La democrazia kirghisa: un referendum per modificare la Costituzione ( di Francesco Giommoni)

In meno di un anno, il Kyrgyzstan si è trovato di fronte ad elezioni e cambi di mandati continui. Nonostante possa sembrare strano, i kirghisi sono comunque fieri del loro sistema democratico, unico in Asia Centrale.

Sono ormai passati oltre 10 anni dalla rivoluzione dei tulipani, l’ultima delle grandi rivolte che destabilizzarono i paesi post-sovietici quali l’Ucraina e la Georgia. Fu proprio nel 2005 che i moti rivoluzionari riuscirono a portare il presidente Askar Akayev a dimettersi e a rifugiarsi nell’ambasciata kirghisa a Mosca. La sua fuga permise alla popolazione di votare per la prima volta in elezioni democratiche e libere da cui ne uscì vincitore Kurmanbek Bakiyev, uno degli autori della rivoluzione, con oltre l’ 88% dei consensi. Le elezioni, apparentemente svoltesi regolarmente, dimostrarono presto che il cambiamento sperato dalla popolazione non era mai avvenuto. Infatti Bakiyev si rivelò attaccato al potere e limitante nella libertà dei cittadini quanto il suo predecessore e ciò fu palese durante le elezioni successive tenutesi nel 2009 e non ritenute libere dall’OCSE. La delusione e la continua limitazione della libertà di espressione portarono  la popolazione a manifestare nel 2010, suscitando una rivolta ben più cruenta della precedente,  avendo anche risvegliato le tensioni assopite delle minoranze uzbeke nella città di Osh.

La situazione migliorò nel 2010 quando una donna, a capo dell’opposizione contro Bakiyev, Roza Otunbayeva, giurò come presidente della Repubblica ad interim e, come aveva promesso, non si candidò alle elezioni successive vinte dall’attuale presidente Almazbek Atanbayev.

I brevi mandati dei Primi Ministri kirghisi

E’ curioso come un paese con solo 25 anni di indipendenza abbia avuto 29 successioni di primi ministri. Subito dopo l’elezione di Atanbayev come presidente della Repubblica, fu eletto come primo ministro Omurbek Babanov, uno degli uomini più ricchi del paese  e fondatore del partito Respublika, che poneva enfasi sulla tutela della diversità etnica del paese e dimissionatosi nel 2012. Tra il 2012 e il 2015 furono 3 i primi ministri del Kyrgyzstan, i cui mandati non durarono più di un anno a causa del non raggiungimento di una maggioranza sufficiente a governare il paese e a seguito dei numerosi scandali.

Il 1 maggio del 2015 Temir Sariyev, che si era candidato alle elezioni presidenziali nel 2009, è stato eletto primo ministro ed è stato in seguito riconfermato dalle elezioni tenutesi il 4 ottobre 2015 che hanno visto il SDPK (Social Democratic Party of Kyrgyzstan) vincitore con 27,35% dei voti e 28 posti in parlamento.

Quella che poteva sembrare una candidatura a lungo termine si è rivelata breve come le precedenti. Risale infatti a pochi giorni fa la notizia delle sue dimissioni a seguito dello scandalo di corruzione in cui è coinvolto per aver favorito una grande azienda cinese nell’ottenimento dell’appalto di un progetto infrastrutturale.

Il nuovo primo ministro Sooronbay Jeenbekov è stato supportato da tutti i sei partiti presenti in parlamento quasi all’unanimità. Non estraneo alla politica, Sooronbay è sempre stato fedele al presidente Atanbayev e il fratello Asylbek è stato “Speaker” del Parlamento dal 2011 fino a qualche giorno fa quando è stato  costretto a dimettersi a causa dell’elezione del fratello al fine di evitare il conflitto d’interessi.

