Le imminenti elezioni in Armenia e le sue conseguenze geopolitiche (di Marilisa Lorusso)

Il 2 aprile si vota in Armenia. Le elezioni politiche daranno il via al processo di rinnovamento istituzionale secondo nuovi assesti dopo il referendum del dicembre 2015 e l’entrata in vigore di una costituzione profondamente emendata. Il paese entra in due anni di transizione politica che lo porterà dal sistema semi-presidenziale (con però un ufficio di presidenza forte) a un sistema parlamentare, come da nuova costituzione. Ci sarà un periodo di sovrapposizione dei due sistemi: dall'aprile 2017 fino all'elezione di un nuovo presidente convivranno un parlamento e un primo ministro già investiti di nuovi poteri con l’uscente presidente Serzh Sargsyan, in carica al 2008 e al secondo e ultimo mandato, eletto con il vecchio ordinamento. 

La legge elettorale è il frutto di una protratta e serratissima concertazione che è andata ben oltre i tempi previsti per l’adozione. Un processo che ha visto la partecipazione della società civile, di tutte le forze politiche, delle organizzazioni internazionali attraverso pareri consultivi. Il risultato è un prodotto complesso e di cui sarà interessante vedere l’impatto sul voto. Il parlamento verrà votato con sistema proporzionale puro, con di fatto due liste: una nazionale e una locale con una lista di preferenze di quindici nomi. Due novità riguardano la rappresentanza femminile e le minoranze. Sono state introdotte le quote rosa al 25%  per lista, e avranno ora un seggio garantito le minoranze: 4 seggi dei 101 sono – uno a testa – per gli Yezidi, i Russi, gli Assiri e i Curdi.
La legge elettorale prevede inoltre che dalle urne esca una maggioranza stabile (di un partito o di una coalizione) in gradi di controllare il 54% dei seggi, anche con premio di maggioranza se si arriva al solo 50%. In caso non si riesca a raggiungere questo obiettivo nemmeno con una alleanza post-elettorale, è previsto un secondo turno, entro 28 giorni.

Le forze in campo che si contendono i 101 seggi (dai precedenti 131) sono le stesse delle elezioni precedenti, nel 2012. L’attuale emiciclo vede al governo la coalizione post-elettorale del Partito Repubblicano (del Primo Ministro Karapetyan e del Presidente Serzh Sargsyan) e la Federazione Rivoluzionaria Armena. All’opposizione siedono Armenia Prospera e Stato della Legge (la fazione parlamentare ha mantenuto questo nome, ma il partito si presenta ora come il Partito del Rinascimento), il Congresso Nazionale Armeno e l’Eredità. Si ripresentano al voto anche declinati in nuove coalizioni tutti gli attuali partiti parlamentari. In tutto in campagna sono scesi 9 fra partiti e coalizioni. 

In caso di successo elettorale il partito Repubblica, alla guida del paese da diverse legislature, ha già confermato la continuità di incarico per l’attuale Primo Ministro, considerato una giovane promessa della politica armena. Cinquantatreenne, ex sindaco di Yerevan, legato a Gazprom per attività professionali precedenti alla sua scesa in campo politica, è riuscito a far coltivare almeno delle aspettative sulla possibilità che il governo possa muovere passi nella direzione dell’alleviamento della stagnazione economica. Ma aspettative caute: l’opinione pubblica armena rimane scettica rispetto alle capacità ed effettività della propria classe dirigente. 

Attualmente il Partito Repubblicano ha 69 seggi, ma su 131, cioè il 52%. I restanti seggi vanno in larga parte ad Armenia Prospera (33) mentre gli altri si spartiscono circa 5 seggi a testa. Armenia Prospera è stata in passato in coalizione con il Partito Repubblicano, ora i rapporti sono tanto burrascosi quanto ambigui. 

Oltre alle questioni di socio-economiche interne, a tenere banco nella campagna elettorale è la questione del Karabakh. Il conflitto dal 1994 è in regime di cessate il fuoco, ma dal 2011 il cessate il fuoco regge sempre meno. Un anno fa, nell'aprile del 2016, diveniva conflitto di media intensità e per la prima volta lo status quo sul terreno veniva alterato, con l’Azerbaijan che riconquistava una parte -seppur ridotta- della repubblica secessionista in mano armena. Più un atto politico che un avamposto strategicamente rilevante, ma è chiaro che l’escalation non è destinata al sfumare motu proprio, e la classe politica armena è tenuta a rispondere a un’opinione pubblica rigorosamente su posizioni radicali e non compromissorie. Così come dall’altra parte della linea di fuoco. 




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Le-imminenti-elezioni-in-Armenia-e-le-sue-conseguenze-geopolitiche-di-Marilisa-Lorusso-354-ITA.asp 2017-03-28 daily 0.5