Si è tenuto a Genova lo scorso 13 e 14 giugno un importante convegno sulla Nuova Via della Seta (di Guido Alberto Casanova)

Il 13 e 14 giugno si è svolto a Genova il convegno intitolato “La Nuova Via della Seta – un'opportunità di sviluppo per Genova e per l'Italia” e organizzato da Confassociazioni Liguria. Nel corso di tre panel, moderati dal presidente di Confassociazioni Liguria Eugenio Novario, sono intervenuti più di 15 esperti provenienti da diversi paesi quali Cina, Cipro, Grecia, Russia e Uzbekistan. Numerose e di primo piano sono state anche le presenze italiane. Il convegno dedicato alle opportunità presentate dai progetti di connettività e infrastrutture promossi dal governo cinese sotto l'etichetta della Belt and Roas Initiative si è articolato in tre sessioni: nella prima si è discusso del quadro geopolitico in cui tali progetti si collochino e quali sfide per l'Italia essi comportino; nella seconda l'attenzione si è spostata su come le Nuove Vie della Seta possano essere una risorsa per Genova e per l'Italia e quali benefici se ne possano ottenere con una cosciente partecipazione; nella terza, infine, il tema centrale è stato il bisogno di uniformare gli strumenti legali (internazionali e non) che deve necessariamente accompagnare la titanica opera di integrazione economica operata dalla Cina.

Il convegno si è svolto in collaborazione con l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, il cui dirigente Paolo Piacenza ha aperto il convegno coi saluti istituzionali, e con la regione Liguria impersonata dall'assessore Giovanni Berrino, il quale ha sottolineato come Genova possa esser un ponte straordinario tra le oportunità del dinamismo economico asiatico e il resto dell'Europa grazie alla sua posizione strategica all'interno del sistema di infrastrutture italiane ed europee. Berrino poi ha fatto presente due considerazioni fondamentali: da un lato ha posto l'accento sulla necessità di tener sotto controllo che le mire geopolitiche dei paesi terzi non pregiudichino la capacità dell'Italia di mantenere i controllo delle proprie infrastrutture strategiche, ma dall'altro ha fatto presente che il paese deve lavorare in sinergia per prevalere sul nord Europa nella competizione per attrarre gli investimenti cinesi.

Aprendo il primo panel, Eugenio Novario ha introdotto il concetto che la Belt and Road Initiatve (BRI) sia anche e soprattutto un'idea geopolitica che la Cina ha fatto propria per sottrarsi all'egemonia marittima degli Stati Uniti. Sviluppare una rete che possa permettere di raggiungere i mercati collocati all'altro capo della massa continentale euroasiatica attraverso le vie di comunicazione terrestri è infatti per Pechino anche un'opportunità per rinsaldare i rapporti politici con gli Stati coinvolti nei propri progetti infrastrutturali. Nonostante le enormi potenzialità geopolitiche del colosso cinese e i relativi timori rispetto alle sue intenzioni, però, Novario ha ricordato che esistono importanti argini contro l'espanisionismo di Pechino: due tra tutti, l'incognita del debito cinese che potrebbe aumentare significativamente per effetto dell'enorme massa finanziaria correlato alla realizzazione della Belt and Road Initiative e le probabili difficoltà geopolitiche che il Partito Comunista Cinese sarà costretto ad affrontare probabilmente anche nel proprio cortile di casa.

Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes”, ha identificato due livelli per analizzare la strategia cinese: da un lato a Pechino esiste una volontà di usare la BRI per riequilibrare le varie “Cine” (in primis l'instabile Xinjinag), dall'altro il progetto di interconnessione serve a creare i canali necessari a reperire le risorse di cui la crescita cinese ha bisogno oltre ad facilitare l'ascesa a potenza globale del colosso asiatico, non ultimo nel campo della competizione con gli Stati Uniti per lo sviluppo delle tecnologie d'avanguardia. Infine Caracciolo ha ricordato come l'Italia non si possa permettere di non avere una regia centrale nella gestione dei rapporti con la Cina, stabilendo le priorità della propria agenda nella consapevolezza di non essere un paese estraneo alle dinamiche geopolitiche secondo le quali gli Stati Uniti non possono considerare l'approccio “economicistico” di Roma come neutrale.

