Turkmenistan:il meeting Berdymukhammedov-Putin segnerà un riavvicinamento con Mosca? (di Fabio Indeo)

La visita del presidente turkmeno Berdymukhammedov in Russia il   primo   novembre   2016 assume un significato particolare in considerazione dell'attuale scenario economico della nazione centroasiatica. Risulta altresì interessante notare che si tratta - dopo 9 anni di presidenza - del primo incontro tra Berdymukhammedov e Putin in Russia, in quanto nel viaggio precedente del 2011 il presidente russo era Medvedev.
Per quanto non siano trapelate notizie ufficiali e circostanziate riguardo agli argomenti trattati, con molta probabilità il tema energetico è stato uno dei temi in agenda,  assieme alle questioni regionali di comune interesse come la sicurezza del confine afgano-turkmeno.

Infatti, la decisione della compagnia energetica russa Gazprom di interrompere unilateralmente le importazioni di gas turkmeno nel 2016 - non rispettando i contratti in essere - ha seriamente danneggiato l'economia turkmena, privandola di un tradizionale mercato di sbocco e di introiti economici essenziali per rafforzare il bilancio statale. 

Tra le due nazioni sussisteva un accordo siglato nel 2003 ed entrato in vigore nel 2006 - per una durata di venticinque anni - in base al quale la Russia s’impegnava ad acquistare 50 miliardi di metri cubi di gas (mmc) naturale all’anno dal Turkmenistan. Tuttavia, dopo il picco raggiunto nel 2008 (40 mmc) le esportazioni verso la Russia si sono progressivamente ridotte a 10 mmc sino al 2014, per poi crollare a 4 mmc nel 2015 sino alla completa interruzione del 2016, anche se Gazprom ha parallelamente espresso la volontà di incrementare le importazioni di gas naturale dalle altre repubbliche centroasiatiche.

Le ragioni di questo progressivo deterioramento della cooperazione energetica sono legate a divergenze sui prezzi d’acquisto della materia prima, al mancato impegno finanziario e geopolitico russo per la realizzazione del progetto di gasdotto transcaspico tra Turkmenistan, Kazakhstan e Russia e per la volontà turkmena di diversificare le rotte di esportazione.
Nonostante i ridotti volumi, la mancata vendita dei 4 miliardi di metri cubi di gas alla Russia ha comportato nel 2016 mancati introiti per 1 miliardo di dollari. 

A questo si aggiungano gli effetti nefasti legati all'attuale congiuntura di prezzi bassi degli idrocarburi, che ha determinato una drastica riduzione degli introiti derivanti dalle esportazioni, con pesanti ricadute sull'economia nazionale che potrebbero potenzialmente innescare malcontento e tensioni sociali. Infatti, sono stati progressivamente ridotti e poi  eliminati quei benefici sociali introdotti da Niyazov e confermati dall’attuale presidente  - fornitura gratuita di elettricità, carburante e riscaldamento domestico - misure definite populiste in quanto miravano a garantire la pace sociale depotenziando elementi di conflittualità interna. Inoltre, negli ultimi mesi si è registrata una frequente penuria di beni di consumo sui mercati, considerato il prezzo elevato per l'importazione, e delle difficoltà e ritardi nel pagare i salari degli impiegati pubblici.

Nonostante l'aumento delle esportazioni di gas naturale verso i mercati della Cina - nazione che inizialmente ha giocato un ruolo fondamentale nella strategia di diversificazione delle rotte di esportazione – il Turkmenistan si trova in una pericolosa condizione di vulnerabilità per l'eccessiva e sbilanciata dipendenza dalle esportazioni verso Pechino: attualmente il 70% delle esportazioni turkmene è diretta verso i mercati cinesi, ovvero 27 mmc esportati nel 2015 e probabilmente anche nel 2016.

La cooperazione energetica con Pechino presenta però due evidenti distorsioni che inficiano negativamente sulla politica energetica turkmena e sul bilancio statale. In primo luogo, il costo del gas naturale turkmeno: infatti, nel 2016 per l'acquisto di mille metri cubi di gas naturale la Cina ha pagato mediamente circa 228 dollari, mentre il gas turkmeno viene acquistato da Pechino a cifre largamente inferiori, ovvero 185 dollari per mille metri cubi. Sino al 2015, Mosca pagava invece 240 dollari, ben al di sopra dei prezzi europei che si aggirano sui 200 dollari per mille metri cubi.

