La geopolitica delle strade ferrate cinesi in Asia Centrale (di Pierluigi Franco)

E’ un progetto destinato a rivoluzionare l’assetto economico e geopolitico dell’intera Asia centrale quello lanciato dalla Cina per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria che dovrebbe collegare Pechino a Tashkent e poi al Turkmenistan, attraversando il Kirghizistan. Una ferrovia strategica che, nell’ambito del progetto cinese della Nuova Via della Seta (Belt and Road Iniziative), consentirà ai Paesi dell’Asia centrale, oltre che alla stessa Cina, di avere accesso ferroviario al Mar Caspio e, soprattutto, al Golfo Persico attraverso le ferrovie iraniane. Un grande investimento per la Cina (circa mille miliardi di dollari destinati ai corridoi della Belt and Road), salutato già con entusiasmo dall’Uzbekistan, ma anche dall’Iran che ne trarrebbe indiscutibili benefici. Qualche perplessità sembra invece venire da Kirghizistan e Russia. D’altra parte l'Uzbekistan è stato uno dei primi stati a sostenere il progetto cinese della Nuova via della seta  che punta a realizzare una rete in grado di collegare  i corridoi di transito di Cina, Russia e Asia centrale proprio grazie alla costruzione di una ferrovia che collega la Cina al Kirghizistan e all'Uzbekistan.

L’obiettivo è raggiungere rapidamente l’Iran la cui posizione geostrategica, con le coste sul Mar Caspio a nord e Golfo Persico a sud, è molto importante per Pechino. Per questo la Cina, principale partner commerciale dell'Iran con un interscambio di 35 miliardi di dollari all'anno,  dopo l’accordo sul nucleare del 2015 ha concesso due linee di credito per complessivi 4,2 miliardi di dollari per finanziare la costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità per collegare le principali città dell'Iran tra cui Mashhad, Isfahan e Teheran.

Il progetto cinese, quindi, punta a raggiungere gli importanti sbocchi iraniani con una ferrovia che attraversa lo Xinjiang, il Kirghizistan, l’Uzbekistan e il Turkmenistan. Un corridoio che, di fatto, apre nuove possibilità per i Paesi regionali, ma che è anche destinato ad accelerare un progressivo ruolo di potenza dominante della Cina nell'Asia centrale post-sovietica. Un quadro che, ovviamente, preoccupa Mosca assieme al fatto che questa ferrovia ridurrebbe inevitabilmente la dipendenza cinese dalle rotte che attraversano la Russia. La situazione, quindi, richiede una serie di valutazioni da parte russa che possano permettere a Mosca di entrare nel progetto, tenendo presente che la Russia è già coinvolta nella Nuova Via della Seta con la rotta del nord. 

Ma c’è anche un fattore tecnico a favorire l’ipotesi di una futura predominanza cinese nell’area centrasiatica: lo scartamento ferroviario.  In Cina lo scartamento dei binari è quello normale di 1.435 millimetri, adottato in quasi tutti i Paesi del mondo, mentre lo scartamento russo di 1.520 millimetri è adottato nei Paesi dell’ex URSS che restano così ancora facilitati negli scambi con Mosca. Il progetto cinese della nuova ferrovia prevede l’adozione dello scartamento normale. Ciò permetterebbe a Pechino di importare nei Paesi dell’Asia centrale il modello di scartamento internazionale a scapito dell’attuale sistema russo. L’unificazione dello scartamento lungo tutto l’asse del nuovo tracciato, infatti, permetterebbe alla Cina di rendere il transito più veloce e meno costoso, eliminando l’esigenza di trasbordi dal confine cinese al Kirghizistan e, successivamente, tra Turkmenistan e Iran. Questo, secondo molti osservatori, potrebbe portare progressivamente i Paesi centrasiatici ex sovietici ad allontanarsi dallo standard russo e, di conseguenza, dall’area di influenza di Mosca. Anche per questo la Russia potrebbe essere costretta a correre ai ripari entrando in qualche modo nella partita, magari cominciando a valutare la standardizzazione delle principali linee ferroviarie.

A premere sul coinvolgimento diretto della Russia è anche il Kirghizistan che teme nuovi motivi di instabilità del Paese dal progetto cinese. La ferrovia progettata da Pechino, infatti, attraverserebbe il sud del Kirghizistan, abitato soprattutto da cittadini kirghisi di etnia uzbeka. Si tratta di un’area caratterizzata spesso da scontri etnici e priva di collegamenti ferroviari con la capitale Bishkek. 

I timori del Kirghizistan risiedono nel fatto che il progetto cinese punta a collegare la parte meridionale del Paese alla Cina e all'Uzbekistan piuttosto che a Bishkek, rischiando di favorire un indebolimento delle autorità kirghise e, di conseguenza, una ripresa delle rivendicazioni e dei disordini nel sud da parte dei cittadini di etnia uzbeka che si sentirebbero più forti.  Inoltre, ignorando praticamente l’area di Bishkek e le altre zone del Paese, la ferrovia cinese ridurrebbe i legami del Kirghizistan con la Russia, che è attualmente vitale per gli scambi, senza garantire altri sbocchi reali proprio a causa del posizionamento della linea isolata dalla parte più produttiva del Paese. C’è infine un fattore di temuta sudditanza nei confronti della Cina, sia per i costi della ferrovia che metterebbero il Kirghizistan in debito nei confronti del colosso asiatico, sia di carattere etnico per il possibile arrivo di molti cinesi. 

A Pechino, in ogni caso, sono determinati a portare avanti il progetto. Un’occasione senza precedenti per il mercato, ma anche per un nuovo ruolo nello scacchiere geopolitico asiatico. 




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