La Repubblica dell’Artsakh: un conflitto senza fine? (Lucia Bortolotti)

La Repubblica dell’Artsakh, conosciuta anche come Nagorno-Karabakh (o Karabakh montuoso), è un piccolo stato indipendente non riconosciuto al confine tra Armenia, Azerbaijan ed Iran. Questo territorio ha una storia antichissima, fortemente legata a quella armena anche anticamente era abitato prevalentemente dalla popolazione caucasica degli Albani; nel XVII secolo, durante la cosiddetta “età dei Melik”, la regione era controllata direttamente dai principi armeni, sotto vassallaggio dell’impero persiano, per poi entrare a far parte dell’impero russo nei primi anni del XIX secolo. 

La fine della prima Guerra mondiale, nel 1918, corrispose anche nel Caucaso alla stipula di una serie di trattati di pace che prevedevano la definizione di nuovi confini e la spartizione dei territori senza tenere conto della distribuzione etnica delle diverse popolazioni. Per questo motivo, il Karabakh divenne sede di scontri tra Armeni e Azeti (allora chiamati Tatari) che si contendevano il possesso dei territori di confine. Nel 1921 venne stipulato il trattato di Kars, il quale definiva i confini tra Armenia, Azerbaijan e Georgia ed è tuttora valido. Inoltre, sempre in quel periodo, la cosiddetta Transcaucasia venne annessa dall’URSS, risollevando il problema della determinazione dello status dei territori contesi. Per via della politica sovietica del divide et impera, il Nagorno-Karabakh divenne una regione (oblast’) dell’Azerbaijan, nonostante le proteste da parte della popolazione del luogo che era in maggioranza etnicamente armena. 

Gli armeni ricominciarono a far sentire la propria voce, protestando e richiedendo l’annessone del Karabakh, subito dopo l’inizio del periodo della perestroika (che coincise anche con un relativo aumento della libertà di espressione), con una conseguente intensificazione dei conflitti interetnici. Dopo la caduta dell’URSS, nel 1991 il Nagorno-Karabakh, appellandosi al diritto di secessione contenuto nella legislazione sovietica, dichiarò la propria indipendenza dall’Azerbaijan. Questo atto è considerato come il vero e proprio inizio della “Guerra del Karabakh”, sedatasi nel 1994 con la vittoria delle truppe armene, un cessate il fuoco e l’inizio di un lungo processo, ancora in corso, di mediazione per la risoluzione del conflitto con un trattato di pace. A capo di questo negoziato vi è il “Gruppo di Minsk”, una struttura di lavoro nata nel 1992 dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e gestito in co-presidenza da Stati Uniti, Francia e Russia. Tuttavia, nonostante la tregua, nel corso degli anni non si sono attenuati gli scontri e le rappresaglie, soprattutto nelle zone di confine (come quella di Martakert), con numerosi morti e feriti da entrambe le parti del conflitto. Uno dei momenti di tensione maggiore è stato la cosiddetta “Guerra dei quattro giorni”, uno scontro molto intenso che si è verificato tra il 2 ed il 5 aprile del 2016 in seguito ad un attacco notturno azero e che si è concluso con un cessate il fuoco mediato dalla Russia.

L’indipendenza della Repubblica dell’Artsakh non è ufficialmente riconosciuta da nessuno stato  (nemmeno dall’Armenia); anche per questo motivo, nessun rappresentante del paese può prendere parte ai negoziati del Gruppo di Minsk. Tuttavia, il paese è de facto indipendente e in quanto tale possiede molti dei requisiti necessari per esserlo anche livello di leggi internazionali: organi di governo, ministri, un corpo militare ed uno di polizia, ecc. 

Per quanto riguarda i rapporti del paese con l’Armenia, quest’ultima rappresenta l’Artsakh a livello internazionale in tutto e per tutto, proprio a causa del fatto che, non essendo riconosciuto, questo paese non può direttamente stringere accordi commerciali o partecipare a trattati internazionali con altri stati. A livello sub-statale, invece, la Repubblica è stata riconosciuta da alcuni stati federati americani (probabilmente in virtù della forte presenza armena negli USA) e da altre realtà statali che si trovano nella medesima situazione di non riconoscimento, come ad esempio l’Abkhazia, l’Ossezia e la Transnistria, conosciute anche come “Commonwealth of non-recognized states” e che hanno sviluppato diversi legami. Ad esempio, quest’anno l’Artsakh ha ospitato un torneo di calcio organizzato dal CONIFA (Confederation of Independent Football Associations), un organismo internazionale per le associazioni calcistiche non affiliate alla FIFA.

