Putin a Tashkent: una nuova fase dei rapporti russo-uzbeki? (di Pierluigi Franco)
Si rafforza il quadro di collaborazione tra Russia e Uzbekistan, destinato ad avere effetti su tutta l’area ex sovietica dell’Asia centrale. Ad accelerare il processo di riavvicinamento - soprattutto dopo gli attriti di Mosca con il vecchio leader uzbeko Islam Karimov, morto nel 2016 dopo aver governato di fatto per 27 anni - è stata la visita nell’ottobre scorso a Tashkent del presidente russo, Vladimir Putin. La grande occasione per la prima visita di Stato di Putin, da quando il nuovo presidente Shavkat Mirzioyev è subentrato a Karimov, è venuta dall’inaugurazione ufficiale dei lavori di costruzione di una centrale nucleare a due reattori in Uzbekistan, nei pressi del lago di Aidarcul, al confine tra le regioni di Dzhizzak e Navoiy. Il 19 ottobre i due Capi di Stato hanno premuto simbolicamente un pulsante da Tashkent, in collegamento con l’area dove sorgerà la centrale.
L’impianto sarà realizzato dall'agenzia russa per l'energia nucleare Rosatom con un investimento di 11 miliardi di dollari e, secondo le stime, sarà pienamente funzionante alla fine nel 2028 fornendo un contributo vitale al deficit energetico dell’Uzbekistan, ma anche all’inevitabile rafforzamento del vincolo politico con Mosca.
L’impianto sarà realizzato dall'agenzia russa per l'energia nucleare Rosatom con un investimento di 11 miliardi di dollari e, secondo le stime, sarà pienamente funzionante alla fine nel 2028 fornendo un contributo vitale al deficit energetico dell’Uzbekistan, ma anche all’inevitabile rafforzamento del vincolo politico con Mosca.
Quello inaugurato in Uzbekistan sarà il primo sito di produzione di energia nucleare in uno degli ex Stati sovietici dell'Asia centrale, area che in passato ha visto con diffidenza le questioni atomiche a causa di quanto avvenuto in era sovietica nel poligono di Semipalatinsk, nel nord-est del Kazakistan, dove sono stati eseguiti test nucleari dagli anni ’40 fino alla chiusura del poligono avvenuta nel 1991, lasciando uno strascico di inquinamento e tumori.
Per i vertici uzbeki, in ogni caso, la centrale nucleare di Rosatom rappresenta una vera e propria svolta per il settore energetico del Paese. Putin ha definito il progetto come "nuova industria per l’Uzbekistan", aggiungendo che i due reattori della capacità di 1.200 Megawatt ciascuno produrranno elettricità “a basso costo e pulita” per i cittadini uzbeki, ma anche per gli altri Paesi dell'Asia centrale, poiché l’impianto garantirà stabilità energetica non solo per l’Uzbekistan, ma per l'intera regione.
Per la Russia di Putin il riavvicinamento dell’Uzbekistan nella storica sfera di Mosca è sicuramente un traguardo importante. Ancor più importante se si pensa che il 2018 aveva anche segnato un momento di avvicinamento di Tashkent agli Usa di Donald Trump, dopo l’incontro caloroso del maggio scorso a Washington tra il presidente americano e Mirzioyev.
Un feeling che evidentemente è piaciuto poco a Putin. Così gli ultimi mesi hanno visto un intensificarsi di rapporti diplomatici tra Russia e Uzbekistan, Paese ex sovietico che, con i suoi 30,5 milioni di abitanti, è anche il più popoloso e strategico dell’Asia centrale. Per questo Vladimir Putin è arrivato a Tashkent non solo per inaugurare la centrale atomica, ma anche per dare avvio a una strategia di cooperazione complessiva.
Il presidente russo ha infatti annunciato che Russia e Uzbekistan creeranno una commissione per i progetti di cooperazione. La commissione sarà presieduta dai primi ministri dei due Paesi e si occuperà degli aspetti strategici della cooperazione economica, tecnologica e negli investimenti. Intanto, come primo atto, il ministero uzbeko dell’Economia ha reso noto che, nel corso della visita del presidente russo, sono stati firmati accordi tra i due Paesi per 27,1 miliardi di dollari.
Ma anche sul piano politico Putin ha giocato le sue carte. Parlando dei negoziati, il presidente russo ha rimarcato il ruolo dell’Uzbekistan come parte attiva nei colloqui sull'Afghanistan per arginare le minacce legate alla diffusione del terrorismo, del narcotraffico e della criminalità organizzata . Un riconoscimento importante che ha già portato i vertici uzbeki a pesare non poco al tavolo al quale erano seduti anche i capi dei Talebani, convocati da Mosca nella convinzione che è possibile avviare trattative soltanto con il confronto tra tutte le parti in causa.
L'ultima visita di Putin in Uzbekistan era stata effettuata nel 2016, quando il Paese stava affrontando una fase di incertezza politica in seguito alla morte di Karimov. I legami bilaterali tra Russia e Uzbekistan si erano progressivamente deteriorati negli anni precedenti e avevano toccato il minimo storico nel 2012, dopo l’uscita di Tashkent dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), blocco militare guidato da Mosca e che ora conta sei Paesi ex sovietici (Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan).
La posizione dell'Uzbekistan ne evidenzia il ruolo strategico nel contesto dell’Asia centrale, confinando con Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan, Afghanistan e Turkmenistan. E’ anche un Paese ricco di risorse e molto ambito per gli scambi internazionali, soprattutto dalla Cina. Ma, per ora, Putin sembra aver dato scacco a tutti.