Le elezioni amministrative in Uzbekistan (di Pierluigi Franco)

La chiamata alle urne di 20,5 milioni di uzbeki rappresenta una prova di effettiva democrazia che va al di là dei risultati. E l’Uzbekistan sembra averla già superata, almeno stando a quanto accertato finora dall’Osce e dalle Nazioni Unite. Dopo tre anni di riforme e aperture, che hanno messo definitivamente da parte l’era di Islom Karimov morto nel settembre 2016,  le elezioni parlamentari del 22 dicembre 2019 segnano la svolta. Per il nuovo corso guidato dal presidente Shavkat Mirziyoyev è arrivato il momento più delicato per dimostrare l’effettivo cambiamento democratico, misurandosi con l’elezione del più grande Parlamento dell’Asia Centrale, composto da 150 deputati e 100 senatori di cui 14 di nomina presidenziale.  
D’altra parte Mirziyoyev si era impegnato fin dal suo insediamento a garantire processi elettorali di assoluta trasparenza, introducendo nel programma di riforme anche un codice elettorale che esclude pressioni dello Stato a favore di determinati candidati, come avvenuto fino alle ultime elezioni del 2014, garantendo processi di voto di assoluta trasparenza. Una prova difficile, poiché finora nessuna elezione in Uzbekistan, come nel resto delle Repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale, era stata mai classificata come “democratica” dalle organizzazioni internazionali perché le indicazioni di Osce e Onu non erano state quasi mai seguite.
Ora l’aria sembra decisamente cambiata, come ha evidenziato l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la sicurezza e l'ufficio di cooperazione per le istituzioni democratiche e i diritti umani (Odihr) dell’Osce, pubblicato il 13 dicembre scorso a seguito della missione di osservazione elettorale svolta in Uzbekistan dal 25 novembre al 10 dicembre. Il rapporto riconosce progressi significativi nel miglioramento della legislazione e della pratica elettorale, riconoscendo gli sforzi del governo Mirziyoyev per modernizzare il Paese e la pubblica amministrazione e ritenendo queste elezioni come una pietra miliare per la strategia di sviluppo già avviata. In pratica si riconosce all’Uzbekistan di aver rafforzato il ruolo del Parlamento e dei partiti politici attraverso sostanziali trasformazioni democratiche.
Sono cinque i partiti uzbeki: il Partito liberale democratico, al quale fa capo il presidente Mirziyoyev, il Partito democratico, che rappresenta la componente di sinistra, il Partito democratico del rinnovamento nazionale, della destra nazionalista, il Partito socialdemocratico della giustizia e il Movimento ecologista. Tutti, secondo gli osservatori internazionali, rispondono oggi ai requisiti del pluralismo al contrario di quanto avvenuto fino alle ultime elezioni del 2014. 
I partiti hanno scelto complessivamente 750 candidati, cinque in ciascuna delle 150 circoscrizioni elettorali. Importante è stata anche la presenza delle donne. Il nuovo codice elettorale prevede infatti che le donne debbano costituire almeno il 30 per cento del numero totale dei candidati  e tutti i partiti hanno rispettato questa disposizione. La quota è stata addirittura superata e le donne in lista sono state 310, rappresentando così il 41 per cento dei candidati. Importante anche la presenza di rappresentanti di altre nazionalità pari all’8,4 per cento.
Anche il confronto politico ha subito una svolta decisiva. Per la prima volta dal 1999, infatti, il rapporto dell'Odihr non ha criticato la campagna elettorale che invece, negli anni precedenti, era sempre stata considerata “sbiadita” e “appena percettibile”, non ponendo gli elettori di fronte a una vera scelta. 
Dal 20 settembre, data di inizio della campagna elettorale, i cittadini dell’Uzbekistan si sono infatti trovati di fronte l’assoluta novità di dibattiti trasmessi in diretta tv tra rappresentanti dei cinque partiti, ma anche a una campagna amplificata dall’uso dei social network, in particolare Facebook e Telegram. Considerevole, inoltre, è stata l'attività di blogger indipendenti.
A garanzia delle regole democratiche per le elezioni parlamentari uzbeke è arrivata per la prima volta nel Paese anche una nutrita schiera di 50 osservatori dell’Assemblea parlamentare dell’Osce, coordinati dal deputato georgiano George Tsereteli.
Il riconoscimento internazionale del processo democratico segna il più importante punto a favore di Mirziyoyev dalla sua elezione alla presidenza dell’Uzbekistan, avvenuta il 4 dicembre 2016.  Da quel momento ha avviato riforme importanti e un piano di sviluppo fino al 2021 che si fonda su cinque  punti fondamentali: miglioramento del funzionamento dell’apparato statale, rispetto dello stato di diritto e riforma del sistema legislativo e della giustizia,  liberalizzazione economica e sviluppo attraverso una riduzione del ruolo dello Stato, potenziamento del welfare, maggiore sicurezza e tolleranza tra religioni e tra componenti etniche. Ma in questi tre anni c’è stato anche un potenziamento delle relazioni internazionali e una politica di distensione con gli altri Paesi dell’area, in primo luogo con il Kirghizistan. Un programma che finora sembra procedere, anche attraverso il delicato processo elettorale, nonostante esistano ancora molte resistenze interne da parte di politici e funzionari legati al vecchio sistema e scettici sul nuovo corso.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Le-elezioni-amministrative-in-Uzbekistan-di-Pierluigi-Franco-758-ITA.asp 2020-01-03 daily 0.5