Sicurezza energetica in Asia centrale: gli effetti positivi della cooperazione regionale (di Fabio Indeo)

Il raggiungimento di una condizione di sicurezza energetica - ovvero garantirsi regolari approvvigionamenti energetici senza interruzioni improvvise – rappresenta in linea generale l'obiettivo condiviso sia delle nazioni esportatrici (suppliers) e sia delle nazioni invece dipendenti dalle importazioni.

In Asia centrale, la dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991 pose le nuove repubbliche indipendenti in una condizione di estrema vulnerabilità per la disintegrazione della rete di distribuzione energetica regionale operante in epoca sovietica, che per quanto “Mosco-centrica” assicurava approvvigionamenti di elettricità, gas e petrolio a tutti gli stati.

Inoltre, in Asia centrale il concetto di sicurezza energetica assume differenti declinazioni, considerando le diverse esigenze delle repubbliche nazionali: Kazakhstan e Turkmenistan rivestono il ruolo di importanti esportatori regionali e globali di idrocarburi - ragion per cui il raggiungimento di una condizione di sicurezza energetica avverrà attraverso una diversificazione delle rotte d'esportazione - , mentre Kirghizistan e Tagikistan sono fortemente dipendenti dalle importazioni energetiche provenienti da Russia ed Uzbekistan, in quanto nel corso di questi 26 anni non sono riuscite a sviluppare l'enorme potenziale di energia idroelettrica per poter raggiungere una condizione di autosufficienza energetica e di legittimarsi come esportatori di elettricità in ambito regionale.

Per quanto concerne l'Uzbekistan, le vaste riserve energetiche di petrolio e gas naturale sono in larga parte allocate per soddisfare la consistente domanda interna di energia (metà della popolazione dell'Asia centrale vive nella repubblica uzbeca) anche se Tashkent esporta comunque gas naturale sia verso la Russia che verso la Cina. Tuttavia, è proprio la sua posizione di centralità geografica nel cuore dell'Asia centrale, confinante con le restanti 4 repubbliche post-sovietiche e con l'Afghanistan, che permette all'Uzbekistan di svolgere un interessante ruolo di hub energetico regionale, come centro di distribuzione di gas naturale ed elettricità (sia prodotta in loco che come area di transito per le esportazioni dei paesi vicini) verso i mercati regionali.

Dall'indipendenza nazionale le repubbliche centroasiatiche hanno sviluppato delle strategie energetiche nazionali per garantirsi la condizione di sicurezza energetica: la diversificazione delle rotte d'esportazione e lo sviluppo autonomo delle risorse  esistenti (petrolio, gas naturale ed acqua) furono i necessari passi da compiere per affrancarsi dalla dipendenza russa e per realizzare gli obiettivi dell'indipendenza economica e della sovranità politica. Uno dei maggiori problemi era legato alla condizione geografica di nazioni “landlocked” - senza sbocchi sul mare – mentre la  Russia continuava a rappresentare l'unica opzione esistente e concreta per l'esportazione di idrocarburi, scenario che accentuava ulteriormente la loro dipendenza da una sola ed esclusiva rotta d'esportazione.

Inoltre, le opportunità delle repubbliche centroasiatiche di raggiungere i mercati internazionali sono strettamente connesse alla disponibilità e al coinvolgimento degli stati confinanti, che spesso rivestono il ruolo di necessari corridoi di transito per permettere all'offerta energetica di raggiungere la domanda.