L''ex ambasciatore in Cina e Iran, Alberto Bradanini, ha ampliato il dibattito sul posizionamento internazionale dell'Italia sullo scacchiere globale. Partendo dalla considerazione che la crisi ucraina ha fondamentalmente capovolto la manovra diplomatica di Nixon negli anni '70, favorendo il riavvicinamento di Mosca e Pechino, Bradanini ha evidenziato come l'intesa raggiunta dal governo Conte col presidente Xi sia stato un passo importante per favorire la cooperazione tra i due paesi nello sviluppo dei progetti di connettività infrastrutturale nell'area eurasiatica. Nonostante i dubbi circa la preparazione dell'Italia, l'ex ambasciatore ha sostenuto la validità di una mossa che in sostanza contribuisce alla protezione degli interessi nazionali, soprattutto in mancanza di una politica europea che sia davvero comune ma che è in realtà velatamente accomodante nei confronti del direttorio franco-tedesco.

Fabio Indeo, analista del Center for Energy Governance and Security di Seul, si è invece concentrato sulla principale area di transito terrestre della BRI, ossia l'Asia Centrale. L'interesse cinese sarebbe quello di diversificare le proprie rotte commerciali così da diminuire la propria dipendenza dal trasporto marittimo e di creare una sinergia tra prosperità economica e sicurezza nell'area in modo da creare un cuscinetto attorno alle proprie turbolente regioni occidentali. Le repubbliche centro-asiatiche, d'altro canto, sarebbero interessate agli investimenti nelle infrastrutture per rivoluzionare la propria connettività e smarcarsi dallo status periferico nei contronti di Mosca a cui l'era sovietica le aveva relegate. Grazie alla propria centralità geografica, dunque, i cinque paesi sono riusciti ad avviare un processo di cooperazione multilaterale per inserire le proprie esigenze locali nel progetto cinese: un fatto che Indeo ha suggerito debba essere da esempio per Genova e per i porti italiani.

Le conclusioni del panel sono state tratte da Alessia Amighini, dell'ISPI, la quale in primo luogo ha fatto notare lo straordinario connubio tra strategie comunicative e politiche di cooperazione rappresentato dalla BRI. Amighini ha fatto notare che l'Italia abbia, malgrado la cronica mancanza di consapevolezza, un ruolo principe da sfruttare come porta d'accesso dell'Europa dal Mediterraneo, che nella mutata geoeconomia globale sta riacquisendo la sua centralità. A complementare questa considerazione, sta il fatto che la BRI deve essere compresa come una rete transcontinentale, fatta di snodi attraverso cui i traffici possono articolarsi secondo un principio di circolarità: a dominare il gioco dunque saranno le città e i porti che andranno a costituire quella rete di snodi e per l'Italia la migliore scelta non può che essere Genova e Trieste.

Il secondo panel si è aperto con gli interventi in collegamento video dalla Grecia e da Cipro, possibili grazie alla collaborazione di Marco Florian Enad. Theofanis Sotirios, presidente dell'autorità portuale di Salonicco, ha approfondito le prospettive per uno siviluppo sinergico tra i porti del Mediterraneo come Genova e Salonicco, collocati strategicamente per fungere da hub intermodali per le infrastrutture europee….. Harris Samaras, in seguito, è intervenuto per illustrare i rapporti tra Cipro e Genova e come essi possano essere integrati nei progetti della BRI.

Il direttore generale di TELT, Mario Virano, ha poi portato al centro del discorso le prospettive di ampliamento delle reti ferroviarie. Evidenziando l'aumento dei traffici su rotaia e le prospettive per i futuri necessari potenziamenti, l'attenzione è stata quindi spostata su come l'UE si stia adoperando per promuovere la propria integrazione ferroviaria e la connettività tra le maggiori aree urbane del continente, un passo necessario per far fronte alle opportunità e alle sfide insite nella BRI.

Successivamente Eugenio Muzio, AD di Combitec, ha sottolineato che per il momento i porti del nord Europa sono i maggiori snodi per il commercio marittimo tra Europa e Cina ma che lo sviluppo infrastrutturale dei porti di Genova e Trieste possiede un potenziale enorme per ridisegnare la geoeconomia dei traffici. Genova in particolare, posizionata strategicamente, se migliorata nella sua capacità di instradare le merci su ferrovia e se ampliate le strutture degli approdi potrebbe diventare un nuovo fondamentale punto d'accesso non solo per il mercato italiano ma anche per tutti i mercati europei. Il tema degli investimenti dunque rimane centrale e il memorandum firmato da Italia e Cina in marzo intende affrontare anche questa questione.

Laura Ghio, dirigente del porto genovese, ha quindi affrontato il tema del business marittimo tra Cina e Italia, contestualizzandolo all'interno della strategia d'interconnettività proposta da Pechino. Già oggi il porto di Genova vale più di un terzo di tutto il traffico via mare tra i due paesi ed è una delle più importanti realtà del Mediterraneo occidentale. Inoltre esso può fornire un accesso privilegiato al cuore industriale europeo situato appena a nord delle Alpi, il ché potrebbe costituire un vantaggio notevole sia in termini di tempo necessario a raggiungere i mercati di destinazione sia in termini di costo. A tal proposito però è necessario implementare i progetti di trasporto intermodale che permetterebbero una miglior connettività al porto di Genova.

