manas come hub strategico per la campagna militare in Afghanistan, garantendo al governo di Bishkek la possibilità di bilanciare gli interessi di Mosca: ciononostante, il Kyrgyzstan non fu in grado di respingere le pressioni di Mosca e nel 2014 - sotto la presidenza Atambayev - gli Stati Uniti abbandonarono Manas.

La Russia è sempre stato il principale partner politico ed economico: nel corso degli anni il  Kyrgyzstan ha sempre aderito alle organizzazioni multilaterali promosse da Mosca in ambito politico (Comunità degli Stati Indipendenti), della sicurezza (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) ed economico (dal 2015 il Kyrgyzstan è membro dell'Unione Economica Euroasiatica). La Cina è un partner ed investitore importante (promuove e finanzia i progetti legati alla Belt and Road Initiative), e le relazioni sono agevolate anche da un confine condiviso.

In ambito centroasiatico, il Kazakhstan è sempre stato il principale partner economico e politico, mentre le relazioni con l'Uzbekistan di Karimov e il Tagikistan sono state sempre molto tese, a causa delle questioni frontaliere irrisolte (la demarcazione dei confini e lo status delle enclaves) e per lo scarso controllo delle aree di confine (la valle del Ferghana, suddivisa tra le tre nazioni) che facilitavano incursioni di terroristi armati. 
Il nuovo presidente kirghiso Jeenbekov ha compiuto la prima visita ufficiale all'estero a Mosca, confermando il posizionamento geostrategico filorusso del Kyrgyzstan intrapreso sotto il suo predecessore Atambayev.

Il rafforzamento della cooperazione e della partnership strategica con Mosca implicherà probabilmente il mantenimento delle truppe russe nella base aerea di Kant (sotto mandato OTSC). Sarà interessante vedere se il nuovo presidente darà seguito a quell'indirizzo strategico espresso da Atambayev negli ultimi mesi del suo mandato presidenziale, ovvero di rivedere la presenza militare russo sul territorio, riorientando i previsti investimenti per la modernizzazione e l'interesse di Mosca non sulla base di Kant (nei pressi della capitale Biskhek) ma nel sud del paese (nella valle del Ferghana) per monitorare ed eventualmente opporsi ad incursioni ed attività terroristiche legate all'islamismo radicale armato. Da questa regione infatti - dove la componente etnica uzbeka è molto forte - si rileva che provenga gran parte dei centroasiatici che si sono arruolate nelle fila dello stato islamico per combattere nel territorio a cavallo tra Siria ed Iraq.

Oltre a rinsaldare le relazioni bilaterali tra le due nazioni, Jeenbekov cercava da Putin sostegno economico e diplomatico per ovviare agli effetti della crisi economica legata alle frizioni con il Kazakhstan, che si ripercuotono anche sul significato geopolitico e sul funzionamento complessivo dell'Unione euroasiatica.
Sin dall'indipendenza nel 1991 le relazioni tra Biskhek ed Astana sono sempre state ottime. Il Kazakhstan ha costantemente supportato il Kyrgyzstan nell'adozione di riforme economiche e nella modernizzazione: nel 2015 Nazarbayev ha supportato politicamente ed economicamente l'ingresso del Kyrgyzstan nell'Unione Economica Euroasiatica, concedendo un prestito di 100 milioni di dollari per supportare la stabilità finanziaria. Da quel momento però, periodicamente il Kazakhstan impedisce importazioni di prodotti alimentari kirghisi che non rispettino standard sanitari nazionali, specialmente latticini, e con i recenti problemi la lista è cresciuta.

Le tensione con il Kazakhstan si è acuita durante la campagna elettorale, con Atambayev che accusava il governo kazako di sostenere la candidatura di  Babanov (poi arrivato secondo). Da quel momento il Kazakhstan ha inasprito i controlli alla frontiera kazako-kirghisa di Ak-Zhol, rallentando il traffico delle merci e delle persone con conseguenti perdite economiche per gli esportatori kirghisi (stimate in 14 milioni di euro), legate al deterioramento dei prodotti deperibili come frutta e verdura.

Il Kazakhstan ha motivato questa decisione accusando il Kyrgyzstan di tollerare un incessante contrabbando di merci cinesi attraverso il suo territorio, sulle quali non gravavano le tariffe di importazione previste dall'Unione Economica Euroasiatica, con perdite stimate superiori ai 2,5 miliardi di dollari.