Ne consegue che una politica di cooperazione regionale fondata su solide relazioni politiche-diplomatiche e su una collaborazione improntata al raggiungimento di comuni obiettivi costituisca la chiave di volta per rafforzare la condizione di sicurezza energetica regionale, ed attuare con successo la strategia di diversificazione delle rotte d'esportazione, riducendo l'influenza e il semi-monopolio esercitato dalla Russia.
Indubbiamente, il gasdotto Cina-Asia centrale inaugurato nel 2009 si configura come uno dei maggiori esempi di riuscita cooperazione regionale in ambito energetico: allo stato attuale, il Turkmenistan (quarta nazione al mondo per riserve di gas) ha la possibilità di far transitare le proprie esportazioni di gas naturale attraverso il confinante Uzbekistan e successivamente il Kazakhstan prima di raggiungere i mercati cinesi attraverso il confine sino-kazako di Khorgos. Analoga possibilità hanno altri due produttori/esportatori di gas naturale come Kazakhstan ed Uzbekistan che riescono quindi a vendere il loro gas alla Cina grazie alla collaborazione regionale che ha portato alla costruzione di nuove reti infrastrutturali domestiche (leggi gasdotti di inter-connessione nel territorio nazionale) e al loro sfruttamento.

Inoltre, il progetto cinese d'includere anche il Kirghizistan e il Tagikistan come nazioni di transito nella quarta “bretella” d'imminente costruzione all'interno del gasdotto Cina-Asia centrale rafforza le prospettive legate ad un miglioramento della cooperazione regionale, con risultati tangibili dei quali beneficiano le repubbliche dell'area.

Tuttavia l'influenza russa rimane una condizione di difficile superamento, basti pensare che lo stesso Kazakhstan - del quale viene sottolineato il successo della sua strategia multivettoriale in politica estera - fa transitare oltre il 70% delle sue esportazioni di petrolio nella rete di oleodotti che attraversa il territorio dell'ex madrepatria, nonostante esporti anche verso la UE (via petroliere sul Caspio) e la Cina.

Oppure, i rallentamenti dei nuovi progetti di gasdotto in Turkmenistan (il gasdotto TAPI, Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India e il gasdotto transcaspico) consentono alla Russia di ripresentarsi come un partner energetico capace di far affluire le esportazioni di gas turkmeno sul mercato europeo nel breve periodo, estendendo la sfera d'influenza russa sul appetibile settore energetico turkmeno. La  partnership energetica con l'Iran risultava agevolata dalla frontiera condivisa, e non rendeva necessario promuovere la cooperazione regionale con le altre repubbliche centroasiatiche come nazioni di transito, ma le irrisolte questioni economiche tra i due paesi hanno fatto tramontare questa opzione energetica.

Le forti resistenze ad estendere la cooperazione regionale alla gestione della risorsa idrica sembrano in corso di superamento, visti gli sviluppi positivi nelle relazioni bilaterali e multilaterali tra le nazioni ricche di acqua (Kirghizistan e Tagikistan) e quelle a valle che necessitano dell'acqua per le coltivazioni di cotone. Il nuovo corso intrapreso dal presidente uzbeco Mirziyoyev in politica estera, fondato sullo sviluppo della cooperazione regionale, ha di fatto gettato le basi per la realizzazione della centrale idroelettrica di Rogun in Tagikistan, destinata a produrre energia elettrica per il fabbisogno interno e per l'esportazione nei paesi vicini. Le due iniziative che miravano alla realizzazione di centrali idroelettriche come Rogun o Kambarata in Kirghizistan rientrano in quel progetto denominato CASA-1000, destinato a rafforzare la sicurezza energetica regionale con la distribuzione di elettricità da queste repubbliche ai paesi vicini dell'Asia centrale e meridionale.

Il miglioramento delle relazioni bilaterali tra l'Uzbekistan e questi due paesi di fatto ha permesso di ricostituire una rete di distribuzione sub-regionale, non ancora completa ma promettente, che consente al Turkmenistan di esportare elettricità al Tagikistan - attraverso il territorio uzbeco – in aggiunta al fatto che Tashkent ed Ashgbat esportano energia elettrica in Afghanistan, cercando di coinvolgere l'instabile vicino in un quadro di cooperazione regionale come precondizione per il raggiungimento di una condizione di stabilità e sicurezza.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Sicurezza-energetica-in-Asia-centrale-gli-effetti-positivi-della-cooperazione-regionale-di-Fabio-Indeo-609-ITA.asp 2019-01-30 daily 0.5