La crisi tra Mosca e Tbilisi nell'attuale scacchiere internazionale (di Matteo Da Ros)

Con l’avvento del 2021, ancora in piena crisi pandemica, nuove sfide si sono aperte per entrambi i Paesi, creando dei presupposti che preoccupano in quanto potrebbero portare ad una ripresa della tensione non solo in Georgia, ma nell’intera area del Caucaso del Sud.

Con i nuovi sviluppi avvenuti nei primi mesi di quest’anno, si fa sempre più strada l’idea di una nuova Guerra Fredda. La nuova amministrazione USA, paese che ha supportato la Georgia fin dalla sua indipendenza, non ci è andata piano con la Russia, rivolgendo accuse pesanti al Presidente Vladimir Putin, definendolo un assassino e infiammando una situazione già delicata durante la presidenza Trump. 

La Georgia è sempre stata vista sia dagli USA che dall’Unione Europea come un baluardo di democrazia in una regione dove le libertà politiche sono limitate. La Russia, al contrario, ha sempre pensato alla Georgia come il proprio cortile di casa, un’area sulla quale ha il diritto di imporre la sua influenza. 

A fine 2020 Mosca ha ottenuto un grande successo mediando la fine del conflitto riaccesosi nel Nagorno-Karabakh, aumentando la sua già notevole influenza in tutta la regione caucasica del sud, condivisa in parte anche con la Turchia. Proprio il particolare rapporto di amore e odio fra Russia e Turchia degli ultimi anni ha fatto sorgere preoccupazioni all’interno della Nato. Da anni, infatti, la Nato cerca di accogliere la richiesta della Georgia di entrare a farne parte, anche se con grande opposizione dal lato russo, allarmato dalla possibilità di avere altri paesi allineati agli Stati Uniti lungo i suoi confini.

Innegabile è il fatto che il desiderio dei georgiani di entrare a far parte dell’Europa e di mantenere i rapporti con gli Stati Uniti stia logorando i sottili legami che avevano ripreso ad esistere con la Russia dopo la fine del governo Saakashvili nel 2012. L’ondata di proteste che ha investito la Georgia nel giugno 2019 in occasione dell’Assemblea Interparlamentare sull’Ortodossia e  del discorso pronunciato in quell’occasione dal deputato russo Sergey Gavrilov dalla sedia di speaker del parlamento georgiano, non faceva presagire nulla di buono per i rapporti tra i due Stati.

Ciononostante, le ultime elezioni parlamentari georgiane dell’ottobre 2020 hanno visto, per la terza volta consecutiva, la vittoria del partito Sogno Georgiano che da un lato condanna la Russia per il suo sostegno alle regioni separatiste di Ossetia Meridionale e Abkhazia, ma dall’altro prova a ricercare un dialogo con essa. Una vittoria ottenuta nonostante la diminuzione della popolarità di questo partito a causa dall’incompetenza dello stesso nell’affrontare i problemi economici, la crescente corruzione e il nepotismo. Inoltre, la decisione di disperdere le proteste del giugno 2019 con la forza non ha sicuramente giovato all’immagine del partito.

Tuttavia, la buona gestione della pandemia e la mancanza di valide alternative, hanno fatto si che Sogno Georgiano fosse riconfermato al governo, evitando alternative più radicali che avrebbero potuto compromettere ancora di più la situazione con il Cremlino.

Ad oggi, la situazione politica georgiana resta praticamente invariata, anche se le ultime elezioni parlamentari di fine 2020, grazie all’abbassamento della soglia elettorale all’1%, hanno visto una maggiore diversificazione per quanto concerne il numero di partiti presenti al suo interno. Questo potrebbe portare non solo alla fine della polarizzazione politica del paese, da anni diviso tra Sogno Georgiano e il Movimento Nazionale Unito, che aveva governato il paese durante le presidenze di Sahakashvili, ma anche ad una concreta possibilità di dialogo con la Russia, grazie alla presenza di molti piccoli partiti che coalizzandosi potrebbero trovare una posizione non troppo nazionalista.

Per quanto riguarda i territori separatisti georgiani, Abkhazia e Ossezia Meridionale, la situazione resta tuttavia congelata. Il sostegno russo a questi due territori, sigillato da accordi di amicizia e cooperazione economica e militare, rende impossibile qualunque azione da parte di Tbilisi, peraltro chiusa a compromessi a meno che non riguardino la totale restituzione delle due regioni sotto la sua sovranità territoriale.

La Georgia ha però conseguito una significante vittoria il 21 gennaio 2021, quando la European Court of Human Rights (ECHR) ha rafforzato la posizione di Tbilisi in merito alla guerra del 2008: Mosca è stata ritenuta responsabile per la violazione di sei articoli della Convezione Europea dei Diritti dell’Uomo durante e dopo il conflitto svoltosi nell’agosto 2008. La Russia ha subito risposto riconfermando il proprio supporto verso i territori separatisti basato su amicizia e integrazione, e di come stia aiutando, in particolare l’Ossezia del Sud, a costruire uno stato democratico.

Questa vittoria da un lato rafforza significativamente la posizione politica e legale della Georgia sulla strada verso la riunificazione pacifica dei territori occupati, dall’altro fa però temere una presa di posizione più radicale nei confronti della Russia che si spera non porti ad azioni sconsiderate come in passato, come avvenne nel 2008.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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