La valuta, l'oil and gas ed il mercato internazionale nel Kazakhstan post-Nazerbayev (di Silvio Bencini)

Non è la prima volta che una protesta popolare riguarda il prezzo dell’energia, e non è la prima volta che questo accade in paesi dove se c’è qualcosa che abbonda è proprio l’energia.

Come noto tutto è cominciato a Zhanaozen, città occidentale vicino al Mar Caspio, dove già 10 anni fa i lavoratori dell’industria petrolifera avevano animato una rivendicazioni salariali  soppresse nel sangue.
Questa volta l’occasione è stata il raddoppio del prezzo del GPL, molto diffuso in Kazakistan fra gli automobilisti più per il suo costo bassissimo, costo basso perché il prezzo è contingentato. L’esistenza di un prezzo massimo al disotto di quello di mercato aveva spinto sempre di più i produttori  interni ad esportare il gas riducendo l’offerta interna. Per risolvere il problema, all’inizio di gennaio il governo aveva tolto il limite massimo al prezzo che era così raddoppiato. 

Il raddoppio del prezzo del GPl è arrivato dopo un anno in cui si erano verificati aumenti di prezzi generalizzati soprattutto nei beni alimentari, dove a fine novembre l’inflazione era pari al 11,3%.
Dopo le proteste il governo ha reintrodotto il “price cap” e annunciato una serie di riforme volte a ridurre la forti disuguaglianze presenti nella società kazaka.

L’economia kazaka ha bisogno di numerose riforme strutturali, per consolidare la crescita e far partecipare una quota più vasta della popolazione allo sviluppo ma rimane comunque la più dinamica fra le repubbliche dell’Asia Centrale.

L’economia kazaka aveva subito il colpo della pandemia in misura minore rispetto al resto del mondo. Nel 2020 il PIL era sceso del 2,6% ma nei primi 9 mesi del 2021 aveva già recuperato con una crescita di oltre il 3,5%. Grazie alla crescita elevata nei trent’anni successivi all’indipendenza il reddito pro capite è aumentato di oltre il 3,5% all’anno, anche se, nel nostro caso, nel leggere dati “pro-capite” dobbiamo ricordare la concentrazione di ricchezza nelle mani dell’élite di governo (secondo KPMG 162 persone detengono il 50% della ricchezza del paese).

Nel  commercio estero del Kazakistan le materie prime rappresentano circa il 75% delle esportazioni. Petrolio, gas naturali e altri derivati costituiscono il 65%. Nella distribuzione per paesi destinatari dell’export l’Italia è al secondo posto dopo la Cina.

L’economia kazaka ha dunque beneficiato dell’aumento dei prezzi delle materie prime registrato nell’ultimo anno.

Per limitarci a quelle più importanti nell’export, il petrolio, a 83 dollari al barile (WTI) è ai massimi da 8 anni, e il gas naturale, anche dopo il crollo dai picchi di fine anno, a 90 dollari si colloca su un prezzo che è il quadruplo della media degli ultimi 10 anni. Ai massimi da 10 anni sono anche il prezzo del rame (circa 6% dell’export) e dell’uranio (circa 4% dell’export).  

L’uranio, in particolare, ha beneficiato del riaprirsi della discussione nell’Unione Europea intorno alla cosiddetta “tassonomia” delle fonti energetiche ritenute compatibili con la strategia di riduzione delle emissioni. Ricordiamo che il Kazakistan è il più grande produttore al mondo di minerale di uranio, con il 41% di quota di mercato.

Di questa situazione di favore, almeno temporaneo, si sono resi conto i mercati finanziari che hanno reagito in modo molto cauto ai problemi politici interni del paese.

Come si può vedere dal grafico seguente, l’indice della borsa kazaka in dollari ha avuto un andamento molto simile a quello dell’indice MSCI dei paesi sviluppati e decisamente migliore di quello della borsa russa.
Va detto che l’indice è composto da 21 titoli, dei quali 5 sono banche, 4 telefonici e 4 del settore petrolifero. “Old economy” perciò, non colpita dalla fuga dai titoli tecnologici delle ultime settimane.
 
L’instabilità politica sembra aver avuto un impatto moderato anche sul mercato obbligazionario. Il grafico seguente riproduce l’andamento dello spread fra il rendimento dell’obbligazione governativa internazionale in dollari con scadenza luglio 2045 e quello dei titoli di Tesoro USA a 20 anni. Come si può vedere,  nel corso del mese di gennaio lo spread è salito di 5 pb, anche se negli ultimi mesi ha avuto ampie oscillazioni ed era aumentato già di circa 30 pb nel corso dell’anno.

Anche il tasso di cambio contro dollaro è rimasto sostanzialmente stabile, e questo in conseguenza della politica monetaria restrittiva che la banca centrale sta mantenendo da più di un anno per contrastare l’inflazione, che aveva raggiunto un massimo del 8,9% ad ottobre. Il 24 gennaio di quest’anno la National Bank of Kazakhstan ha alzato per la terza volta in sei mesi il tasso ufficiale di riferimento, ora al 10,25%.  

Una curiosità. Un settore dell’economia dove i disordini dei primi giorni di gennaio hanno avuto un notevole impatto è quello della produzione di bitcoin. La produzione di bitcoin viene realizzata utilizzando reti di computer che consumano un’enorme quantità di elettricità. Dopo il bando dalla Cina nel 2021 i “minatori” (miners) di criptovalute si erano trasferiti anche in Kazakistan attirati dalla tolleranza del regime e dal basso costo dell’energia, facendo del paese il secondo produttore al mondo di monete virtuali. Ma i miners hanno bisogno di collegarsi ad altri miners tramite internet, così quando le autorità hanno bloccato il web in risposta ai disordini, c’è stato un crollo del 14% nella capacità di calcolo che ha avuto un impatto su tutto il settore (anche se è probabile che la discesa dei prezzi delle criptovalute di questi giorni sia dovuta  a una fuga generalizzata dalle attività speculative).


Silvio Bencini

Silvio Bencini è socio di EIC dal 2012 dove cura l’attività di consulenza a investitori istituzionali.
Laureato in Economia Politica a Torino, ha svolto tutto il suo percorso professionale nel settore finanziario, prima negli uffici studi di Comit e Sige e poi come direttore centrale di Sviluppo Finanziaria (oggi ING) e direttore finanziario di Banca Brignone. Dal 1998 al 2006 ha lavorato nel gruppo Monte dei Paschi di Siena, come direttore finanziario di Banca Toscana, di cui ha curato anche la costituzione e la gestione del fondo di previdenza interno, poi come vicedirettore generale di Banca 121, responsabile della divisione prodotti dell’Area private banking del Gruppo e infine come responsabile del private banking di Banca Toscana. Dal 2006 al 2009 è stato responsabile del private banking di Ersel Sim e dal  2010 al 2012 in  Accenture come senior advisor nell’ambito del wealth management.

Silvio Bencini ha conseguito le certificazioni professionali CFA (Chartered Financial Analyst), CAIA (Chartered Alternative Investment Analyst) e PRM (Professional Risk Manager).
E’ stato borsista della fondazione Luigi Einaudi di Roma e ha svolto incarichi di docenza e seminari presso la Facoltà di Economia e Commercio di Torino,  l’università Bocconi di Milano e la Facoltà di Informatica dell’Università di Milano-Bicocca.

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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/La-valuta--l-oil-and-gas-ed-il-mercato-internazionale-nel-Kazakhstan-post-Nazerbayev-di-Silvio-Bencini-1121-ITA.asp 2022-02-17 daily 0.5