La diga di Rogun in Tagikistan: un asset infrastrutturale con valenza geopolitica (di Pierluigi Franco)

Era uno dei sogni di Nikita Krusciov: realizzare in Tagikistan la diga più alta del mondo e produrre energia elettrica in grado di soddisfare il fabbisogno di gran parte dell’Asia centrale sovietica. Un progetto del 1959, più volte ripreso e mai realizzato per problemi di varia natura, oltre che di notevoli costi negli anni della corsa alla conquista dello spazio. Durante il periodo di Leonid Breznev si decise di dare una svolta al progetto e nel 1976 cominciarono i lavori della diga a Rogun, poi interrotti nel 1991 con la disgregazione dell’Urss. Subito dopo il Tagikistan, diventato indipendente, decise di riprendere la costruzione, ma una inondazione nel 1993 distrusse gran parte del cantiere. La guerra civile e i forti contrasti interni tra filo-governativi e fazione islamica misero poi in secondo piano la questione energetica. La ripresa dei lavori è di tempi recenti, caratterizzata però da una netta opposizione (addirittura con minaccia di conflitto armato) da parte dell’Uzbekistan guidato da Islam Karimov, preoccupato per la captazione delle acque che alimentano a valle le grandi colture cotonifere uzbeke. Ma la morte di Karimov nel 2016 ha riaperto il dialogo tra i due Paesi e la visita in Tagikistan del nuovo presidente uzbeko, Shavkat Mirziyoyev, avvenuta nella primavera scorsa, ha addirittura portato a una collaborazione fattiva anche sul progetto della grande diga. 

Così ora il Tagikistan, che continua a vivere una sensibile crisi economica,  può puntare sulla sua grande capacità idroelettrica come leva per spingere l'economia del Paese, tra i più poveri dell'Asia centrale, e avviare una nuova linea di politica internazionale. Questa volta la diga dei record, come è stata definita, si farà davvero. E’ del 16 novembre scorso l’inaugurazione della prima turbina dell'impianto del Rogun Hydropower Project (Rogun Hpp) da parte del presidente tagiko, Emomali Rahmon, che ha dato il via alla realizzazione del progetto del valore di 3,9 miliardi di dollari, di cui un lotto da 1,9 miliardi affidato a Salini Impregilo. Proprio alla società italiana spetta il compito di completare entro il 2028 la diga sul fiume Vakhsh, importante affluente dell’Amu Darya (il più grande fiume dell’Asia centrale). La diga di Rogun, situata tra le montagne del Pamir a 90 chilometri dalla capitale Dushambe, sarà la più alta del mondo, con 335 metri di altezza, e avrà la più ingente capacità elettrica dell’Asia centrale con 3.600 megawatt, equivalente a tre reattori nucleari. Inoltre la diga sarà la più elevata al mondo (1.300 metri sul livello del mare), superando l’attuale record della diga di Nurek, anch’essa in Tagikistan. 

Il progetto rappresenta una svolta anche sotto il profilo occupazionale, coinvolgendo complessivamente oltre 25 mila lavoratori. Inoltre Rogun Hpp raddoppierà la capacità energetica del Tagikistan, permettendo un notevole sviluppo per l’esportazione. Una svolta per il Paese che ha avuto negli ultimi anni una popolazione in crescita (attualmente circa 8,7 milioni di abitanti), ma che ha un tasso di povertà assoluta che supera il 30%  e un Pil di sette miliardi di dollari che si basa per circa il 25% sulle rimesse degli emigranti che negli ultimi quindici anni si sono riversati soprattutto in Russia per trovare lavoro. Il progetto di Rogun, quindi, permetterà al Tagikistan di diventare un importante riferimento regionale per il settore energetico, puntando sull’esportazione nei Paesi confinanti. In proposito è stato già avviato un progetto che porterà al potenziamento della rete elettrica che collega il Tagikistan con il Pakistan, passando per l’Afghanistan.

Interessante anche il sistema di finanziamento del progetto che, grazie all’entrata in funzione di volta in volta delle sei turbine da 600 megawatt ciascuna (di cui la prima già inaugurata mentre la seconda entrerà in funzione nel 2019), si baserà sull’”early generation”, cioè la graduale produzione anche prima del completamento dell’opera che permetterà di esportare energia e di investire il ricavato nei lavori. L’avvio delle turbine permetterà inoltre di garantire al Tagikistan luce e riscaldamento per molte famiglie che attualmente ne sono prive.

Il progetto di Rogun, dunque, assume anche un rilievo fondamentale per il futuro assetto geopolitico dell’area, trascinato soprattutto dal nuovo corso in Uzbekistan voluto da Mirziyoyev. La politica di apertura avviata dal successore di Karimov è stata cruciale per il superamento delle tensioni e per l’avvio dell’opera della quale l’Uzbekistan vuole essere parte. Ma segna anche un significativo sviluppo dei rapporti con il Pakistan e con l’Afghanistan, due Paesi che durante i cinque anni di guerra civile in Tagikistan avevano appoggiato la fazione islamista che si opponeva alla coalizione filo-governativa appoggiata invece da Tashkent. Una distensione che può anche aiutare a far fronte all’incognita costituita dal rafforzamento della presenza jihadista nell’area. Secondo i servizi di intelligence, infatti, all’indebolimento dell’Isis in Medio Oriente corrisponderebbe un rafforzamento della presenza di gruppi affiliati in Asia centrale, già pronti anche a strumentalizzare il malcontento di oltre 50 mila persone che dovrebbero essere sfollate dall’area interessata dai lavori della diga.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/La-diga-di-Rogun-in-Tagikistan-un-asset-infrastrutturale-con-valenza-geopolitica-di-Pierluigi-Franco-597-ITA.asp 2018-12-28 daily 0.5