La complicata partnership energetica tra Turkmenistan ed Iran (di Fabio Indeo)

La decisione del governo turkmeno di sospendere le esportazioni di gas naturale verso l'Iran evidenzia le difficoltà di Ashgabat di perseguire con successo una coerente strategia di diversificazione delle rotte di esportazione energetica.

Dopo diversi negoziati il 31 dicembre 2016 Turkmenistan ed Iran sembravano aver raggiunto un intesa, rinnovando per altri cinque anni l'accordo che prevede l'esportazione di crescenti volumi di gas naturale turkmeno verso le province nord-orientali iraniane: ciononostante, il 2 gennaio 2017 i media iraniani hanno diffuso la notizia che la compagnia energetica nazionale turkmena Turkmengaz aveva di fatto interrotto gli approvvigionamenti, creando notevoli inconvenienti alla popolazione privandola della possibilità di usufruire dell'energia necessaria per riscaldare le abitazioni durante l'inverno.

Le ragioni di questa sospensione delle forniture sembrano riconducibili a questioni di natura economica: il Turkmenistan reclama infatti il pagamento di circa due miliardi di debiti accumulati dall'Iran nel corso degli anni e relativi all'aumento delle tariffe del gas praticato da Ashgabat nel biennio 2007-2008 in concomitanza di un inverno particolarmente freddo.

Anche in passato si sono registrate tensioni e sospensioni delle forniture nelle relazioni energetiche tra Ashgabat e Teheran, con una durata temporale limitata e che sono poi state superate da reciproche intese: tuttavia, questa recente decisione del governo turkmeno si  colloca in un momento particolare per la nazione centroasiatica, che privandosi della rotta d'esportazione verso i mercati iraniani si trova di fatto totalmente dipendente dalle esportazioni  verso la Cina, in attesa della realizzazione dei diversi progetti prospettati nel corso degli anni. 

Sin dai primi anni di indipendenza nazionale, il corridoio d'esportazione sudoccidentale verso l'Iran costituiva una valida alternativa per attenuare il monopolio russo sulle esportazioni di gas naturale turkmeno. Nel 1997 venne realizzato il gasdotto Korpeje-Kurt Kuy con l’Iran, che all'epoca rappresentava il primo tassello della strategia di diversificazione delle esportazioni: tuttavia, nonostante una capacità nominale di 12 miliardi di metri cubi (Gmc), questo gasdotto trasportava circa 6 Gmc all’anno estratti dai giacimenti di gas presenti nella parte occidentale della nazione, geograficamente prossimi al confine con l'Iran.

Il gasdotto Korpeje-Kurt Kuy venne anche ribattezzato gasdotto dell'amicizia e di fatto sanciva le buone relazioni esistenti tra le due nazioni confinanti. L'Iran fu tra i primi paesi a riconoscere l’indipendenza turkmena, ed oltre a tradizionali legami storici le due nazioni si affacciano sul bacino del Caspio e condividono 1500 km di frontiera terrestre: considerato che la capitale Asghabat dista soli 28 km dalla frontiera con Iran, dove vivono tra 1 e 1,5 milioni di turkmeni, l'allora presidente Niyazov non poteva permettersi di avere relazioni tese con il vicino.

Per una nazione "landlocked" come il Turkmenistan, ovvero senza sbocchi diretti sulle rotte marittime internazionali del commercio, la posizione geografica dell'Iran - confinante con il Turkmenistan e con uno sbocco sul Golfo Persico - ha sempre svolto un funzione attrattiva per la politica estera di Ashgabat.
La cooperazione energetica con l'Iran era dettata dalla necessità di trovare delle rotte d'esportazione alternative al transito attraverso la Russia, in quanto con la dissoluzione dell'URSS la produzione turkmena di gas si poneva in competizione con quella russa. A seguito del rifiuto di Niyazov di accettare l'aumento delle tariffe imposte da Mosca, nel 1997 la Russia decise di sospendere il transito del gas turkmeno attraverso il proprio gasdotto Asia Centrale-Centro realizzato durante l'epoca sovietica: a tutela della propria sovranità ed indipendenza Ashgabat rifiutava di piegarsi alla logica geo-energetica imposta da Mosca, che intendeva orientare le esportazioni turkmene nei mercati della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) - dove tuttavia la domanda di energia si era notevolmente ridotta a causa del crollo della produzione industriale post-sovietica e per la frequente insolvenza di quei mercati - lasciando a Gazprom i più redditizi mercati della Turchia e dell’Unione Europea,

Il risultato di questa strategia - data la scarsa solvibilità dei mercati della CSI - fu il crollo della produzione gasifera turkmena - da 100 Gmc del 1992 a soli 12 Gmc del 1998 - delle esportazioni e dei proventi economici ad essa correlati.

Nel 2006 le parti si accordarono per incrementare le esportazioni da 5,8 Gmc a 8 Gmc all'anno. Nel 2010 venne inaugurato un nuovo gasdotto turkmeno-iraniano -  Dauletabad-Sarakhs-Khangiran - con una capacità di 12 Gmc stavolta alimentato dal gas estratto dal giacimento di Dauletabad, nel Turkmenistan sud-orientale. Il giacimento di Dauletabad - scoperto dai sovietici negli anni sessanta e in produzione dal 1982 - era tradizionalmente utilizzato per alimentare il gasdotto Asia Centrale-Centro controllato dalla Russia, partner energetico che a partire dal 2009 ha progressivamente perduto la sua rilevanza e verso il quale le esportazioni sono state drasticamente ridotte, in coincidenza dell'avvio del gasdotto sino-turkmeno e della nuova partnership energetica con la Cina che di fatto ha spezzato il semi-monopolio di Gazprom sulle esportazioni turkmene. Questa rinnovata cooperazione energetica con l'Iran permetteva al Turkmenistan di continuare a commercializzare la produzione di Dauletabad sopperendo parzialmente alle mancate esportazioni verso Mosca.

