L’Iran e il dilemma della SCO dopo l’uscita degli USA dall’accordo nucleare (di Frank Maracchione)

La recente dichiarazione del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di voler revocare la partecipazione statunitense all'accordo nucleare internazionale con l’Iran, ha aperto una serie di scenari possibili rispetto alla collocazione geopolitica del paese. L’accordo, firmato dopo due anni di negoziati tra il paese ei cosiddetti 5+1 (membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU + Germania), prevede una riduzione progressiva delle sanzioni economiche imposte sull'Iran in cambio, tra le altre cose, della rinuncia del paese a sviluppare un programma nucleare per scopi militari.
Trump ha accusato il governo iraniano di aver infranto l’accordo e ha annunciato la possibilità di nuove sanzioni, di fatto ritirando la firma degli Stati Uniti dall'intesa. La decisione statunitense ha destato non poche critiche all'interno del gruppo di Stati che all'accordo aveva lavorato per due anni. In particolare, le potenze asiatiche dl gruppo, Russia e Cina, non certo estranee all'imposizione di sanzioni internazionali, avevano sostenuto con vigore l’accordo che riattribuiva all'Iran uno status di integrità internazionale.
Oltre che nelle loro relazioni bilaterali, i due Stati intrattengono con l’Iran una lunga storia di relazioni multilaterali all'interno della Shanghai Cooperation Organization. L’Iran è uno Stato osservatore della SCO dal 2005 e ha da tempo richiesto formalmente l’attribuzione dello status di membro effettivo, che tuttora non gli è stato accordato. Una delle ragioni principali del rifiuto degli Stati SCO è sempre stata proprio la presenza di un conflitto tra occidente ed Iran sullo sviluppo del nucleare.
Il supporto di Cina e Russia all'entrata dell’Iran come membro effettivo della SCO non è una notizia recente. La Russia, che in passato nutriva dubbi rispetto all'espansione verso il Medioriente, ha ritrattato già dal 2013 in seguito alla crisi ucraina che ha visto il paese eurasiatico ricollocare il proprio interesse geopolitico in Asia. La Cina, partner commerciale e politico di lunga data dell’Iran, ha aumentato la pressione per l'enlargement in concomitanza con il lancio dell’iniziativa One Belt One Road per la creazione di una nuova via della seta, commerciale e politica, da Oriente ad Occidente.
Già nel summit del 2013 a Bishkek, gli Stati membri della SCO avevano espresso la loro contrarietà alle sanzioni internazionali contro l’Iran. ‘La minaccia dell’uso della forza militare e le sanzioni unilaterali contro uno stato indipendente [Iran] sono inaccettabili’ recitava la dichiarazione finale SCO di Bishkek. Nel meeting del 2015 invece, secondo le dichiarazioni di Sergey Lavrov, Ministro degli Esteri della Federazione Russa, l’upgrade dello status dell’Iran nella SCO viene descritto come possibile, ma condizionale alla buona riuscita dell’accordo nucleare con le potenze internazionali. Nel giugno del 2017, a seguito dell’allargamento dell’organizzazione ad India e Pakistan e della firma dell’accordo internazionale sul nucleare in Iran, la strada dell’accesso sembrava spianata.
Gli interessi in ballo sono numerosi. Da una parte l’Iran, come afferma il PhD in politica estera dell’Iran Kaveh Afrasiabi, vede nella SCO uno strumento per perseguire il suo ‘nuovo regionalismo’, che vedrebbe proprio un rinnovato interesse politico ed economico nella regione asiatica. Dall'altra i benefici per le due maggiori potenze SCO sono evidenti. Da una parte la presenza dell’Iran nell'organizzazione garantirebbe la creazione di tutta una serie di nuove rotte commerciali dalla Russia al Asia del Sud e dalla Cina all'Occidente, oltre che aumentare di gran lunga la portata della potenza energetica della SCO. In secondo luogo, l’Iran potrebbe garantire un nuovo sbocco marittimo alternativo al porto pakistan di Gwadar, il cui utilizzo è complicato dalla litigiosità bilaterale tra India e Pakistan. Infine, Geopolitical Monitor a firma di Daniel Urchick, sottolinea l’impatto dell’entrata dell’Iran sulla cooperazione di sicurezza internazionale. L’esperienza delle forze speciali e paramilitari iraniane sarebbe un’aggiunta eccellente alla Regional Anti-Terrorism Structure della SCO.Gli esercizi militari multilaterali della SCO potrebbero anche contare sull'expertise iraniana dato dell’effettiva partecipazione a conflitti moderni, completamente mancante all’esercito cinese.
La dichiarazione di Trump e la ritirata degli Stati Uniti dall’accordo, benché ne abbiano modificato la portata, non hanno modificato le regole del gioco. Se Cina e Russia rendevano l’accesso condizionale ad un eventuale accordo, la firma di tutte le altre maggiori potenze internazionali è una prova della buona riuscita delle trattative, a prescindere dal cambiamento della volontà statunitense. Peraltro, come affermato dall’Ambasciatore iraniano a Mosca, Mehdi Sanaee, la politica estera iraniana è allineata con i principi di base della SCO: l’Iran non accetta il carattere unipolare delle relazioni internazionali ed è contraria all’interferenza delle potenze internazionali in conflitti regionali. Il gioco ora più che mai è nelle mani di Cina e Russia che dovranno prendere una decisione in merito e confrontarsi con gli altri Stati membri dell’organizzazione.