La centralità del Tagikistan nei progetti sino-russi di sicurezza regionale (di Fabio Indeo)

Da gennaio di quest'anno, hanno cominciato a circolare con una certa insistenza una serie di voci inerenti un progetto cinese di costruire una base militare nella provincia afgana di Badakhshan, lungo il confine tagico-afgano. Un'iniziativa di questo tipo appare destinata ad influire sulle dinamiche geopolitiche in Asia centrale - soprattutto sulle relazioni tra Mosca e Pechino -, modificando l'architettura di sicurezza regionale a seguito del crescente dinamismo della Cina finalizzato ad estendere la propria influenza nell'ambito della cooperazione militare con le repubbliche post sovietiche.

In realtà, se da un lato le autorità cinesi hanno seccamente smentito questa indiscrezione, questa notizia ha trovato invece conferma da parte di personalità politiche di alto livello del governo di Kabul, le quali evidenziano la volontà cinese di costruire una base per le forze militari afgane, coprendo tutte le spese e fornendo armi ed equipaggiamento militare.

L'elemento che desta maggiore preoccupazione in Russia non riguarda la volontà cinese di rafforzare la cooperazione militare con l'Afghanistan, ma l'approfondimento della cooperazione militare con il Tagikistan sul piano bilaterale, che si rende necessaria in quanto corridoio di transito obbligato per mettere in collegamento il territorio cinese con quello afgano e permettere il transito di mezzi e veicoli militari. Infatti, la provincia afgana del Badakhshan confina con la Cina per soli 76 km  (corridoio di Wakhan), ma il valico risulta di difficile attraversamento con dei veicoli, dato il carattere montagnoso ed impervio, e questo spiega il potenziale transito attraverso il territorio tagico.

Il supporto cinese alla creazione di una base militare lungo il confine tagico-afgano - uno dei punti di maggiore vulnerabilità nell'architettura di sicurezza centroasiatica - troverebbe giustificazione e legittimazione nella prossimità geografica dell'area con la regione autonoma dello Xinjiang cinese e nella preoccupazione di Pechino di estirpare la percepita minaccia terrorista-separatista dei militanti uiguri e il rischio  di una saldatura tra le varie diaspore uigure presenti nelle repubbliche centroasiatiche.

In linea generale, la conformazione geografica del confine - gran parte del quale in alta montagna - rende difficile il monitoraggio e il controllo: ne consegue che il confine afgano-tagico costituisce il principale corridoio d'infiltrazione per terroristi armati e miliziani, che potrebbero poi dilagare nell'intera regione esponendo anche Russia e Cina ad una condizione di instabilità. Negli ultimi anni, le province afgane (Kunduz, Tahor e Badakshan) che confinano con il Tagikistan nelle province di Khatlon e Badakhshan sono state colpite da attacchi ed incursioni dei Taliban, ai quali si aggiunge la minaccia dei foreign fighters tagichi legati allo stato islamico: secondo le autorità di Dushanbe dovrebbero essere 400, tra le quali vi erano figure di peso come il Colonnello Gulmurod Khalimov, ex comandante delle forze speciali tagiche, poi diventato ministro della guerra nelle fila di Daesh prima di venire eliminato da un raid aereo americano in Siria. Le pesanti sconfitte riportate nel territorio occupato tra Siria ed Iraq potrebbero portare ad un ripiegamento e riposizionamento dei combattenti IS con l'apertura di nuovi fronti, ad esempio in Asia centrale (precedentemente inclusa all'interno di un ampia provincia - velayat - dello stato islamico sotto il nome di Khurasan).

La stabilità e la sicurezza dell'Afghanistan sono obiettivi importanti per la Cina, in quanto da esse dipende anche la sicurezza regionale, che spiegano il coinvolgimento per rafforzare le difese di questa nazione dilaniata dalla guerra. In aggiunta alla necessità di tutelare gli ingenti investimenti cinesi (miniera di rame di Aynak), l'Afghanistan diventerà un importante crocevia geografico all'interno del corridoio geo-economico della Belt and Road Initiative, sia sulla direttrice est-ovest come tassello del corridoio di transito centroasiatico, ma anche in quella nord-sud, ovvero con il coinvolgimento nel Corridoio Economico Cina Pakistan (dal porto di Gwadar allo Xinjiang) sul quale la Cina ha investito oltre 60 miliardi di dollari.