Con questo nuovo gasdotto, il corridoio d'esportazione verso l'Iran potenzialmente disporrebbe di una capacità nominale di trasporto pari a 24 Gmc anche se risulta largamente inutilizzato: basti pensare che nel 2015 solo 7,2 Gmc di gas turkmeno sono stati esportati lungo questa rotta.

In realtà, il vero problema iraniano è legato alla mancanza di infrastrutture interne di trasporto e al precedente regime di sanzioni che hanno congelato gli investimenti internazionali rallentando i progetti di sviluppo e commercializzazione dei giacimenti gasiferi esistenti: infatti l'Iran dispone di un potenziale energetico enorme essendo la prima nazione al mondo per riserve di gas naturale convenzionale (34 mila miliardi di metri cubi secondo il report annuale della British Petroleum). Ciononostante, l'intera produzione interna - 192 Gmc nel 2015 - è interamente destinata a soddisfare la domanda interna: inoltre, la mancanza di una rete domestica di gasdotti che connetta i ricchi giacimenti del sud con le province settentrionali densamente popolate impedisce a Teheran di rafforzare la propria sicurezza energetica eliminando le importazioni dal Turkmenistan, che appaiono necessarie. Secondo il ministro del petrolio nei prossimi anni l'Iran potrà fare a meno del gas naturale turkmeno aumentando la produzione nazionale, quando verrà completato lo sviluppo del giacimento gigante di South Pars che dovrebbe incrementare di 90-100 Gmc all'anno la produzione interna. D'altro canto però occorre considerare come il gas turkmeno resti l'opzione più economica e geograficamente più accessibile, ovvero è più semplice e meno costoso importare gas dal vicino attraverso le infrastrutture esistenti piuttosto che realizzarne di nuove che attraversino il paese.

L'incremento della capacità produttiva rafforzerebbe la posizione iraniana come paese esportatore: secondo le previsioni della National Iranian Gas Company (NIGC) nel 2021 l'Iran potrebbe esportare 80 Gmc di gas naturale all'anno, 30 Gmc dei quali destinati ai mercati europei. 

Questa prospettiva evidenzia chiaramente come l'Iran sia – in termini energetici - un pericoloso rivale per il Turkmenistan, in quanto si contenderebbero gli stessi mercati.

A maggio 2015, quando venne siglata la Dichiarazione di Ashgabat tra Turkmenistan, Unione Europea, Azerbaigian e Turchia - che sanciva il coinvolgimento della repubblica centroasiatica nel Corridoio Energetico Meridionale - il vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per l'unione energetica Sefcovic preconizzava il transito del gas turkmeno in Iran come un alternativa realistica al gasdotto sottomarino transcaspico tradizionalmente osteggiato dalla Russia. Tuttavia, questa opzione perderebbe fondamento e fattibilità se l'Iran cominciasse ad esportare il proprio gas naturale verso i mercati europei, al fine di non agevolare un supplier rivale.

Allo stesso tempo, la rotta d'esportazione meridionale fondata sul gasdotto Iran-Pakistan-India (IPI) - precedentemente osteggiato dagli Stati Uniti ma ora realisticamente fattibile essendo congelate le sanzioni - rappresenta un altra seria minaccia ai progetti di diversificazione energetica turkmena, in quanto depotenzierebbe il valore geopolitico del progetto di gasdotto TAPI. Infatti, i due progetti si contendono gli stessi mercati - India e Pakistan – ma sul gasdotto TAPI gravano pesanti incognite sulla sua effettiva fattibilità,  in relazione alla sicurezza degli approvvigionamenti per l'instabilità delle aree attraversate (Afghanistan occidentale e Belucistan). Ad osteggiare il progetto TAPI avrebbe interesse anche la Cina, partner energetico dell'Iran nello sviluppo di South Pars, che manterrebbe cosi il controllo sulle esportazioni turkmene evitando che vadano ad alimentare corridoi di esportazione non controllati da Pechino.

In definitiva, questa decisione del governo turkmeno di sospendere le esportazioni di gas verso l'Iran appare una mossa azzardata, poiché vanifica la strategia di diversificazione delle rotte d'esportazione volta anche ad attenuare il ruolo preponderante di Pechino in ambito energetico, anche se motivata dalla crisi economica interna legata alla scarsa disponibilità di capitali necessari per pagare le importazioni. In attesa di osservare se il governo turkmeno intenda confermare questa decisione nel lungo periodo, la cooperazione tra queste due nazioni confinanti è destinata a proseguire soprattutto in ambito commerciale ed infrastrutturale: nel 2014 è stata inaugurata la linea ferroviaria che unisce Kazakhstan ed Iran attraversando il Turkmenistan, implementando un asse geo-economico nord-sud – che mette in collegamento l'area del Caspio con il Golfo Persico – strategicamente importante per il Turkmenistan come potenziale sbocco per la produzione nazionale (in primis cotone) sui mercati internazionali.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

Consulta il testo del provvedimento
http://www.eu/ita/archivio/La-complicata-partnership-energetica-tra-Turkmenistan-ed-Iran-di-Fabio-Indeo-328-ITA.asp 2017-01-30 daily 0.5