Turkmenistan, i ritardi del gasdotto TAPI e l'opzione iraniana (di Fabio Indeo)

Nonostante disponga delle quarte maggiori riserve di gas naturale al mondo, il Turkmenistan continua ad avere delle serie difficoltà a realizzare dei nuovi gasdotti alternativi a quelli esistenti in modo da poter completare con successo la strategia di diversificazione delle rotte energetiche d'esportazione, ovviando alla propria condizione geografica di landlocked country.

Quando il gasdotto Cina-Asia Centrale venne inaugurato (2009), esso  rappresentava un tangibile successo di questa strategia energetica poiché consentiva ad Ashgabat di ridurre la dipendenza dai gasdotti russi per le esportazioni di idrocarburi, mentre ora l'impatto geopolitico del corridoio gassifero sino-turkmeno in termini di diversificazione si è notevolmente mitigato. 

Infatti, dal 2015 la Russia ha cessato di acquistare gas turkmeno (le esportazioni erano già crollate dai 42 miliardi di metri cubi - Gmc - del 2009 al 10 Gmc del 2010) mentre una diatriba  con l'Iran sul pagamento di alcune forniture di gas ha spinto il Turkmenistan a congelare le esportazioni verso il vicino persiano. Il risultato di questa tattica “suicida” si è esplicato nella totale dipendenza dalla Cina come unico attuale mercato d'esportazione del gas naturale, le cui importazioni vengono inoltre pagate meno da Pechino (185 dollari per mille metri cubi, rispetto ai 225 dollari pagati all'Australia) per compensare gli ingenti prestiti erogati per sviluppare il comparto energetico turkmeno, con evidenti ricadute negative sul bilancio statale in termini di minori entrate. 

In sostanza, il Turkmenistan in un decennio è passato dal monopolio russo sulle rotte d'esportazione a quello di Pechino.

Per ovviare a questa vulnerabilità della propria sicurezza energetica, il Turkmenistan si è impegnato nel promuovere delle rotte alternative d'esportazione: in attesa di un eventuale definizione dello status legale del bacino del Caspio che consenta la realizzazione del gasdotto transcaspico - a condizione che la Russia rinunci al proprio veto sulla costruzione di un gasdotto sottomarino che unisca le due sponde del Caspio - il presidente turkmeno Berdimuhamedow appare orientato a puntare sulla costruzione del gasdotto TAPI e al ripristino della cooperazione energetica con l'Iran.

Riguardo al gasdotto TAPI, che dovrebbe portare sui mercati indiani e pachistani 33 Gmc all'anno di gas turkmeno estratto dall'enorme giacimento di Galkynysh e transitando in territorio afgano, il Turkmenistan ha già realizzato il gasdotto domestico sino al confine con l'Afghanistan, in attesa che gli stati coinvolti realizzino il proprio segmento infrastrutturale nazionale.

Tuttavia, la costruzione del tratto afgano della TAPI rappresenta un indubbia sfida che evidenzia la vulnerabilità del progetto: nonostante Kabul si sia impegnata a dispiegare 7mila uomini armati a protezione del gasdotto, appaiono altamente probabili rischi di interruzioni degli approvvigionamenti e del transito legate alla condizione di elevata instabilità ed insicurezza delle aree attraversate, contese tra il governo di Kabul e i Taliban.

Nei mesi scorsi i Taliban hanno ufficialmente dichiarato di riconoscere l'utilità del gasdotto TAPI per i benefici economici che porterebbe alla popolazione afgana, sia in termini di diritti di transito (stimati in circa 70 milioni di dollari all'anno) e in termini energetici, con 5 Gmc di gas naturale all'anno a disposizione per i bisogni nazionali, impegnandosi di conseguenza a proteggere l'infrastruttura.

In realtà, come evidenziato da Rahimullah Kakar (analista presso il dipartimento di politica ed analisi dell'ufficio di presidenza dell'Afghanistan) durante la sua relazione nel corso della conferenza “Non-Traditional Risks and Challenges to Central Asian Security” organizzato dall'OSCE Academy a Bishkek (evento al quale ha partecipato come relatore anche l'autore di questo articolo), si palesa il cosiddetto "paradosso Taliban", ovvero la loro volontà di sostenere il progetto si scontra con il tradizionale atteggiamento degli stessi nei confronti di altri progetti energetici trans-regionali, come le importazioni di energia elettrica dai vicini Uzbekistan e Turkmenistan nella provincia afgana di Baghlan colpite da esplosioni che hanno interrotto gli approvvigionamenti. Inoltre, un eventuale spartizione delle royalties di transito con i Taliban, in cambio di garanzie sulla sicurezza del gasdotto, viene sostanzialmente rigettata dal governo afgano in quanto implicherebbe il riconoscimento indiretto dei Taliban come forza politica.

