Le basi militari russe in Asia Centrale pilastri dell'architettura di sicurezza regionale (di Fabio Indeo)

A seguito del meeting tra il presidente kirghiso Atambayev e quello russo Putin tenutosi a Mosca alla fine di giugno si è riaperto il dibattito sulle basi militari russe in Asia Centrale. Infatti, il governo kirghiso pare aver parzialmente ammorbidito la propria posizione - espressa a dicembre 2016 - propensa alla futura chiusura della base aerea di Kant, gestita dalla Russia ma che ricade sotto l'egida dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, blocco regionale di sicurezza a guida russa e che comprende Russia, Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan, Armenia e Bielorussia. 

La base aerea di Kant venne concessa ai russi nel 2003 - come una sorta di "compensazione geopolitica" a favore di Mosca e legata alla concessione della base aerea di Manas agli Stati Uniti nell'ambito della guerra contro Al Qaeda e i Taliban in Afghanistan - e dal 2009 ospita le forze collettive di reazione rapida, una delle componenti essenziali del sistema di sicurezza regionale OTSC. L'accordo siglato nel 2009 per l'estensione della concessione della base di Kant sino al 2049 è stata rivisto dal presidente Atambayev e ridotto al 2032, mentre la repubblica centroasiatica avrebbe progressivamente assunto il ruolo di garante della propria sicurezza nazionale.

Durante il recente incontro, Atambayev ha ribadito la sostanziale contrarietà all'allargamento della base aerea di Kant, mentre si è dimostrato favorevole ad un ammodernamento infrastrutturale senza aumentare le unità militari presenti. La principale novità emersa riguarda la disponibilità del Kirghizistan ad ospitare un centro d'addestramento militare nella provincia meridionale di Batken, nella valle del Ferghana porzione di territorio condivisa con Uzbekistan e Tagikistan.

L'idea di creare dei centri d'addestramento anti terrorismo nel sud del paese non è nuova: nel 2011 la Presidentessa kirghisa Roza Otunbayeva propose sia ai russi che agli statunitensi - che allora stazionavano nella base aerea di Manas, hub strategico per l'implementazione del Northern Distribution Network che consentiva l'approvvigionamento e il supporto delle truppe NATO in Afghanistan - di creare questi centri nella regione di Batken. L'obiettivo era di rafforzare la stabilità politica dopo la destituzione del presidente Bakiev, che sanciva il fallimento della "rivoluzione dei tulipani" del 2005, attraverso una politica multivettoriale di bilanciamento tra gli interessi russi e statunitensi che sostanzialmente fallì per la forte influenza di Mosca e lo scarso peso geopolitico di Bishkek se paragonato al ruolo di Tashkent o di Astana sullo scenario regionale.

A differenza del passato, la proposta di creare un centro d'addestramento russo nel Kirghizistan meridionale non dovrebbe essere osteggiata dall'Uzbekistan - Karimov infatti percepiva queste installazioni come una minaccia alla propria sovranità nazionale e con un impatto destabilizzante sugli equilibri regionali - sulla base della nuova politica intrapresa dal presidente Mirziyoyev.

La strategia di Atambayev appare sensata e fondata se si considera la scarsa utilità strategica della base di Kant (alla periferia di Bishkek) per contrastare le minacce alla stabilità e alla sicurezza nazionale provenienti dall'Afghanistan, a causa del riemergere dei Taliban e per la pericolosa presenza dei foreign fighters centroasiatici legati allo Stato Islamico. 

Se da un lato è corretto affermare che i Taliban non rappresentano una minaccia diretta alla stabilità politica centroasiatica - in quanto hanno sempre perseguito degli obiettivi nazionali - dall'altro lato viene temuto il loro potenziale supporto alle ambizioni di gruppi islamico-radicali centroasiatici.