Nella cooperazione militare sino-afgana, il Tagikistan risulta una componente importante ma questo partenariato è destinato a creare delle inevitabili frizioni con la Russia, che dal 1991 si pone come il garante della sicurezza nazionale tagica, attraverso una solida cooperazione militare bilaterale e con l'inclusione di Dushanbe all'interno dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. Il tradizionale ruolo di Mosca come partner privilegiato in ambito securitario si esplica con la presenza in territorio tagico della più grande base militare russa all'estero, che ospita i 7mila uomini della la 201 divisione motorizzata: nel 2012 la concessione della base è stata rinnovata per trent'anni e la Russia si è impegnata a fornire attrezzature militari ed investimenti nell'ambito della sicurezza per 200 milioni di dollari.

Mosca condivide con Pechino le preoccupazioni sulla stabilità del confine tagico-afgano e spinge per il rafforzamento della cooperazione per evitare minacce alla sicurezza, dichiarando la disponibilità a dispiegare nuovamente le truppe russe per pattugliare e controllare il confine (come era sino al 2004) anche se il presidente tagico Rahmon si è sempre opposto.

Sul piano multilaterale, annualmente il Tagikistan viene abitualmente coinvolto nelle esercitazioni militari congiunte antiterrorismo con la Russia e gli altri membri OTSC.  Tuttavia, la combinazione tra esigenze di diversificare e rafforzare la propria condizione di sicurezza di fronte alle crescenti minacce che gravano sulla stabilità del paese, hanno spinto il presidente Rahmon a cercare soluzioni alternative, e la Cina - fortemente interessata alla sicurezza nell'area - si profilava come nuovo partner nella cooperazione militare.

Nell'ottobre 2016, Tagikistan e Cina hanno svolto le loro prime esercitazioni militari bilaterali, che sono state la diretta conseguenza meccanismo quadrilaterale di cooperazione e coordinamento per combattere il terrorismo inaugurato agli inizi dello stesso anno tra Cina, Tagikistan, Pakistan ed Afghanistan.

Questo meccanismo si profila come una nuova organizzazione multilaterale nella lotta contro il terrorismo con sostanzialmente - per la prima volta - esclude la Russia da un iniziativa regionale di cooperazione nella sfera della sicurezza. Inoltre, la Cina ha progressivamente aumentato gli investimenti sul settore della sicurezza tagico, impegnandosi a costure 11 postazioni di controllo sul confine e un centro d'addestramento.

È interessante sottolineare come la creazione di una base militare cinese sul confine tagico-afgano permetta a Pechino di ovviare all'impossibilità logistica di creare installazioni militari nello spazio post sovietico, poiché Tagikistan, Kazakhstan e  Kirghizistan (in quanto membri OTSC) non possono ospitare basi straniere nel loro territorio, analogamente al Turkmenistan e all'Uzbekistan, che hanno adottato delle dottrine in politica estera che escludono il dispiegamento di basi militari straniere nell proprio territorio.

Per la Russia l'attivismo cinese rappresenta una sfida aperta al suo ruolo di tradizionale garante della sicurezza, con Pechino che si sottrae a quella radicata suddivisione dei poteri intrapresa in Asia centrale, con la Russia impegnata sulla sfera della sicurezza e la Cina sul piano dell'integrazione economica.

Con l'obiettivo di fronteggiare la crescente influenza cinese, la Russia ha promesso di investire 1200 milioni di dollari (di fronte agli iniziali 200) per potenziare le forze armate tagiche e ha richiesto la concessione in affitto della base aerea di Ayni, tassello fondamentale (assieme alla base kirghisa di Kant) nell'implementazione di un sistema integrato di difesa aerea regionale.

Alla base di questa contesa sino-russa per influenzare il Tagikistan vi sono anche considerazioni di natura prettamente geopolitica, in quanto Dushanbe appare candidata (riluttante) ad aderire all'Unione Economica Euroasiatica: considerando che il Tagikistan è l'unica nazione centroasiatica confinante con la Cina a non aver aderito al progetto russo, una sua inclusione limiterebbe notevolmente le possibilità di manovra e di penetrazione economica e di influenza di Pechino in Asia centrale, in quanto la Cina confinerebbe con l'Unione Euroasiatica.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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