L'ultimo relatore del panel è stato Ernest Sultanov, fondatore del Silk Road Cities Forum. Concentrandosi sulle problematiche legate al traffico intermodale, Sultanov ha evidenziato come importanti questioni debbano essere risolte per accelerare la velocità degli scambi lungo le direttrici ferroviarie, prime tra queste l'ammodernamento delle coperture legali e la facilitazione di soluzioni tecniche e tecnologiche. Il trasporto su rotaia possiede poi del potenziale non solo per il commercio di quei beni ad alto valore aggiunto ma anche per l'emergente settore dell'e-commerce, con notevoli ricadute in termini di opportunità per il business dei paesi interessati. Ciò è maggiormente vero soprattutto se considerato che, al momento, ancora decine di migliaia di container sono costretti a tornare in oriente vuoti per via di un ancor troppo marcato squilibrio nel commercio ferroviario.

A trarre le conclusioni della giornata è stato il presidente di Confassociazioni Andrea Deiana, il quale ha suggerito che l'Italia debba fare considerazioni di ampio respiro quando si parla di BRI e interconnessione euro-asiatica. Da un lato l'essere un ponte straordinario tra est e ovest e tra nord e sud ci pone in una condizione particolarmente vantaggiosa della quale però dobbiamo saper approfittare, individuando quelle aree d'intervento infrastrutturale necessarie per sbloccare il potenziale delle città italiane. Dall'altro la crescente integrazione può anche essere un'arma a doppio taglio che faremmo bene a tenere in conto e che dovrebbe spingerci a non limitarci ad una sola partnership quando guardiamo a oriente, ma a scoprire invece le possibili sinergie con le altre dinamiche realtà esistenti in Asia.

Il tema principale del panel del 14 giugno è stato quello della questione regolatoria lungo le vie della BRI. Dopo i saluti degli avvocati Vaccaro e Nicolini e dopo il discorso di introduzione di Eugenio Novario, la parola è stata presa da Xie Ying e Kamilla Khamraeva dello studio legale Pavia & Ansaldo. In primo luogo l'attenzione è stata posta sulle nuove possibilità per gli investimenti apertesi col progetto di cooperazione in paesi terzi, concordato da Italia e Cina: nei paesi interessati dallo sviluppo infrastrutturale euro-asiatico, le imprese dei due paesi hanno ora a disposizione importanti strumenti legali per assicurare la conformità agli standard di trasparenza internazionali e alle norme nazionali dei paesi interessati. Un esempio è quello dell'Uzbekistan, paese fondamentale per lo sviluppo della BRI, dove alcuni importanti riforme del panorama regolatorio nazionale favoriscono gli investimenti stranieri nel paese. L'Avv. Del Conte, sempre dello Studio Pavia & Ansaldo, ha poi illustrato le opportunità di consulenza e di networking per le imprese italiane dell'area.

Davide Maresca, dell'Università delle Camere di Commercio Italiane, ha poi messo l'accento sui regolamenti europee che fanno da quadro agli investimenti cinesi. Pur sottolineando che nella legislazione vigente esistono diversi iter possibili per bloccare un investimento straniero reputato rischioso per l'ordine e le sicurezza pubblica, Maresca ha spiegato che la normativa per la tutela della concorrenza da un lato pone sullo stesso piano imprese pubbliche, private, europee e non europee ma dall'altro che essa non pone restrizioni rispetto alle imprese di paesi extra-europei riceventi aiuti pubblici.

In seguito l'avvocato Carlo Merani è tornato su quest'ultimo tema. Tenendo in considerazione le notevoli differenze tra le strutture del mercato europeo e di quello cinese, il tema centrale è stato quello della necessità di creare un quadro legale per la cooperazione infrastrutturale nel segno della reciprocità e della trasparenza. Attraverso le direttive e il codice dei contratti pubblici degli ultimi anni, infatti, l'UE sta cercando di creare un sistema regolatorio che sia in grado di ovviare a distorsioni e differenze tra i due mercati. Ciononostante, esistono ancora importanti lacune normative da colmare.

Infine, l'avvocato Francesco Brugnatelli si è soffermato sulla rilevanza delle regole non giuridiche ed in particolare di quelle culturali nell'attività di business tra Italia e Cina. 




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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