Transizione politica in Turkmenistan e continuità: da Gurbanguly a Serdar Berdymukhamedov (di Fabio Indeo)

La decisione del presidente del Turkmenistan di indire a metà marzo elezioni presidenziali anticipate ha formalmente avviato un processo di transizione politica in questa repubblica centroasiatica, anche se in realtà questa transizione si è compiuta attraverso una successione dinastica, sul modello delle monarchie, con la scontata elezione del figlio quarantenne di Berdymukhamedov, Serdar. Infatti, a seguito di una riunione straordinaria dell’Halk Maslakhaty (Consiglio del Popolo) - organismo originariamente consultivo che è diventato nel 2020 la camera alta del parlamento attraverso una modifica della costituzione - tenutasi a febbraio, il presidente Gurbanguly Berdymukhamedov ha annunciato le proprie dimissioni per “lasciare spazio ai giovani”.

Nonostante la scadenza naturale del suo terzo mandato (il primo di durata settennale) fosse prevista nel 2024, il presidente uscente ha deciso di intraprendere un processo di transizione pilotato dall’alto, inaugurando un modello di successione di tipo dinastico sostanzialmente nuovo nell’Asia Centrale post sovietica, ma che ricalca il percorso di successione realizzatosi in Azerbaigian dove nel 2003 Heidar Aliyev nominò suo figlio Ilkam come candidato alla presidenza. Nonostante il consenso ridotto (73%) rispetto al plebiscito “bulgaro” ottenuto dal padre nelle tre precedenti consultazioni (97% dei voti ottenuti nelle due elezioni del 2012 e 2017, 89% in quelle del 2007) e la partecipazione formale di otto candidati, le elezioni turkmene non sono state conformi ai criteri internazionali di libertà e trasparenza - anche per l’assenza di osservatori indipendenti per monitorare le operazioni - ma riflettono la natura di una satrapia autoritaria. Serdar ha ricevuto l’investitura di candidato presidenziale dal Partito Democratico, il partito al potere: in Turkmenistan vige un sistema politico formalmente multipartitico, nel quale sono riconosciuti ufficialmente solo due partiti - il Partito Agrario e il Partito degli Industriali e degli Imprenditori - su posizioni filo-governative e che non rappresentano quindi un’opposizione politica, i quali  hanno nominato dei candidati sconosciuti, senza nessuna possibilità di successo (il secondo posto tra i candidati è stato ottenuto dal vice rettore dell’Istituto statale di cultura fisica e sport con l’11% dei voti). 

Questa successione presidenziale dinastica è stata accuratamente preparata nel tempo da Berdymukhamedov padre, il quale ha progressivamente inserito il figlio Serdar sulla scena politica dandogli visibilità e crescenti poteri. Serdar Berdymukhamedov ha iniziato la sua carriera politica come membro del parlamento nel novembre 2016, successivamente promosso alla carica di vice ministro degli esteri nel marzo 2018, vice governatore e poi governatore della provincia di Ahal (2019), ministro dell’industria nel 2020, per poi fare il salto di qualità nel 2021 con la nomina a membro del consiglio di sicurezza e soprattutto vice primo ministro, carica strategica in Turkmenistan in quanto non esiste la figura di primo ministro, ed è lo stesso presidente a presiedere il gabinetto dei ministri, diventando in sostanza la seconda persona più potente della nazione. Con una misura ad hoc per le ambizioni politiche di Serdar, una riforma della costituzione nel 2016 introdusse un’età minima per partecipare alle elezioni presidenziali, abbassandola a 40 anni, età che il neo-presidente ha raggiunto nel 2021.

Una combinazione di fattori appare aver accelerato questa transizione ed il processo di successione, innescata dalle improvvise dimissioni di Berdymukhamedov: in primis, l’incerto stato di salute del presidente uscente (nell’estate del 2019 venne addirittura dato per morto a causa di una sua lunga ingiustificata assenza dalla scena pubblica) potrebbe aver reso necessario il compimento di questa transizione politica pilotata, per evitare focolai di instabilità e potenziali minacce al mantenimento del potere e dell’influenza economica, derivanti dalla mancanza di un chiaro meccanismo di successione. Da sottolineare come questa preoccupazione condizionò anche la transizione del 2006, ovvero la successione del primo presidente del Turkmenistan indipendente Saparmurat Nyazov, il “Turkmenbashi”, che infatti venne pilotata dalle elites politiche per mantenere una condizione di status quo e preservare il potere.

Un altro elemento che ha influito in questo processo è stato il potenziale destabilizzante rappresentato dalle rivolte popolari in Kazakhstan, che hanno destato profonda preoccupazione tra le repubbliche autoritarie dell’Asia Centrale ed in modo particolare in Turkmenistan, dove la situazione economico-sociale presenta pericolose similitudini con lo scenario kazako: diffusa povertà e mancata redistribuzione dei proventi economici prodotti dalle esportazioni energetiche, mancata diversificazione economica, rapido aumento dei prezzi, innescato in Turkmenistan dall’eliminazione negli ultimi cinque anni dei sussidi su alcuni beni di prima necessità (in precedenza, Berdymukhamedov padre aveva confermato la politica nyazoviana per cui gas, elettricità, carburante ed acqua erano gratuiti).