La posizione politica ufficiale dell’Azerbaijan rispetto all’Artsakh è, ovviamente, molto rigida. Baku si limita in effetti a promettere al Karabak una forma di autonoma, ma all’interno dei propri confini nazionali. L’Armenia, invece, propone l’organizzazione di un referendum a livello locale per prendere una decisione riguardo allo status di indipendenza o meno. Il nuovo primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha inoltre suggerito di includere le autorità dell’Artsakh nel processo di negoziazione, ma la proposta è stata rifiutata dall’Azerbaijan. Quest’ultimo, inoltre, ha ottime relazioni economiche e politiche con la Turchia (che non ha ancora riconosciuto il genocidio armeno), e sia Armenia che Artsakh sono sottoposti ad un pesante embargo da parte di questi due paesi, che crea gravi limitazioni allo sviluppo economico di queste aree. 

La Russia si è sempre posta come intermediario tra le parti, nonostante sia da una parte storicamente e strategicamente molto legata all’Armenia, mentre dall’altra abbia sviluppato interessi economici rispetto all’Azerbaijan, che è il paese più importante della regione; al contempo, entrambe le parti in conflitto hanno sviluppato dei solidi rapporti bilaterali con Mosca a prescindere dal conflitto del Karabakh. 

In ogni caso, nessuna delle parti ha ancora dimostrato di voler raggiungere un compromesso. L’Azerbaijan, in particolare, attraverso i media ufficiali ed il discorso pubblico promuove messaggi di istigazione all’odio nei confronti dell’Armenia e della popolazione armena in generale. La delicatezza della questione e l’importanza, per diversi motivi, dell’area del Karabakh rende inoltre impossibile per i mediatori accelerare le dinamiche di risoluzione del conflitto. Per questo motivo, attualmente gli obiettivi del Gruppo di Minsk sono quelli di minimizzare gli incidenti militari e di monitorare in maniera il più possibile efficace la linea di contatto lungo il confine, in modo da facilitare lo sviluppo delle negoziazioni.

L’Artsakh oggi è un paese che cerca di svilupparsi. Le strade della capitale, Stepanakert, si stanno lentamente riempendo di nuovi negozi e locali, mentre la sera sono popolate da centinaia di persone che passeggiano dirigendosi verso la piazza centrale. Nonostante buona parte della popolazione, stando ai report ufficiali, sia molto poco ottimista rispetto alle sorti del conflitto, si avverte un forte desiderio di “andare avanti”, che parte dalla gente comune ed arriva sino alle sfere più alte del governo. Innovarsi, crescere e farsi conoscere a livello internazionale sono tra gli obbiettivi principali del governo; il turismo rientra sicuramente nelle sue aree prioritarie e nel 2019 si sono registrati numeri molto elevati di visitatori provenienti dall’estero, anche grazie all’organizzazione di eventi di una certa risonanza internazionale come CONIFA, i Pan-Armenian Games (una sorta di “olimpiadi” per armeni provenienti da tutto il mondo) e i festival del vino.

Il panorama economico, in ogni caso, continua ad essere piuttosto delicato. L’Artsakh, oltre ad a avere una elevatissima percentuale di disoccupazione e un altrettanto alto numero di espatriati, risente del fatto di essere sul piano commerciale totalmente dipendente dall'Armenia, la quale a sua volta si appoggia alla Russia. Anche a livello regionale la situazione non si può dire totalmente stabile: se da una parte la sicurezza economica azera, fortemente legata alle risorse petrolifere, rimane in mano ad una ristretta cerchia elitaria, dall'altra il grande benefit psicologico legato alla "piccola" vittoria in Karabakh non può far dimenticare all'Armenia la situazione di crisi economica nella quale si ritrova (e che sembra non migliorare nonostante il programma di "rivoluzione economica" di Pashinyan). 

In una prospettiva futura, la soluzione a questo "stallo" sia politico che economico potrebbe essere la definizione di una base di dialogo che parta dallo sviluppo di una rete di collaborazione regionale in primis a tema economico, con il coinvolgimento dei principali attori “esterni” del Caucaso meridionale (come la Russia, l’Unione Europea con il suo progetto di vicinato, l’OSCE). Considerata la rigidità di dialogo tra le parti, tuttavia, un risultato di tale portata pare essere ancora un m




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/La-Repubblica-dellArtsakh-un-conflitto-senza-fine--Lucia-Bortolotti-703-ITA.asp 2019-10-03 daily 0.5