La nuova politica estera centroasiatica del Kirghizistan di Japarov (di Fabio Indeo)

La visita ufficiale del nuovo presidente kirghiso Japarov nella capitale uzbeka Tashkent (11-12 Marzo) rappresenta un tassello significativo della “diplomazia geopolitica” regionale intrapresa dal Kirghizistan, che cerca di consolidare le proprie alleanze nel contesto centroasiatico a seguito dei recenti cambiamenti politici culminati con la destituzione del presidente Jeenbekov.

L’Uzbekistan è stata la terza tappa del tour regionale intrapreso da Japarov - che ricopre ufficialmente la carica di capo dello stato da Gennaio 2021 - il quale si è dapprima recato in Russia per un meeting bilaterale con Putin (sorta di passaggio obbligato per ogni nuovo presidente kirghiso, al fine di ribadire e confermare la tradizionale posizione filo-russa) e successivamente in Kazakhstan.

Da queste scelte traspaiono gli orientamenti che il nuovo presidente Japarov intende imprimere alla politica estera kirghisa: riconoscere il ruolo prevalente di Mosca nelle relazioni bilaterali e in ambito regionale (il Kirghizistan è membro dei due blocchi regionali a guida russa, in ambito politico-economico - l’Unione Economica Euroasiatica – e securitario - l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva), rafforzare la cooperazione con i due più importanti ed influenti attori economici e politici regionali - Uzbekistan e Kazakhstan - principali mercati di esportazione per le merci kirghise e fonte d’importazione di beni, con l’obiettivo di promuovere un ampia cooperazione regionale.

L’incontro con il presidente uzbeko Mirziyoyev è apparso particolarmente proficuo in quanto sono stati raggiunti degli accordi e stipulate delle intese in diversi ambiti strategici.

Uzbekistan e Kirghizistan hanno siglato un importante accordo bilaterale in ambito commerciale, con l’obiettivo di raddoppiare nei prossimi anni il volume degli scambi (attualmente pari a 900 milioni di dollari), a testimonianza del progressivo miglioramento delle relazioni bilaterali tra le due nazioni, tendenza che coincide con la politica di apertura regionale intrapresa da Mirziyoyev a seguito della morte del presidente uzbeko Karimov nel 2016: infatti, negli ultimi quattro anni il commercio bilaterale è cresciuto del 500%.

Un altra importante novità riguarda l’impegno congiunto per la definitiva demarcazione dei confini tra le due repubbliche, completando quel processo iniziato nel 2017 quando Mirziyoyev e l’allora presidente kirghiso Atambayev sancirono uno storico accordo con l’obiettivo di delimitare l’85% dei confini tra Uzbekistan e Kirghizistan, mentre su altri 10% si raggiunse un intesa di massima senza una demarcazione formale. La riapertura del valico di frontiera di Dostuk il 6 settembre 2017 - chiuso dal 2010 a seguito delle tensioni legate agli scontri interetnici di Osh – dimostrò la volontà congiunta delle parti per creare un clima di fiducia e di cooperazione reciproca.

Nel recente meeting, Japarov e Mirziyoyev si sarebbero impegnati per trovare - nei prossimi tre mesi - un accordo per la delimitazione del restante 5%, oltre a permettere la realizzazione di un corridoio di comunicazione aereo e terrestre tra l’Uzbekistan e l’enclave di Sokh in territorio kirghiso. Le parti si sono altresì impegnate a risolvere la questione del territorio conteso di Unkur-Too, reclamato da Tashkent ma considerato essenziale per Bishkek perché ospita una stazione di trasmissione televisiva.

Il tema della demarcazione dei confini rappresenta una problematica condivisa nell'Asia Centrale post-sovietica: eredità dell'opera di ingegneria sociale compiuta da Stalin, con l'indipendenza del 1991 i confini amministrativi divennero frontiere tra le nuove nazioni indipendenti, in uno scenario regionale dove non erano mai esistite rigide frontiere territoriali. Questo cambiamento implicava quindi l'instaurazione di un sistema di controllo e di ostacoli alla libera circolazione transfrontaliera delle persone e dei beni.

In questi 30 anni di indipendenza, lungo il confine uzbeko-kirghiso si sono registrate numerose tensioni legate ai tentativi di contrabbando, di varcare illegalmente i confini, con scontri a fuoco che hanno visto coinvolte le guardie di frontiera. Spesso la frontiera condivisa è stata chiusa con decisione unilaterale, come accadde nel 1999 quando Karimov decise di sigillare il confine per impedire le infiltrazioni armate degli appartenenti al Movimento Islamico dell'Uzbekistan dalle loro basi in Kirghizistan e Tagikistan.

Inoltre ad Andijan (Uzbekistan, 2005) ed Osh (gli scontri interetnici in Kirghizistan nel 2010 che hanno contrapposto cittadini kirghisi e cittadini kirghisi di etnia uzbeka) si sono registrati due tra le maggiori esplosioni di violenza dell'Asia Centrale indipendente, che hanno causato movimenti di popolazioni che premevano per varcare i confini, costringendo le autorità nazionali alla chiusura degli stessi.

L'enclave di Sokh rappresenta un caso paradigmatico dell’intricato mosaico etnico centroasiatico: infatti, Sokh è un enclave sotto la sovranità uzbeka, in territorio kirghiso (nella regione di Batken), popolata da oltre 70.000 persone il 90% delle quali di etnia tagica, dislocata in 19 insediamenti. La competizione per il controllo delle risorse idriche ed agricole alimenta frequenti scontri e tensioni tra le diverse comunità, come accadde a maggio 2020.

La recente intesa uzbeko-kirghisa per la realizzazione di un corridoio di comunicazione permetterebbe di porre fine all’isolamento politico e territoriale di Sokh dall’Uzbekistan. La Sokh-Rishton è l'unica strada che permette un collegamento tra Sokh e il territorio della repubblica uzbeka, ma questa non è aperta ed è posta sotto stretto controllo dalle forze di sicurezza, poiché il Kirghizistan è membro dell'Unione Economica Euroasiatica - a differenza dell'Uzbekistan, il quale comunque ha ottenuto nel 2020 lo status di osservatore - quindi non viene garantita  la  libera circolazione di beni e persone tra gli stati come all'interno dell'Unione.

L’implementazione di questi accordi e il successo di questi negoziati rivestono una rilevanza strategica in quanto funzionale alla risoluzione delle dispute frontaliere, completando la demarcazione dei confini nazionali tra le due repubbliche post-sovietiche, condizione che permetterà di sviluppare ulteriormente il commercio bilaterale tra le due nazioni e soprattutto le relazioni commerciali nell’intera regione centroasiatica.

Uno scenario di stabilità e di sicurezza nella regione, caratterizzata da buone relazioni politico-diplomatiche tra gli stati consentirà di realizzare i corridoi infrastrutturali di trasporto nell’ambito della moderna via della seta cinese, oltre a promuovere un clima di cooperazione economica ed una maggiore integrazione tra le stesse repubbliche centroasiatiche.

Infine, l’accordo uzbeko-kirghiso costituisce un modello di riferimento per per la risoluzione di altre situazioni di conflittualità presenti nella regione, legate all’irrisolta questione della demarcazione dei confini condivisi tra Tagikistan e Kirghizistan, aggravata dalla presenza di due enclaves tagike (Varukh e un’altra a nord di Isfana) in territorio kirghiso, nel mosaico interetnico della Valle del Ferghana.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/La-nuova-politica-estera-centroasiatica-del-Kirghizistan-di-Japarov---di-Fabio-Indeo-927-ITA.asp 2021-04-08 daily 0.5