Dal discorso inaugurale tenutosi il 19 marzo, si evince la volontà del neo presidente di agire in linea di continuità con il passato, ovvero confermando l’adesione al principio di neutralità in politica estera,  condizione che “permetterà di sviluppare relazioni proficue sia in ambito regionale che internazionale”, con l’obiettivo di procedere ad una diversificazione delle relazioni economiche con gli attori regionali e globali. Ciononostante, la ribadita neutralità stride con la proclamata intenzione di dotarsi di equipaggiamenti militari moderni ed armi, anche perché in trent’anni di indipendenza il Turkmenistan non è stato coinvolto in nessun conflitto: questa volontà di potenziamento e modernizzazione dell’apparato militare probabilmente risponde al mutato quadro geopolitico globale e regionale, connotato dall’attuale conflitto tra Russia ed Ucraina e dalle potenziali minacce sulla frontiera orientale con l’Afghanistan, temendo destabilizzanti incursioni armate di jihadisti centroasiatici appartenenti allo Stato Islamico, che si contrappongono ai Taliban con i quali il Turkmenistan mantiene solide relazioni politiche, testimoniate dall’apertura della rappresentanza diplomatica dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan ad Ashgabat.

In tema di continuità politica, si può rilevare il definitivo superamento del mito del Turkmenbashi - il cui culto è stato soppiantato da quello del suo successore -  in quanto il nuovo presidente ha prestato giuramento sulla Costituzione e sul Corano ma non sul Ruhnama, testo spirituale scritto dal primo presidente Nyazov e che si credeva dovesse far parte del cerimoniale, in quanto ha permeato obbligatoriamente per anni la vita pubblica nazionale.

Nel corso dei suoi 16 anni di presidenza, Gurbanguly Berdymukhamedov ha progressivamente smantellato l’eredità politica di Nyazov, attraverso una serie di riforme (per la maggior parte puramente cosmetiche) che hanno modificato solo parzialmente l’assetto politico-istituzionale della satrapia turkmena. Il presidente uscente è l’artefice del passaggio da un sistema monopartitico-totalitario (fondato sul partito del presidente, il Partito Democratico) ad un sistema formalmente multipartitico, con la creazione tra il 2012 e il 2014 del Partito Agrario e del Partito degli Imprenditori, su posizioni filo-governative e non di opposizione al potere costituito. Inoltre, Berdymukhamedov intervenne per correggere le distorsioni più gravi prodotte dalle politiche del suo predecessore - riapertura di librerie ed ospedali, sistema pensionistico, maggiore accesso ad internet - in quanto potenzialmente foriere di conflittualità sociale e proteste, creando minacce allo status quo. Tuttavia, sul piano economico la situazione della nazione continua ad essere decisamente precaria, caratterizzata da estrema povertà, disoccupazione, nonostante il Turkmenistan possieda enormi depositi di gas naturale (quarta nazione al mondo per riserve).

In politica estera, Serdar dovrebbe confermare gli indirizzi intrapresi dal padre, anche se si rileva una maggiore attenzione nei confronti della Russia (nazione nella quale il giovane presidente si è formato): appena promosso vice premier nel febbraio 2021, Serdar si recò in visita a Mosca e nei mesi successivi ha partecipato inoltre a diversi meeting regionali delle organizzazioni a guida moscovita, come il meeting interministeriale della Comunità degli Stati Indipendenti ed il forum dell’Unione Economica Euroasiatica.

Le proficue relazioni economico-energetiche con la Cina verranno sicuramente preservate ed ampliate, visto il ruolo di Pechino nello sviluppo dei giacimenti gassiferi nazionali e principale mercato d’esportazione del gas turkmeno. Sarà tuttavia necessario portare a compimento la realizzazione della linea D del gasdotto Cina-Asia Centrale, con una capacità di 30 miliardi di metri cubi all’anno, progetto rinviato nel corso degli anni ma di fondamentale importanza per il bilancio turkmeno in quanto capace di generare consistenti introiti.
Serdar dovrà inoltre confermare la politica di apertura verso le repubbliche centroasiatiche  gradualmente intrapresa dal padre, con la partecipazione ai summit 1+5 (con Italia, Cina, Stati Uniti) e soprattutto al quarto summit consultivo tra i capi di stato dell’Asia Centrale che dovrebbe tenersi in Kirghizistan a luglio. Il coinvolgimento di Ashgabat in questo forum di dialogo (il meeting del 2021 è stato ospitato nella città di Avaza, sulla sponda turkmena del Caspio) e nelle varie iniziative di cooperazione regionale permetteranno alla nazione di rafforzare il ruolo di hub logistico e di transito all’interno di quei progetti mirati alla promozione dell’interconnettività regionale.

A seguito delle elezioni presidenziali di marzo, si prospetta un graduale passaggio di consegne tra padre e figlio anche se appare difficile ipotizzare una definitiva uscita di scena di Gurbanguly dalla vita politica nazionale: infatti, Berdymukhamedov senior manterrà una certa influenza politica nel ruolo di leader del senato (Halk Maslahaty, supremo organo politico), come seconda carica dello stato in quanto dovrebbe sostituire il presidente in caso di inabilità o impedimenti. Inoltre, apposite modifiche della costituzione potrebbero riconoscergli un ruolo di prestigio, in qualità di ex presidente ancora in vita.
Sembra cosi emergere in Turkmenistan una sorta di diarchia sul modello kazako pre-rivolta (Tokayev-Nazarbayev), ma di tipo dinastico-familiare, all’interno della quale l’equilibrio dei poteri  tra i  Berdymukhamedov determinerà il futuro sviluppo della nazione, la stabilità politica e l’ambizione di rivestire un ruolo geopolitico di peso nella regione centroasiatica.


Fabio Indeo




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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