Mosca ha evitato di prendere apertamente posizione tra i due membri centroasiatici, ma evidentemente questo atteggiamento kirghiso - se provato - danneggerebbe fortemente la tenuta economica del progetto moscovita.
In effetti, l'importazione di prodotti cinesi e la loro commercializzazione oltre i confini nazionali è stata una delle fonti di guadagno più redditizie per i i commercianti kirghisi, che garantiva altresì occupazione e stabilità sociale, venuta meno con l'adesione alla UEE e all'imposizione di una tariffa d'importazione più elevata rispetto al passato. L'adesione alla UEE non è stata accompagnata da massicci investimenti per permettere una riconversione di natura economica ed offrire opportunità ai commercianti kirghisi. In compenso, uno dei vantaggi legati all'appartenenza allo spazio economico comune consiste nella possibilità offerta alle migliaia di lavoratori kirghisi emigrati per lavoro in Russia di beneficiare di una legislazione particolarmente vantaggiosa e protettiva, che non riguarda invece la forza lavoro tagika ed uzbeka impiegata in Russia, in quanto le loro nazioni non hanno aderito alla UEE.

Due giorni dopo il meeting con Putin, il presidente Jeenbekov ha partecipato al summit regionale sulla sicurezza tenutosi in Bielorussia, dove ha incontrato Nazarbayev gettando le basi per superare le tensioni che rischiano di rallentare quell'interessante processo di cooperazione regionale in atto.

Il Kazakhstan si è impegnato a ridurre i controlli alla frontiera ma allo stesso tempo le parti hanno convenuto di istituire una forma di controllo congiunto (con squadre di ispettori con personale kazako e kirghiso ed altre composte da ispettori provenienti dalle nazioni UEE) e di ispezione sulle merci e prodotti importati dalla Cina, sia al confine kazako-kirghiso ed eventualmente sul confine sino-kirghiso.

Il nuovo presidente kirghiso dovrà inoltre garantire continuità a quel proficuo rafforzamento delle relazioni con l'Uzbekistan, migliorate di recente grazie anche all'attivismo diplomatico del presidente uzbeko Mirziyoyev e che ha portato ad uno storico accordo sulla delimitazione di circa l'85% delle frontiere uzbeko-kirghise (1300 km), fonte di tensioni e irrigidimenti diplomatici nel corso di questi 26 anni di indipendenza. La sfida che attende Jeenbekov e Mirziyovev è di notevole portata, in quanto il restante 15% del territorio contiene le cinque enclaves etniche, per cui sarà necessario trovare una soluzione inerente il loro status politico, diritti, riconoscimento culturale e linguistico. Tra le quattro enclaves uzbeke dislocate nel Kyrgyzstan meridionale (nei distretti di Osh, Batken e Jalal-Abad) il caso più rappresentativo è quello di Sokh abitata da 50 mila persone, mentre il villaggio di Barak è un enclave etnica kirghisa in territorio uzbeko.

Durante il summit bilaterale tenutosi a Tashkent il 14 dicembre, Jeenbekov e Mirziyoyev hanno genericamente prospettato uno scenario futuro di collaborazione e di reciproca fiducia per comporre le questioni territoriali irrisolte: allo stesso tempo, l'impegno kirghiso per la realizzazione della ferrovia transregionale Cina-Kyrgyzstan-Uzbekistan diventerà essenziale anche per promuovere i collegamenti e il commercio tra le due nazioni centroasiatiche.

Anche se alcune questioni restano in sospeso, sono innegabili i progressi ed i passi in avanti nelle relazioni bilaterali, come ad esempio il formale accordo sulla riserva idrica di Kasan-sai che ha portato di recente anche a scontri armati tra le parti. Tale accordo prevede la proprietà kirghisa, la ripartizione dell'utilizzo della risorsa idrica (l'Uzbekistan dovrebbe usare il 92% dell'acqua, fondamentale per lo sviluppo del settore economico della produzione ed esportazione di cotone) e per la ripartizione dei costi di mantenimento a seconda dell'utilizzo dell'acqua.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Kyrgyzstan-e-politica-estera-le-sfide-dell-era-Jeenbekov-di-Fabio-Indeo-459-ITA.asp 2017-12-19 daily 0.5