Nel corso dell'ultimo anno sono cresciute le attività destabilizzati dei Taliban in prossimità dei confini centroasiatici: ad aprile hanno attaccato la base militare afgana nella provincia di Balkh (in prossimità del confine uzbeco), uccidendo oltre 130 soldati afgani, inoltre hanno occupato la città di Kunduz (al confine con Tagikistan) per la terza volta in due anni. Lungo il confine afgano-turkmeno sin dal 2014  i villaggi della provincia di Faryab e di Jowzjan sono contesi tra forze di Kabul e Taliban, mentre Ashgabat osserva allarmata e cerca di rafforzare la propria presenza militare al confine.

Dunque, il rafforzamento del controllo sul confine condiviso con il Tagikistan e con l'Uzbekistan rappresenta una priorità per il governo kirghiso, al fine di prevenire azioni destabilizzanti per la sicurezza nazionale.
Storicamente la valle del Ferghana è sempre esistita come regione unica e solo con l'indipendenza delle repubbliche centroasiatiche venne suddivisa tra le tre nazioni. Le tensioni nella valle sono legate al suo sovra popolamento (oltre 21 milioni di abitanti, quasi la metà del totale della popolazione centroasiatica) - che determina un accesa competizione tra i gruppi etnici per il controllo delle risorse agricole, dell’acqua, della terra - la presenza di circa settanta enclaves (parti del territorio di uno stato circondate dal territorio di un altro stato), l'adozione di politiche discriminatorie e scarsamente inclusivo-rappresentative nei confronti delle minoranze etniche esistenti.

Inoltre, la valle del Ferghana è considerata la “culla” dell’islam radicale, in opposizione ai regimi secolari dell'Asia Centrale post sovietica, area dove prese le mosse il Movimento Islamico dell'Uzbekistan.
La combinazione tra la minaccia del radicalismo islamico e la mancata soluzione di problemi endogeni hanno caratterizzato la valle del Ferghana come una delle regione a maggiore instabilità, dove si sono registrati esplosioni di violenza come nel 2005 ad Andijan (Uzbekistan), gli scontri interetnici di Osh tra kirghisi e uzbechi-kirghisi nel 2010, le incursioni armate transfrontaliere dei militanti del Movimento Islamico dell'Uzbekistan tra il 1998 e 1999 che portarono alla reazione di Tashkent contro i vicini e la chiusura temporanea delle frontiere.

Nonostante faccia parte dell'OTSC, il Tagikistan appare uno dei paesi maggiormente vulnerabile alle incursioni armate transfrontaliere di militanti islamici, con un serio rischio di destabilizzazione politica interna.
Sin dalla guerra civile a cavallo degli anni novanta, la Russia ha sempre collaborato con il Tagikistan per garantire la stabilità e la sicurezza del paese, con la presenza di  soldati russi a protezione del confine tagico-afgano sino al 2004.

Analogamente al Kirghizistan, anche il Tagikistan ospita una base militare russa: si tratta della più estesa base militare russa all'estero, ovvero 7mila militari di stanza a Dushanbe e Qurgonteppa inquadrati nella 201st Motorized Rifle Brigade. Nel 2016 Mosca ha deciso di ridurre il numero degli effettivi a seguito della trasformazione della divisione in brigata, in quanto maggiormente consona ad affrontare la minaccia del terrorismo.

Nel 2012 la Russia ha ottenuto il rinnovo della concessione della base sino al 2042, in termini particolarmente favorevoli per Mosca data l'esenzione dal pagamento di un affitto ma un impegno per la modernizzazione delle forze armate nazionali - 1,2 miliardi di dollari in cinque anni secondo la decisione del 2015 -, una migliore legislazione a tutela dei lavoratori tagichi emigrati in Russia e la rimozione dei dazi doganali sulle importazioni di petrolio e combustibile dalla Russia.

