L’Ungheria in Kyrgyzstan: una nuova politica europea per l’Eurasia? (di Giannicola Saldutti)

L’Ungheria è approdata ufficialmente in Asia Centrale. L’occasione si è presentata tramite la sesta edizione del Forum dei Paesi di lingua e cultura turca (anche conosciuto all’estero come “Turkic Council”) ospitata dal Kyrgyzstan insieme ai tradizionali giochi olimpici dei popoli nomadi, per il primo anno aperta anche alla delegazione ufficiale ungherese in virtù degli antichi legami di natura linguistico-culturale che intercorrono tra il popolo magiaro ed il mondo turco delle steppe. Per effetto del meeting, infatti, avvenuto alle pendici della catena del Tian-Shan nella città-resort di Cholpon-Ata il 3 settembre, si è potuto registrare la prima visita ufficiale di un Primo Ministro ungherese in terra kirghisa. Viktor Orban ha, infatti, incontrato per la prima volta il Presidente kirghizo Soorombay Jeenbekov, firmando diversi accordi di partenariato tra i due Paesi concernenti turismo e partenariato economico. 

 Il Forum dei Paesi di lingua e cultura turca, istituito nel 2009, è stato pensato come una piattaforma volta a riunire intorno ad un tavolo tutti i Paesi accomunati da un passato contrassegnato dalla notevole influenza del mondo sia ottomano che turcomanno, al fine di corroborare gli scambi commerciali e culturali tra i Paesi partecipanti già aderenti alla TÜRKSOY, l’Organizzazione Internazionale per la Cultura Turca: Azerbaigian, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Uzbekistan, Turchia e, a partire da quest’anno, momentaneamente nel ruolo di osservatrice, anche l’Ungheria di Viktor Orban, presente a Bishkek in compagnia del Ministro degli Esteri Péter Szijjártó. I turchi “delle steppe”, con il loro stile di vita nomade e le loro scorribande, hanno influito in maniera decisiva non solo nella costruzione dell’identità nazionale dei popoli centroasiatici, ma anche su quella europea, come dimostrato dalla storia ungherese, concetto più volte richiamato dallo stesso Orban proprio in Kyrgyzstan: “gli ungheresi si considerano i diretti discendenti di Attila” ha affermato il Premier magiaro, “mentre l’ungherese è una lingua imparentata con quelle di origine turca”.

Nonostante un linguista possa trovare quanto meno poco approfondita quest’ultima affermazione (l’ungherese, infatti, pur appartenendo al gruppo uralo-altaico, è compresa nel al ramo delle lingue ugro-finniche), da un punto di vista strettamente politico le manovre di Budapest lasciano, ormai, poco spazio a qualsiasi dubbio: sempre più spesso in disaccordo con le istituzioni europee (specialmente sulle tematiche migratorie), lontana dal voler accettare la visione politica e le regole del gioco stilate a Bruxelles, l’Ungheria sta tentando sempre più di volgere il proprio sguardo ad Oriente, salvaguardando le proprie radici cristiane, ma tentando, al contempo, di rivalutare passato molto lontano dai principi e dagli stili di vista più comunemente definibili “occidentali”, ma molto più vicino a ciò che, spesso in maniera stereotipata, viene definito “asiatico”. 

La comparsa di Budapest nei radar geopolitici dell’Asia Centrale ne è la prova più lampante: nessun Paese membro dell’UE, infatti, aveva ancora preso parte ad una piattaforma di dialogo tra Stati dell’Asia Centrale ed, in altre parole, dello spazio post-sovietico. A tal proposito Orban ha chiaramente dichiarato in conferenza stampa che l’Ungheria “guarderà alle proprie radici culturali”. L’asse strategico mondiale si sta sempre più velocemente spostando verso est, l’Asia offre una serie innumerevole di possibilità per chi saprà sfruttare i nuovi paradigmi multipolari della politica internazionale: Orban non ha mai fatto mistero della sua forte fiducia in quest’assunto, dimostrando di non avere remore nello stringere profondi legami anche con i leader delle forze che si frappongono apertamente all’Unione Europea, come dimostrato dalla sua recente visita a Mosca subito successiva alle sanzioni ricevute dalla stessa UE. Il blocco cristiano formato dal Gruppo di Visegrád, l’intransigenza nel rifiutare qualsiasi politica di ricollocazione dei migranti, l’intesa con i leader sovranisti di tutta Europa (su tutti, Le Pen e Salvini), il legame stretto con la Russia di Putin, nonostante il sanguinoso passato abbia spesso contribuito ad allontanare Mosca e Budapest…seppur con un peso specifico ridotto, l’Ungheria si propone per recitare il ruolo di “alternativa” nel mosaico europeo, nonostante Bruxelles tema questa “variabile impazzita” rappresentata dalla singolare geopolitica “personale” di Orban e della sua squadra. 