In secondo luogo, buona parte degli introiti derivanti dalle esportazioni verso la Cina non affluisce nel bilancio turkmeno ma serve per ripagare i prestiti cinesi che hanno permesso lo sviluppo del settore energetico turkmeno: basti ricordare che inizialmente la compagnia energetica cinese CNPC investì 4 miliardi di dollari per lo sviluppo del giacimento turkmeno di Bagtyarlyk (riserve stimate in 1300 miliardi di metri cubi), principale fonte di approvvigionamento del gasdotto sino-turkmeno. Successivamente, la Cina ha finanziato lo sviluppo delle prime due fasi di produzione del giacimento gigante di Galkynysh (nella prima fase ha investito 8 miliardi di dollari, mentre non è stato rivelato l’ammontare del secondo finanziamento), oltre a realizzare il gasdotto Cina-Asia Centrale, con una capacità attuale di 55 mmc, in attesa della realizzazione della Linea D (che attraverserà anche Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan) che aumenterebbe la capacità del tubo sino a 85 mmc all'anno.

Per cercare di incrementare gli introiti statali e ridurre la dipendenza dalla rotta d'esportazione cinese, il Turkmenistan dovrebbe rendere operative e funzionanti nel breve periodo delle rotte alternative d'esportazione, come il gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India (TAPI) e il gasdotto transcaspico verso la UE.
Riguardo al TAPI, nonostante le compagnie energetiche nazionali Turkmengaz e Turkmennebitgazgurlushyk siano impegnate nella costruzione della tratta nazionale dal giacimento di Galkynysh al confine afgano, la realizzazione dell'intero gasdotto lungo i 1800 km del tracciato richiederà un esborso finanziario notevole (circa 10 miliardi di dollari), parte del quale verrà supportato dal prestito di 700 milioni di dollari erogato dalla Banca Islamica di Sviluppo nell’ottobre 2016: ne consegue che il ricorso continuo a prestiti e la mancanza di grossi investitori impedisce al governo turkmeno di disporre pienamente di cospicui introiti derivanti dalle esportazioni, senza citare le complesse condizioni in ambito securitario che gravano sull'effettiva fattibilità del tratto terrestre sia nella provincia afgana di Herat che in quella pachistana del Balucistan.

Entro la fine dell'anno in corso, dovrebbe tenersi un meeting tra Turkmenistan, Azerbaigian e Turchia per rinsaldare la cooperazione energetica con la UE - sulla base della Dichiarazione di Ashgabat del maggio 2015 - volta alla realizzazione del gasdotto transcaspico, anche se permane la netta opposizione russa alla realizzazione di una condotta sottomarina che consenta l'esportazione del gas turkmeno verso l'Azerbaigian al fine di alimentare il corridoio energetico meridionale.

Tuttavia, fattori come la mancanza di ingenti investimenti e gli ostacoli geopolitici esistenti  rallentano lo sviluppo di questi progetti, cosicché Berdymukhammedov potrebbe intraprendere un significativo cambio di rotta della politica energetica nazionale puntando a ricostruire la partnership energetica con la Russia, riproponendo la propria disponibilità (come fece nel dicembre 2015) per la realizzazione del gasdotto transcaspico Pricaspiysky orientato verso la Russia.

Proprio nel dicembre 2015 il Turkmenistan ha completato la costruzione del gasdotto domestico East-West - con una capacità di 30 mmc di gas all'anno – con l'obiettivo di connettere i ricchi giacimenti delle regioni sudorientali con il Caspio: anche se sulla carta questo gasdotto appare destinato a rifornire i mercati europei, l'incertezza sulla realizzazione del “missing link” tra il porto di Turkmenbashi e Baku potrebbe spingere Berdymukhammedov a riorientare questo gasdotto verso nord, riallacciandolo al progetto Pricaspiysky, che dovrebbe percorrere per 1700 km le coste del Caspio sino alla Russia.

In questo contesto va inserita la decisione presa nel settembre 2016 di sospendere la causa tra Russia e Turkmenistan sottoposta ad arbitrato internazionale, con Ashgabat che reclama mancati pagamenti da parte di Gazprom per 5 miliardi di dollari, mentre la compagnia russa ha citato in giudizio la Turkmengas in relazione all'iniquità dei prezzi d'acquisto sanciti nei contratti esistenti. Le parti al momento concordano nel trovare una soluzione attraverso negoziati da tenersi nel corso dei prossimi mesi.

Per quanto Gazprom non appaia intenzionata a riprendere le importazioni dal Turkmenistan nel breve periodo, procrastinando questa eventualità al 2018, un controllo russo su parte delle esportazioni turkmene sarebbe funzionale a distoglierle da un utilizzo contrario agli interessi russi (vedi Corridoio Energetico Meridionale), ad influenzare lo sviluppo dei progetti esistenti  che non coinvolgono Mosca(vedi gasdotto TAPI), oppure ad un utilizzo nello spazio post sovietico, ad esempio in Kirghizistan dove la compagnia energetica russa mantiene saldamente il controllo sulla distribuzione del gas naturale, anche se i mercati di consumo sono ridotti rispetto a quello europeo.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

Consulta il testo del provvedimento
http://www.eu/ita/archivio/Turkmenistanil-meeting-Berdymukhammedov-Putin-segnera-un-riavvicinamento-con-Mosca--di-Fabio-Indeo-304-ITA.asp 2016-11-29 daily 0.5