La combinazione tra aspetti securitari e considerazioni economiche - ovvero trovare finanziatori ed investimenti per supportare la realizzazione di un opera il cui costo è stimato in 10 miliardi di dollari - hanno fatto slittare l'inizio delle attività del TAPI al 2022: ne consegue che il Turkmenistan necessiti di un alternativa concreta nel breve periodo per slegarsi dall'eccessiva dipendenza dalla Cina, che si rafforzerà ulteriormente con la realizzazione della linea D del gasdotto che attraverserà Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan trasportando ulteriori 25-30 Gmc di gas naturale turkmeno all'anno. Le nazioni centroasiatiche (non ancora l'Uzbekistan) hanno ripreso i lavori per la realizzazione del loro tratto nazionale anche se occorrerà probabilmente attendere il 2022 (e non il 2020 come precedentemente ipotizzato) per l'effettiva messa in opera.

In un ottica prettamente economica, il Turkmenistan ha beneficiato di  prestiti della Banca Asiatica per lo Sviluppo e di un fondo saudita per la realizzazione del tratto nazionale della TAPI: il supporto finanziario saudita e degli altri paesi del golfo trova giustificazione in chiave geopolitica, in quanto porterebbe al boicottaggio del gasdotto Iran-Pakistan, perché grazie al TAPI Islamabad non avrebbe più bisogno del gas iraniano.

Una collaborazione energetica con il vicino Iran, finalizzata al transito di esportazioni gassifere turkmene verso mercati terzi, appare l'opzione di maggior rilievo e concretamente perseguibile nel breve periodo.
In marzo il presidente iraniano Rouhani si è recato in visita ad Asghabat confermando la volontà di rinsaldare la partnership energetica anche se in termini diversi rispetto al passato, in quanto l'Iran - per sopperire alle mancate importazioni di gas turkmeno - ha realizzato un gasdotto interno sud-nord con una capacità di 12 Gmc all'anno e non ha più bisogno del gas turkmeno per soddisfare i bisogni delle province nordorientali.

Ad aprile di quest'anno, il capo della compagnia petrolifera nazionale iraniana (NIOC) Araqi ha dichiarato di aver proposto al Turkmenistan un accordo swap, ovvero la possibilità di utilizzare le infrastrutture di trasporto iraniane per il trasporto di gas turkmeno. L'iniziale interesse di Berdimuhamedow di esportare gas verso, Iraq e Turchia sino a raggiungere la UE non ha riscosso parere positivo dalle autorità iraniane - in quanto innescherebbe una rivalità su interessanti mercati in termini economici e geopolitici - che propendono invece per convogliare le esportazioni turkmene verso Armenia ed Azerbaigian. Per inciso, il progetto di convogliare il gas turkmeno attraverso l'Iran per poi alimentare il Corridoio Energetico Meridionale promosso dalla UE venne preso in considerazione nell'ambito della Dichiarazione di Asghabat del 2015, quando UE, Turkmenistan, Azerbaigian e Turchia si erano impegnate a potenziare questo corridoio di approvvigionamento energetico.

Inoltre Araqi ha apertamente espresso l'interesse iraniano a consentire esportazioni di gas turkmeno verso il Pakistan, partendo dalla constatazione che la realizzazione del gasdotto TAPI appare lontana nel tempo e minacciata da fattori di instabilità, mentre l'Iran ha già realizzato il gasdotto domestico sino ai confini del Pakistan all'interno di quel progetto della “pipeline della pace” ovvero il gasdotto IPI (Iran-Pakistan-India) ferocemente osteggiato dagli Stati Uniti.

Questa opzione appare altamente vantaggiosa per il Turkmenistan in quanto consentirebbe di esportare ingenti quantità di gas (la capacità prevista del gasdotto sarebbe 22 Gmc con l'idea di raddoppiarne la portata) nel medio termine, con conseguente incremento delle entrate statali e con un effettiva implementazione della strategia di diversificazione delle rotte d'esportazione.




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http://www.eu/ita/archivio/Turkmenistan--i-ritardi-del-gasdotto-TAPI-e-l-opzione-iraniana-di-Fabio-Indeo-523-ITA.asp 2018-05-31 daily 0.5