La partita dell'energia idroelettrica in Nagorno Karabakh cosa è cambiato dopo l’ultimo conflitto?(di Leonardo Zanatta)

Prima della guerra dei 44 giorni del 2020, l’energia idroelettrica rappresentava una delle colonne portanti dell’economia della repubblica de facto del Nagorno Karabakh/Artsakh. Nel corso dei trent’anni di lotte per il mantenimento dell'indipendenza, le autorità della regione caucasica autoproclamatasi indipendente erano riuscite a sviluppare una rete di centrali idroelettriche attorno alla grande diga di Sarsang. Questo impianto di 50 megawatt di capacità era stato costruito nel 1976 sulle sponde del fiume Tartar, in quello che gli armeni considerano distretto di Martakert e gli azeri di Terter. Le centrali idroelettriche non avevano soltanto garantito l’autosufficienza energetica al Nagorno-Karabakh/Artsakh, ma gli avevano anche permesso di iniziare ad esportare parte del suo prodotto alla vicina Armenia.
In seguito al conflitto del 2020 e alla vittoria dell’Azerbaigian, la repubblica de facto ha perso sia i distretti che la circondavano e che erano stati occupati dopo la prima guerra del Nagorno Karabakh, sia alcune parti della regione stessa. Dei 4400 chilometri quadrati controllati prima della guerra, agli armeni del Karabakh ne sono rimasti meno di 3000. Tra le diverse perdite territoriali rientrano anche alcuni luoghi strategici per la presenza di centrali idroelettriche e corsi d’acqua. Anche se la diga di Sarsang e altri cinque impianti sono ancora sotto il suo controllo, il Nagorno Karabakh/Artsakh ha perso la sua autonomia nella produzione di energia elettrica al cospetto dell’Azerbaigian. Tocca ora all’Armenia, che prima importava piccole quantità di elettricità, fornirla agli armeni del Karabakh.
Tuttavia, le forniture di energia elettrica dall’Armenia verso il Karabakh s’imbattono in diversi ostacoli. Innanzitutto l’Armenia sta a sua volta affrontando seri problemi di produzione. La centrale nucleare di Metsamor, che genera circa il 40% dell'energia elettrica del paese, era rimasta inutilizzabile a causa di importanti lavori di ammodernamento fino a metà ottobre. L’altra fonte più importante di elettricità, la centrale termica di Hrazdan, alimentata a gas naturale e gestita da Gazprom Armenia, funziona solo al 30% della sua capacità da aprile. La stessa Sarsang, in Karabakh, sta producendo la metà del suo potenziale.
Infine l’ultimo e decisivo ostacolo. Il distretto di Kelbajar, per cui passano le linee di trasmissione di elettricità tra l'Armenia e il Nagorno-Karabakh, è ora sotto controllo dell'Azerbaigian come parte dell'accordo di cessate il fuoco. L'unica altra linea corre lungo il corridoio di Lachin, una piccola strada di montagna che porta in Armenia. È qui che in seguito all’accordo di pace del 9 novembre 2020 sono stanziati i peacekeeper russi. La limitazione a quest’unica zona della fornitura elettrica comporta diversi disagi agli armeni del Karabakh e spiega come mai la repubblica de facto sia soggetta a frequenti interruzioni di corrente in tutto il suo territorio.
Se da un lato gli armeni affrontano le catastrofiche conseguenze della recente sconfitta, dall’altra gli azeri sfruttano i vantaggi derivanti dalle nuove conquiste militari. Gli impianti sotto il controllo dell'Azerbaigian sono ora di proprietà dello stato e vengono ricostruiti dall'azienda Azerenergy. Tre mesi dopo la fine dei combattimenti, il presidente azero Ilham Aliyev ha inaugurato una centrale idroelettrica di 8 megawatt di capacità a Gulabird, nel distretto di Lachin. A giugno di quest’anno gli azeri hanno poi riaperto altri due impianti di 7,8 megawatt di capacità complessiva nel distretto di Martakert/Terter: Sugovushan-1 e Sugovushan-2, (chiamati dagli armeni Mataghis-1 e Mataghis-2).
Oltre a questi, contano sugli impianti da 120 megawatt di Khudaferin e Maiden Tower, che attraversano il fiume Araz al confine tra il Karabakh sotto controllo azero e l'Iran. I lavori per le due centrali erano iniziati in epoca sovietica, ma si erano interrotti dopo la conquista armena di quell’area nel 1993. Come pattuito, l'Iran ha continuato a costruire la sua metà del progetto ed è ora l'Azerbaigian, preso possesso della regione, a portare a compimento l’opera.
Lo scenario del Karabakh presenta risvolti che trascendono il conflitto di natura politica, etnica e territoriale. L’accesso all’energia idroelettrica continuerà a rappresentare un fattore di tensione tra armeni e azeri. Con l’arrivo dell’inverno e l’abbassamento delle temperature, le carenze di elettricità potrebbero riattizzare le tensioni.