Quando l'economia globale batte la legge della relatività (di Dario Delbò)

“Il tempo è denaro” recita un vecchio proverbio popolare. 

Mosca dev'essere di questa idea se a cinque anni dallo scoppiare della guerra civile in Siria ha deciso di entrare proprio ora nel martoriato scenario medio orientale, d'altronde qualche sceicco laggiù in Arabia comincia a chiedersi quanto tempo ancora potrà comprare con tutte le proprie riserve, prima dell'inizio della fine di quello che sembrava uno status divino più che un impero economico e tutto questo in una cornice quasi relativistica, ovvero in un caleidoscopio economico/politico dove il tempo sembra percepito come finito per alcune super potenze, (la Cina) agli sgoccioli per altre, (la Russia) e dilatarsi a dismisura per le restanti, (gli Usa). 
Noi uomini della strada percepiamo che si sta aprendo una nuova fase geopolitica internazionale con risvolti economici interconnessi, o almeno così ci dicono stia avvenendo, come se tutti i recenti accadimenti sullo scacchiere politico internazionale facessero parte di un unico arazzo sfaccettato ma coerente, così ampio da faticare a distinguerne i contorni ma allo stesso tempo chiaramente delineato in un'unica trama indissolubile e concatenata.

Proviamo quindi ad avvicinarci al “quadro degli eventi” e a riassumerli nel modo più schematico possibile per trarne un filo logico.
In primis, come sempre c'è il denaro, che assume diverse forme e nel nostro arazzo è liquido e oleoso: le quotazioni del petrolio dopo una recente impennata, innescata dalla chiusura di moltissimi pozzi in nord America strozzati da un prezzo al barile che non permetteva più investimenti sostanziosi in nuove trivellazioni piuttosto che del mantenimento di offshore divenuti troppo onerosi, ma soprattutto dalla dichiarazione dell'Opec di una riunione apposita per “armonizzare” i prezzi  che noi avevamo dato già per probabile negli articoli dei mesi passati, hanno subito un nuovo calo, sicuramente alimentato dai timori per l'eccesso di scorte ma la notizia market mover è stata che gli esperti dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio non sono riusciti a trovare un accordo su nuove misure a sostegno dei prezzi in occasione delle trattative svoltesi a Vienna qualche giorno fa. Il decisivo vertice ufficiale dell’OPEC si terrà quindi il 4 dicembre e si profila a oggi una totale incognita.

Ma cosa c'entra questo con Mosca e la Siria?
Dobbiamo infatti ricordare che se i due grandi contendenti nell'area sono sicuramente gli USA e la Russia, essi hanno degli alleati e si muovono quasi seguendo la vecchia strategia delle zone d'influenza ricordo della guerra fredda; anche la Turchia e soprattutto l'Arabia Saudita chiedono le dimissioni di Assad che invece è strenuamente difeso dai Russi e dalla galassia Sciita dell'Iran. 
Ora, tutti  questi paesi che sono nemici sullo scacchiere Siriano, sono invece alleati nell'Opec e nei paesi produttori non Opec a chiedere una stabilizzazione delle quotazioni del petrolio, che altro non vuol dire che un  incremento a livelli superiori a quelli attuali. 

E allora il tempo; eccolo che entra in gioco, infatti non tutti questi paesi hanno la stessa dipendenza dal greggio nell'economia nazionale o possono reggere una mancanza di introiti da oro nero per lo stesso periodo. Standard & Poor's Ratings Services ha confermato i rating "BB+/B" (valuta estera) e "BBB-/A-3" (moneta locale) di lungo e breve termine assegnati alla Russia, l'outlook resta negativo visto che "le riserve fiscali potrebbero deteriorarsi, più velocemente del previsto, nei prossimi 12 mesi” e le vicende geopolitiche potrebbero tradursi in un deciso inasprimento delle sanzioni. Inoltre le riserve del paese stanno drasticamente riducendosi, anche sotto l'effetto della svalutazione del Rublo, (vedi precedenti articoli) e questo pone la Russia in una situazione di corsa contro il tempo, in quanto sul lungo periodo le ripercussioni socio economiche potrebbero farsi rilevanti per la stessa vita della popolazione.

Se poi ci spostiamo molto a sud, diventa importante tenere a mente un nome:
Salman Bin Abdulaziz Al Saud che ai più non dirà nulla ma la sua importanza è testimoniata non da ultimo dai 32 miliardi spesi per festeggiare la sua ascesa al trono, si tratta infatti del nuovo sovrano  dell'Arabia Saudita, paese da mille e una notte galleggiante su un petrolio che gli ha dato prosperità e ricchezza ma che ora, come nel rovescio di una clessidra sta causando lo svuotamento dei forzieri del paese e delle sue enormi ricchezze accumulate in riserve estere, (attualmente si stima siano 645 miliardi di dollari) tanto che recentemente sono apparsi articoli di giornale allarmistici, in cui si calcola che se il prezzo del greggio rimanesse a livelli attuali, l'Arabia Saudita avrebbe solo cinque anni prima di fare default e vedere crollare la propria economia.
E allora ecco che il tempo, la politica e il denaro si intrecciano indissolubilmente nel nostro complicato arazzo che forse ora diviene un poco più definito, può quindi non essere un caso che se la Russia assieme ad altri paesi Opec “allineati” chieda da mesi un vertice per tagliare la produzione e frenare la discesa del petrolio, prima l'Arabia acconsenta a fissarlo, per poi, appena il ministro degli esteri Adel al-Jubeir afferma il totale disaccordo con Mosca sulla permanenza di Assad, dichiarare che il pre vertice preparatorio è fallito e rimandare tutto alla riunione di dicembre. L'Arabia ha la percezione di avere più tempo rispetto alla Russia e come in una partita di Poker, intende sfruttare questo suo vantaggio tattico per fare pressione sull'alleato \ avversario.
Tempo relativo dunque, che sembra sfaccettarsi ancor di più se guardiamo ad esempio ad altri accadimenti macro economici e alla Banca Centrale Europea di Mario Draghi che ha dichiarato come nel corso dell’anno, potrebbe essere annunciato un ulteriore allentamento monetario e questo mentre i commentatori hanno messo in evidenza la differenza tra la politica adottata dalla BCE totalmente contrapposta a quella della Federal Reserve Americana, quest'ultima prevede infatti di alzare i tassi di interesse all’inizio del 2016 e i riflettori sono già tutti puntati sulle sue dichiarazioni, attese per questo mercoledì. Giusto per non stare in disparte e chiudere il cerchio, venerdì scorso anche  la Banca Popolare Cinese ha tagliato i tassi d'interesse e si tratta del sesto taglio dal novembre scorso e nel complesso di uno dei maggiori interventi pubblici delle autorità statali nell'economia del paese asiatico.

Ecco allora che ritorna tutto al tempo e al modo di interpretarlo, i protagonisti in campo lo usano e ridefiniscono in base alle proprie necessità e cercando di trarne vantaggio nell'utilizzo tattico ma sembrando dar poca importanza a una realtà economica ormai interconnessa globalmente e che per prosperare ha bisogno di scelte condivise, necessariamente passanti per mediazioni, piuttosto che per  contrapposizioni in blocchi.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Quando-l-economia-globale-batte-la-legge-della-relativita-di-Dario-Delbo-158-ITA.asp 2015-10-29 daily 0.5