L'Alto Karabakh tra potenze regionali ed interessi economico - politici (di Gianmarco Donolato)

Alla fine di settembre si è riacceso uno dei conflitti latenti che da decenni logora il Caucaso meridionale. Si tratta del conflitto tra Armenia e Azerbaigian nella regione del Nagorno-Karabakh, un territorio a maggioranza etnica armena che si autoproclamò indipendente da Baku all’inizio degli anni Novanta. La causa della riaccensione dello scontro non è ancora chiara, ma gli analisti ritengono che la relativamente poco florida situazione economica dell’Azerbaigian – dovuta in parte all’emergenza Covid-19 – abbia spinto le autorità ad utilizzare la questione del Karabakh come strumento politico. 

Gli scontri non sono una novità in questa regione del Caucaso: solo nel 2016, non più di quattro anni fa, si assistette ad una guerra di brevissima durata, appena quattro giorni, dopo la quale fu raggiunto un accordo per il cessate il fuoco. Nella situazione attuale, il conflitto rischia di dare il via ad effetti più duraturi a causa del possibile intervento delle altre potenze regionali, Turchia e Russia in particolare. Il sostegno manifesto che la Turchia ha assicurato all’Azerbaigian potrebbe suscitare reazioni pericolose da parte della Russia, per la quale una rottura dello status quo nel Caucaso non è una delle opzioni desiderabili. Inoltre, in quanto entrambe facenti parte della CSTO, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, Armenia e Russia sottostanno ad una clausola di mutua difesa: in caso una delle parti venisse attaccata militarmente, le altre parti aderenti all’Organizzazione dovrebbero intervenire in difesa ad essa – similmente a quanto previsto dalla NATO, di cui la Turchia è membro. È chiaro che il rischio di escalation su scala regionale e globale esiste e non va sottovalutato. 

La Russia è solitamente considerata essere più vicina diplomaticamente e politicamente all’Armenia, ma detiene parecchi interessi economici – e politici – anche in Azerbaigian. L’Armenia trova nella Russia il maggior partner commerciale, con quasi $2.000 miliardi di interscambio tra import ed export. Per l’Azerbaijan, l’interscambio raggiunge quasi i $2.500 miliardi, con una bilancia commerciale che vede Baku importare beni di consumo per circa $1.800 miliardi (dati aggiornati al 2018, fonte World Bank). Negli scorsi anni, Mosca ha venduto armi ad entrambe le parti, inclusi missili e caccia che vengono utilizzati nello scontro odierno. 
In questo conflitto una delle incognite più difficili da risolvere sarà la relazione che la Russia stabilirà con la Turchia. E allo stesso tempo, in che modo Azerbaigian e Armenia si interfacceranno con le due potenze regionali. Se da un lato Baku gode del pieno sostegno di Erdogan, slegare i rapporti con la Russia significherebbe assoggettarsi eccessivamente alla Turchia. Nonostante l’importante interscambio commerciale ed energetico con la Turchia, gli azeri non possono permettersi uno sbilanciamento sproporzionato verso una o l’altra potenza, in quanto significherebbe, tra l’altro, interrompere importanti afflussi di denaro provenienti dall’altra. 

Due grandi assenti nell’attuale scenario sono gli Stati Uniti e l’Iran, entrambi alle prese con questioni di politica interna ritenute più stringenti. I primi sono concentrati sulle elezioni presidenziali che si terranno a novembre, i secondi devono affrontare i numerosi e non trascurabili problemi causati dalla pandemia di Covid-19. 
Nel frattempo, l’UE sembra temporeggiare, senza trovare il modo per approcciarsi con prontezza alla questione. Gli interessi più diretti per gli Stati Membri riguardano la fornitura di gas azero, che Baku trasporterà principalmente attraverso il Corridoio Meridionale del Gas. Ciononostante, le politiche energetiche non sembrano influire molto sulla questione.

Per ora, la patata bollente è stata affidata dall’Europa del Gruppo di Minsk, in seno all’OSCE, e in particolare alla Francia, co-chair di questa struttura diplomatica tramite la quale è stato negoziato un cessate il fuoco il 17 ottobre scorso. Sembra che l’accordo sia già stato infranto più volte, dando deboli speranze riguardo ad una conclusione in tempi brevi degli scontri.

Non è facile interpretare le mosse delle potenze regionali riguardo a questo conflitto; come ricordato, esistono interessi economici non trascurabili: per l’UE riguardano soprattutto il settore energetico. Anche per la Turchia l’energia è un fattore importante, in questo contesto, non tanto per un discorso di approvvigionamento, quanto più per meccanismi legati al transito del gas. Ankara, infatti, anela a diventare un importante hub del gas nella regione. Tuttavia, Erdogan sembra essere più interessato al grado di influenza nel contesto regionale, piuttosto che ad effettive interconnessioni economiche. Anche la Russia, similmente, cerca di mantenere un alto grado di influenza nella regione e tenta di conservare il più possibile lo status quo, piuttosto che ragionare solamente in termini economici. La speranza è che le influenze provenienti dall’esterno possano portare ad un’interruzione degli scontri in tempi brevi, piuttosto che ad una pericolosa ulteriore escalation. 




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/L-Alto-Karabakh-tra-potenze-regionali-ed-interessi-economico-politici-di-Gianmarco-Donolato-862-ITA.asp 2020-11-02 daily 0.5