L'Uzbekistan invece non ospita nel proprio territorio basi militari russe, e neppure di altre nazioni, coerentemente ai principi della propria politica estera che escludono anche la partecipazione di Tashkent ad alleanze militari regionali, privilegiando la cooperazione militare bilaterale. Ciononostante, si rileva il crescente rafforzamento della cooperazione militare con Mosca: in aggiunta all'accordo di cooperazione tecnico-militare e alla partecipazione di personale militare uzbeco alla fase preparatoria degli esercizi militari congiunti tenutisi in Tagikistan dal Centro Anti Terrorismo della Comunità degli Stati Indipendenti, l'annuncio di esercitazioni militari congiunte tra Uzbekistan e Russia che si terranno ad ottobre - le prime dopo quelle del settembre 2005, in una fase geopolitica di ribilanciamento geopolitico caratterizzata dall'allontanamento delle truppe statunitensi dalla base aerea di Karchi-Khanabad, la rottura delle relazioni con l'occidente e il riorientamento tattico a favore di Russia e Cina - testimoniano la volontà di cooperazione tra i due paesi.

Mosca spinge per un rientro dell'Uzbekistan nell'OTSC, in quanto il blocco securitario a guida russa non può ergersi a garante e promotore della sicurezza regionale se due dei tre stati post sovietici confinanti con l'Afghanistan non ne fanno parte, il Turkmenistan perché neutrale e l' Uzbekistan per la scelta di non allineamento in blocchi militari regionali (anche se in realtà Tashkent è membro dell'Organizzazione della Cooperazione di Shanghai).

Pur non confinando con l'Afghanistan il Kazakhstan riveste un ruolo di fondamentale importanza nel sistema di sicurezza regionale a guida russa. Astana infatti rappresenta il perno centroasiatico del sistema di difesa aereo congiunto nello spazio post sovietico: sin dal 2014 i ministri degli esteri russo e kazaco hanno annunciato la concessione ad Astana di un sistema missilistico di difesa aerea e la possibilità di partecipare a dei test di lancio missilistico nel sito kazaco di Balkash - Kazakhstan sudorientale - , da sempre condotti dai russi in maniera autonoma. Inoltre, Balkash ospita anche una stazione radar che permette la copertura ed il monitoraggio - in combinazione con un sito analogo ad Okno nel Tagikistan sudoccidentale – dello spazio aereo post sovietico.
Il governo kazako ha usufruito di batterie di missili terra aria vendute da Mosca a prezzi scontati – o addirittura con il solo costo di trasporto - in ambito OTSC: ciononostante Mosca appare riluttante a cedere la versione moderna di questi missili a lunga distanza a prezzi calmierati, considerato che la Cina è disposta ad acquistarli a prezzo intero.

Considerata la neutralità turkmena e la dottrina uzbeca in politica estera, risulta necessario il coinvolgimento di Kirghizistan e Tagikistan nella creazione di un sistema congiunto di difesa aerea che comunque non potrà dirsi compiutamente regionale-centroasiatico. Inoltre, il contributo di Bishkek e Dushanbe sarà minimo in quanto non dispongono di una flotta aerea da combattimento e i sistemi di difesa aerea nazionale non dispongono di missili terra area ne di adeguati sistemi di controllo automatizzato, fattori che inficiano negativamente sulla creazione di un sistema di difesa compiutamente integrato.

La presenza militare russa nell'Asia Centrale post sovietica è accettata in quanto supporta queste nazioni nella lotta contro la minaccia del terrorismo islamico, anche se di fatto limita fortemente la cooperazione militare con altre  nazioni. Ad esempio Kirghizistan, Tagikistan e Kazakhstan in quanto membri dell'OTSC non possono ospitare nel proprio territorio basi militari di paesi terzi, condizione che preclude loro anche un ritorno dal punto di vista economico. Infatti, per le basi e le installazioni militari in Kirghizistan e Tagikistan la Russia non versa alcun canone d'affitto – limitandosi ad investimenti per la modernizzazione e per la fornitura di armi ed equipaggiamento militare a costi contenuti - mentre per  i vari siti in territorio kazako pagherebbero circa 24 milioni di dollari, cifre lontane dai 140 milioni di dollari all'anno pagate da Washington per la base di Manas o addirittura i 3 miliardi per il complesso delle installazioni militari statunitensi in Germania.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Le-basi-militari-russe-in-Asia-Centrale-pilastri-dell-architettura-di-sicurezza-regionale-di-Fabio-Indeo-403-ITA.asp 2017-07-31 daily 0.5