Turkmenistan e sicurezza nazionale: l'instabilità della frontiera con l'Afghanistan (di Fabio Indeo)

La decisione turkmena di respingere l'offerta russa di collaborazione militare, al fine di rafforzare il controllo del confine turkmeno-afgano - espressa durante un summit tra il ministro degli esteri russo Lavrov e il Presidente Berdimuhamedow ad Ashgabat il 29 gennaio 2016 - e l'adozione di una nuova dottrina militare nazionale "puramente difensiva" riflettono la coerente volontà della repubblica centroasiatica di mantenere la condizione di neutralità permanente in politica estera, della quale nel 2015 ricorreva il ventennale.
Ciononostante, il progressivo deterioramento delle condizioni di sicurezza lungo il confine orientale condiviso con l'Afghanistan è fonte di estrema e crescente preoccupazione per le autorità turkmene: tra il 2014 e il 2015 è infatti cresciuto l'attivismo di milizie legate ai Taliban, le quali hanno progressivamente assunto il controllo di alcune province afgane come la provincia di Khamyab nel dicembre 2014 e successivamente la provincia di Faryab.

Considerate le difficoltà del governo di Kabul di ripristinare l'ordine e l'autorità centrale su queste aree di confine, la minaccia latente legata a  potenziali incursioni transfrontaliere rischia di alimentare un clima di conflittualità, percepito come destabilizzante per la sicurezza nazionale della repubblica turkmena.
In aggiunta alla minaccia dei Taliban, la crescente presenza di foreign fighters centroasiatici legati al cosiddetto Stato Islamico contribuisce ad accrescere le preoccupazioni delle autorità turkmene. Sebbene il confine turkmeno-afgano non sembri un area nella quale si concentrano terroristi legati all'IS - presenti maggiormente nella Valle del Ferghana, in Uzbekistan, al confine afgano-tagico - e la minaccia dell'islam radicale su Asghabat sia di gran lunga minore rispetto alle altre due nazioni centroasiatiche confinanti con l'Afghanistan (Tagikistan e Uzbekistan), la loro presenza viene percepita come una seria minaccia alla solidità del potere centrale.

Tuttavia, le stime differenti riguardo al numero esatto di foreign fighters centroasiatici - secondo l'International Crisis Group (ICG) il loro numero oscillerebbe tra i 2000 e i 4000 militanti - sono dovute alla manipolazione strumentale della loro presenza ad opera dei diversi attori geopolitici regionali. I governanti centroasiatici spesso gonfiano le cifre di questa potenziale minaccia per rafforzare il controllo politico sociale interno. La Russia invece paventa la minaccia del terrorismo islamico radicale anche per pure finalità geopolitiche, ponendosi come garante della sicurezza regionale con l'obiettivo di rafforzare la propria presenza militare nello spazio post sovietico.

Secondo Mosca, almeno 2500 estremisti legati ad IS sarebbero presenti lungo il confine afgano-turkmeno (mentre per ICG i foreign fighters turkmeni sarebbero meno di 400, di gran lunga inferiori agli uzbechi o ai tagichi): ragion per cui la Russia reiteratamente offre collaborazione militare al Turkmenistan - bilaterale o multilaterale nell'ambito del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), pressando Ashgabat all'adesione - al fine di rafforzare i controlli e la sicurezza alle frontiere con l'Afghanistan.

La situazione transfrontaliera risulta inoltre ulteriormente complicata dalla presenza di una consistente minoranza etnica turkmena - 1,5 milioni di persone - nelle province settentrionali afgane di Faryab and Jowzjan, dove i Taliban stanno estendendo la loro presenza e il loro controllo. Per fronteggiare la minaccia dei Taliban, i turkmeni etnici hanno organizzato delle milizie popolari - guidate da due signori della guerra turkmeni come  Gurbandurdy and Emir Karyad - a protezione delle comunità locali.
Parallelamente, con l'obiettivo di prevenire eventuali sconfinamenti ed incursioni armate oltre confine, le guardie di frontiera turkmene hanno creato delle protezioni - scavando fossati delimitati da barriere di filo spinato - che tuttavia danneggiano la popolazione privata dei tradizionali pascoli ed ostacolando le tradizionali relazioni transfrontaliere tra le comunità.

Nonostante che a partire da ottobre 2015 il Turkmenistan abbia autorizzato il dispiegamento del 70% delle forze armate terrestri nelle province meridionali di May e Lebap - che confinano entrambe con l'Afghanistan - per pattugliare e sorvegliare attentamente I 257 kilomteri di landa desertica sul confine, permane l'incertezza sull'effettiva capacità delle forze armate turkmene di fronteggiare la minaccia destabilizzante legata ad incursioni armate dei Taliban in territorio nazionale.

Secondo il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) le forze armate turkmene sono considerate come le più deboli della regione, per una serie di fattori tra i quali la mancanza di personale qualificato per un addestramento moderno: inoltre, anche l'adesione alla politica di neutralità permanente ha di fatto inficiato sulla preparazione dell'esercito, precludendo un impiego delle truppe nazionali in teatri bellici, o la partecipazione ad esercitazioni militari multilaterali congiunte (ad esempio in ambito OTSC o dell'Organizzazione della Cooperazione di Shanghai, o nell'ambito NATO con la Partneship for Peace) nel rispetto del principio di non adesione a blocchi militari.

Normalmente, 12.000 guardie di frontiera sono impegnate nel controllo del confine turkmeno-afgano ma non si è certi sulla loro capacità di reazione alla minaccia.
In qualità di Comandante Supremo delle Forze Armate, il Presidente  Berdimuhamedow ha confermato - nel corso di un Consiglio di Sicurezza Nazionale tenutosi a novembre 2015 - la volontà di intraprendere un ampia riforma dell'apparato militare, ammodernando gli equipaggiamenti e le dotazioni e promuovendo corsi d'addestramento con personale qualificato.

Questa minaccia dei Taliban alle frontiere rischia di vanificare la tradizionale politica turkmena nei confronti dell'Afghanistan, improntata sulla diplomazia preventiva. Asghabat infatti intende promuovere pace e stabilità nella nazione confinante attraverso un rafforzamento delle relazioni economiche e soprattutto energetiche: in aggiunta al gasdotto TAPI - il quale transitando in Afghanistan garantirà approvvigionamenti di gas e la riscossione di diritti di transito - il Turkmenistan è il principale fornitore di energia elettrica per il paese, volumi destinati a quintuplicarsi nei prossimi anni a seguito della realizzazione di due nuove centrali.

Da anni Ashgabat propone di ospitare un iniziativa di dialogo di pace tra le diverse componenti della realtà afghane (governo centrale, Taliban, minoranze etniche) sotto l'egida delle Nazioni Unite, promuovendo e supportando un nuovo meccanismo politico e diplomatico per risolvere la crisi.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Turkmenistan-e-sicurezza-nazionale-l-instabilita-della-frontiera-con-l-Afghanistan-di-Fabio-Indeo-200-ITA.asp 2016-02-25 daily 0.5