Da Erdoğan ad Aliev, passando per Mirziyoyev e Nazarbaev. Alla lista di “amicizie” del Premier ungherese, infatti, stanno per essere aggiunti nomi e toponimi di certo poco graditi alla classe dirigente europea, considerando la classica visione, a tratti molto miope e parziale, che quest’ultima ha dell’Asia Centrale e dello spazio post-sovietico in generale: una regione ingabbiata geograficamente e politicamente nel suo “rosso” passato, incarnazione di quel mondo autocratico e monolitico che tanto spaventa l’Occidente da tempo immemore. Il Ministro degli Esteri Szijjártó ha annunciato che l’Ungheria ha ufficialmente ottenuto lo status di “Paese osservatore” nella International Turkic Academy, l’ente che regola le collaborazioni scientifiche e culturali tra i Paesi precedentemente menzionati. Mentre Orban, successivamente all’incontro con il Presidente kirghizo, ha annunciato l’istituzione di un fondo di 65 milioni di dollari per incentivare la presenza di imprenditori magiari nel Kyrgyzstan. Da segnalare, poi, l’incontro bilaterale magiaro-kazako avvenuto in aprile ad Astana, dove Orban, a colloquio con il suo omologo Karim Massimov, ha gettato le basi per una più profonda collaborazione nel settore energetico con il Kazakhstan, il Paese più performante della regione in termini di attrazione di investimenti e capitali stranieri. 

Tuttavia, le intenzioni ungheresi e quelle dei popoli centroasiatici vanno valutate sempre non perdendo di vista i suoi limitati margini di manovra, mentre i segnali lanciati dalla politica internazionale devono essere sempre suffragati da un significativo dato economico: da un punto di vista strettamente pratico, infatti, va rilevato come l’effettivo volume d’affari generato dagli scambi tra l’Ungheria e gli “Stan Countries” abbia, al momento, numeri insignificanti. La prossimità geografica, la cultura e la storia legano, infatti, l’Ungheria ad una nota dipendenza nei confronti dei Paesi europei che, al momento, coprono circa l’80% dell’import-export magiaro.
Lo sanno bene anche in Kyrgyzstan, dove diversi operatori del settore non si sono fatti troppo illusioni etichettando le attenzioni di Budapest come profondamente spinte da motivi unicamente simbolici e culturali. Le prospettive economiche tra i due Paesi hanno margini molto limitati, nonostante Jeenbekov abbia annunciato la nascita di una linea di credito preferenziale ugro-kirghiza per incentivare l’economia di Bishkek.

I capitali saranno trasferiti tramite il già esistente fondo di sviluppo russo-kirghizo. In barba allo scetticismo di chi pone la sola economia al centro di qualsiasi fenomeno globale, però, il discorso economico emendato dal suo risvolto culturale non può e non deve oscurare dalla vista degli analisti quella tendenza che è, in parte, già realtà: l’Unione Europea vede, al suo interno, il sorgere repentino di correnti e movimenti politici che si rifiutano di guardare alla politica internazionale con la vecchia ed obsoleta lente della Guerra Fredda, nonché sempre più sensibili alle richieste di quel mondo multipolare volto inevitabilmente verso l’Eurasia, regione strategica di un continente rappresentante il futuro del Pianeta in quanto a risorse, mano d’opera e flussi di capitali. Potrebbe essere giunta l’ora, per Bruxelles, di pensare una vera e propria strategia politica inclusiva e non pregiudizievole da attuare nei confronti dei Paesi centroasiatici. 




CONSORZIO IEA utilizza cookies tecnici e di profilazione e consente l'uso di cookies a "terze parti" che permettono di inviarti informazioni inerenti le tue preferenze.
Continuando a navigare accetti l’utilizzo dei cookies, se non desideri riceverli ti invitiamo a non navigare questo sito ulteriormente.

Scopri l'informativa e come negare il consenso. Chiudi
Chiudi
x
Utilizzo dei COOKIES
Nessun dato personale degli utenti viene di proposito acquisito dal sito. Non viene fatto uso di cookies per la trasmissione di informazioni di carattere personale, né sono utilizzati cookies persistenti di alcun tipo, ovvero sistemi per il tracciamento degli utenti. L'uso di cookies di sessione (che non vengono memorizzati in modo persistente sul computer dell'utente e scompaiono, lato client, con la chiusura del browser di navigazione) è strettamente limitato alla trasmissione di identificativi di sessione (costituiti da numeri casuali generati dal server) necessari per consentire l'esplorazione sicura ed efficiente del sito, evitando il ricorso ad altre tecniche informatiche potenzialmente pregiudizievoli per la riservatezza della navigazione degli utenti, e non consente l'acquisizione di dati personali identificativi dell'utente.
L'utilizzo di cookies permanenti è strettamente limitato all'acquisizione di dati statistici relativi all'accesso al sito e/o per mantenere le preferenze dell’utente (lingua, layout, etc.). L'eventuale disabilitazione dei cookies sulla postazione utente non influenza l'interazione con il sito.
Per saperne di più accedi alla pagina dedicata

Individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei cookie.
Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

Consulta il testo del provvedimento
http://www.eu/ita/archivio/LUngheria-in-Kyrgyzstan-una-nuova-politica-europea-per-lEurasia--di-Giannicola-Saldutti-561-ITA.asp 2018-09-28 daily 0.5