Nazarbaev nello Studio Ovale: una nuova fase per le relazioni USA-Kazakhstan (di Giannicola Saldutti)

La visita istituzionale del Presidente del Kazakhstan Nursultan Nazarbaev presso la Casa Bianca, avvenuta il 16 gennaio, ha goduto di notevole risonanza mediatica, in particolar modo per quanto riguarda il circuito mediatico russo ed americano. Diversi analisti non hanno perso tempo nel rimarcare una circostanza, a parer loro, molto significativa: Nazarbaev è tra le prime figure istituzionali ad essere stata invitata in qualità di ospite di Donald Trump nello Studio Ovale. Il Presidente kazako ha preceduto persino Vladimir Putin nella lista degli ospiti della Casa Bianca stilata dal Presidente americano, cosa che non è certamente passata inosservata ai quanti sono impegnati a “studiare” il comportamento in politica estera del primo anno di presidenza targato Trump, a tratti giudicata “imprevedibile”, nonché la strategia portata avanti dal nuovo corso americano nei confronti di Mosca. Tuttavia, il Presidente del consiglio kazakho per le relazioni internazionali, Erlan Karin, ha tenuto molto diplomaticamente a precisare che, come riportato da Tengrinews.kz, “le visite e gli incontri tra i leader mondiali sono un fatto serio, non è necessario stare a sottolineare chi è stato invitato prima e chi dopo”.

La visita del Presidente kazakho arriva in un momento di grande visibilità per il Paese centro-asiatico, momentaneamente occupante la Presidenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’argomento di maggior portata, secondo quanto trapelato da diverse agenzie di informazione, ha riguardato principalmente gli ultimi sviluppi relativi all’Afghanistan. Secondo il noto analista esperto di Asia Centrale Michael Laubsch “lo Stato Maggiore americano continua a focalizzarsi sulla lotta alle strutture islamistiche, nel caso di specie situate in Afghanistan. Il Presidente degli Stati Uniti discuterà a riguardo di una più proficua collaborazione con il Kazakhstan sotto quest’aspetto.” È stato ipotizzato anche un ruolo di “mediazione” interpretato dal Kazakhstan riguardo i rapporti tra Mosca, Washington ed Ankara: Astana non è nuova ad iniziative di questo tipo, se si considerano gli sforzi profusi negli oltre 20 anni di presidenza Nazarbaev nel tentare di pacificare diverse crisi globali, tra le quali quella tra Iran ed Occidente (riguardo al tema del nucleare) e tra Russia e Turchia (dovuta all’abbattimento del caccia russo in Siria da parte di Ankara). Tuttavia, c’è da considerare che lo scandalo del “Russiagate” tiene ancora in fase di stallo le relazioni personali tra i leader delle due potenze: “non credo che il Presidente degli Stati Uniti, considerando la recente situazione politica interna in seguito alle indagini riguardo i rapporti tra la sua amministrazione ed il Cremlino, voglia sfruttare il suo ospite kazako per mandare dei segnali a Vladimir Putin. E anche lo stesso arrivo a Washington di Nazarbaev prima ancora di Putin non ha alcun significato. Si tratta semplicemente di una questione di circostanza”, ha dichiarato Laubsch. 

Non è da escludere che la visita abbia riguardato anche un argomento da sempre molto caro ad Astana: la proliferazione del nucleare. Nell’ultimo periodo ha tenuto banco la notizia di un ritorno americano agli armamenti, notizia che avrà non poco preoccupato il governo kazako, ancora memore dei disastri ambientali subiti per via degli esperimenti nucleari condotti all’epoca dall’URSS nel poligono di Semipalatinsk. Il Kazakhstan ha fin dalla sua indipendenza rinunciato all’utilizzo dell’energia nucleare. Tuttavia, la politica estera del Kazakhstan e l’interesse nazionale dello stesso non può prescindere dai movimenti strategici delle potenze con cui confina: Mosca e Pechino non staranno di certo a guardare nel caso di un progressivo ritorno degli USA agli armamenti nucleari, ipotesi che Nazarbaev sta tentando di scongiurare con ogni mezzo, fermo restando l’interesse americano nel mantenere l’Asia Centrale una zona “denuclearizzata”. 

I punti  più interessanti hanno senza dubbio riguardato questioni di natura prettamente economica più che politica: fin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica gli Stati Uniti hanno sempre guardato al Kazakhstan come Paese adatto alla proiezione degli interessi energetici americani (basti menzionare l’acquisizione del 50% del consorzio Tengizchevroil da parte del colosso americano Chevron avvenuta ad inizio degli anni ’90). Il portavoce di Nazarbaev ha ufficialmente dichiarato che sono pronti diversi accordi finanziari USA-Kazakhstan dal valore di alcuni miliardi di dollari, mentre il primo ambasciatore americano ad Astana, William Courtney, rimasto in carica fino al 1995, ha rimarcato l’interesse americano per il Paese: “gli USA non vogliono scalzare Russia e Cina dal Kazakhstan, mentre la Russia non intende scacciare via le compagnie energetiche americane e a minare la strategia di sicurezza degli Stati Uniti stessi”. Sarà davvero così semplice? Non secondo quanto riportato dalla Pravda: a spingere Nazarbaev direttamente da Trump sarebbe stata una vicenda che potrebbe avere dei risvolti molto seri nelle relazioni bilaterali tra i due Paesi. Sul finire del 2017 la Bank of New York Melon avrebbe congelato le riserve nazionali kazake per un valore totale di 22 miliardi di dollari (come già accaduto qualche anno fa all’Iran) in seguito all’inchiesta portata avanti da Astana nei confronti dell’oligarca moldavo Anatolij Stati per via di alcuni investimenti fatti dallo stesso nel Paese centro-asiatico. Stati si sarebbe rivolto al tribunale di New York per limitare le perdite, causando la trattenuta delle riserve kazake nei caveau della banca americana. Nazarbaev, in risposta, potrebbe sanzionare le più di 500 compagnie americane che operano sul suolo kazakho, tuttavia non è da escludere che la sua visita a Washington sia stata pensata proprio per risolvere la questione attraverso la diplomazia. 

Astana ha sempre fatto dell’equilibrio una colonna portante della sua politica estera, Nazarbaev sa benissimo quanto costerebbe in termini di stabilità futura uno sbilanciamento delle politiche del Kazakhstan verso entrambi i poli. Una situazione del genere ha destato prevedibilmente le preoccupazioni di Mosca: il Ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, ha parlato di “terrorismo finanziario” nel caso in cui venissero congelate le riserve russe giacenti in America. Non è escluso, dunque, che l’establishment americano stia facendo leva su questa nuova fase delle relazioni con Astana allo scopo di lanciare dei chiari messaggi alla Federazione Russa ed allargare la sua “guerra finanziaria” contro quest’ultima. 




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