Il Presidente della Repubblica e la Costituzione
Un mese dopo la vittoria di Sariyev, il presidente Atanbayev aveva espresso la sua speranza di poter trasformare l’attuale sistema misto in uno completamente parlamentare, in modo da poter dare a quest’ultimo tutte le possibilità di legiferare senza il controllo presidenziale. Consapevole che indire un referendum per cambiare la Costituzione richiede tempo, e considerando che l’ultimo si è tenuto nel 2010, il Presidente non vuole bruciare le tappe ma è convinto che questo cambiamento sia imprescindibile per la modernizzazione del paese.
In un suo discorso, Atambayev ha tirato in causa gli ex-presidenti Akayev e Bakiyev e le scelleratezze da loro commesse per cercare di convincere il Parlamento a promuovere un cambio della Costituzione e i cittadini a votarlo per garantire alla popolazione i diritti e le libertà di cui godono attualmente.

Le critiche al referendum
Nonostante le promesse di Atambayev di non ricoprire nessuna carica politica alla scadenza del mandato di presidenza e il suo interesse a garantire maggiori libertà ai propri cittadini, non mancano le numerose critiche verso il presidente filo-russo, ancora legato alla vecchia scuola sovietica come dimostra l’istituzione del Subbotnik lo scorso marzo a Bishkek, a seguito della quale si è così pronunciato: “In molti cominciano a sospettare che Atambayev voglia alterare la Costituzione per interessi propri. A volte invece ho il desiderio di non toccarla affatto. Ma poi, quando, e Dio ci perdoni, “le mine” all’interno della Costituzione esploderanno, le persone diranno che io sapevo e non ho fatto nulla”.
Le critiche più aspre vengono da Edil Baisalov, capo di gabinetto del precedente presidente Roza Otunbayeva, che ritiene che l’obiettivo di Atambayev sia quello di rendere il Kyrgyzstan un paese ingovernabile per poi, in futuro, riuscire ad avvicinarlo sempre di più alla Russia, alleata storica del piccolo paese centroasiatico. 

Un’altra critica viene da un giudice della Camera costituzionale, Klara Sooronkulova, costretta a dimettersi a seguito della sua protesta contro l’adozione di dati biometrici per le votazioni di ottobre. La Sooronkulova paragona Atambayev all’Imperatore Augusto, il quale aveva preso sotto il suo potere tutte le istituzioni perché furono le stesse a chiederglielo.

La critica di modificare la Costituzione accomunerebbe Atambayev ai presidenti delle altre repubbliche centroasiatiche, più volte nell’obiettivo delle associazioni di difesa dei diritti umani per la mancanza di libertà.

Il futuro del Kyrgyzstan
Le prossime elezioni presidenziali si terranno nel 2017 e il tempo per modificare la Costituzione stringe di giorno in giorno. La realtà politica del Kyrgyzstan, pur differenziandosi dagli altri paesi dell’area, resta comunque vincolata nelle mani di persone forti, molto spesso appartenenti al vecchio partito socialista sovietico. Come allora, anche oggi, questi personaggi danno il massimo per detenere un potere sempre maggiore, molto spesso, se non sempre, a scapito dei cittadini.

In molti avevano sperato che la rivoluzione dei tulipani nel 2005 e poi le sommosse del 2010 potessero portare il Kyrgyzstan ad una piena libertà e un sistema politico ed economico sempre più europeo, ma come è noto, la politica non può distaccarsi troppo dagli affari e la debolissima economia del paese, fortemente dipendente da Russia, Kazakhstan e Cina, non rende facili le decisioni politiche del Presidente e del Primo Ministro, soprattutto in un periodo come quello attuale in cui i tre paesi sopra citati hanno dovuto abbassare i tassi di cambio e hanno calato gli scambi con l’estero, portando l’economia kirghisa ad una stagnazione da cui non sarà facile uscire e che viene, più o meno bene, coperta con la scusa di un referendum per la modifica della Costituzione.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/La-democrazia-kirghisa-un-referendum-per-modificare-la-Costituzione--di-Francesco-Giommoni-237-ITA.asp 2016-05-25 daily 0.5