Un anno dopo l’Expo di Astana: Le implicazioni politiche del “green branding” kazako (di Lucia Bortolotti)

Ad un anno di distanza dalla chiusura dell’Expo di Astana “Future Energy”, è possibile trarre alcune conclusioni rispetto ad uno dei progetti più grandiosi e costosi (circa 5 miliardi di dollari americani) della strategia kazaka di nation branding. Il sito espositivo, ancora visitabile e quasi completamente funzionante, attira visitatori quotidianamente ed è situato in una delle zone più “sostenibili” della capitale: infatti, compatibilmente con il tema generale della manifestazione, ossia le energie rinnovabili, sono state realizzate una serie di strutture conformi quali residenze a basso impatto ambientale (Green Housing), pannelli solari (ad esempio, panchine nelle quali è possibile ricaricare apparecchi elettronici a basso voltaggio) e pale eoliche. 
A prescindere dalla fredda risposta data dalla popolazione kazaka rispetto all’Expo e all’ingente investimento finanziario statale che è stato utilizzato per questo progetto, il risultato in termini di country image è stato sicuramente notevole e più che positivo. Il Kazakhstan ha acquisito una reputazione molto forte all’estero, divenendo così meta di viaggi e di studi e rinsaldando il dialogo multilaterale con numerosi paesi europei e con gli Stati Uniti. 

Tuttavia, anche a livello internazionale non sono state assenti le critiche. Principalmente, è stato messo in questione il carattere contraddittorio della manifestazione, basata sullo sviluppo delle energie sostenibili, in quanto il Kazakhstan è effettivamente uno dei principali fornitori di risorse naturali e petrolifere non raffinate del mondo. Inoltre, il paese risente ampiamente di problemi ecologici e ambientali quali, ad esempio, un elevato livello di inquinamento dell’aria, l’assenza diffusa di mezzi di riciclaggio e aree di territorio molto vaste intensamente inquinate e inquinanti, come l’ex poligono nucleare Semipalatinsk. 

Effettivamente, sembra essere paradossale il fatto che il governo abbia deciso di presentare al mondo un biglietto da visita così poco realistico rispetto alla situazione tangibile. Si può interpretare questa manovra politica in molti modi diversi; sicuramente, dal punto di vista del branding uno dei motivi principali consiste nel tentativo di sviluppare un’immagine del paese “green”. Gli obiettivi finali di questo progetto sono numerosi e variano dallo stimolare il settore dell’eco-tourism all’attirare investitori in nuove tecnologie per lo sviluppo sostenibile delle imprese. In questo senso, è possibile contestualizzare anche la rinuncia alle armi atomiche attuata dal Kazakhstan nel 2009 (peraltro, primo paese nel mondo a proporsi volontariamente), con grande sostegno della comunità internazionale e dell’Onu in primis.

Allo stesso tempo, si può asserire anche che l’intento di questa strategia non sia limitato solo allo sviluppo della country image, ma che si radichi più profondamente all’interno di una strategia volta a delineare e consolidare il posizionamento del paese all’interno dello spazio post-sovietico. Il Kazakhstan è uno dei principali portavoce della corrente di pensiero eurasista, basata principalmente nella sua forma di sviluppo locale sulla produzione di saggi del presidente kazako e del poeta Olžas Sulejmenov, oltre che sulle opere dei corrispettivi teorici russi, quali ad esempio Lev Gumilëv. Questa ideologia si trova alla base della cosiddetta “Dottrina Nazarbayev”, ossia la strategia delineata dal presidente per lo sviluppo sociale, economico e politico del paese. Il principio sul quale essa si fonda è quello di promuovere l’integrazione eurasiatica congiuntamente alla modernizzazione della regione, coordinando le attività politiche a quelle economiche, contestualmente alla politica cosiddetta “multi-vettoriale” ufficialmente adottata dal governo del paese. 

Infatti, nel corso degli anni il Kazakhstan ha acquisito una posizione geo-politicamente strategica, mantenendo un rapporto saldo ma indipendente con le due grandi potenze che lo circondano: la Russia e la Cina (perlomeno per quanto riguarda la politica estera, poiché a livello economico sussiste ancora un rapporto di forte dipendenza in particolar modo dalla Russia: il Kazakhstan non possiede infatti strutture atte a raffinare il petrolio, e per questo motivo è costretto a vendere il prodotto non lavorato e riacquistarlo a prezzo maggiorato).

 Allo stesso tempo, è stato un capace portabandiera di valori quali la tolleranza inter-etnica e religiosa all’interno della società, ponendosi l’obbiettivo di connettere il mondo orientale e quello occidentale. Per ottenere questo ruolo di “mediatore”, Nazarbayev ha promosso numerose iniziative volte all’avvicinamento culturale e sociale dei popoli, come ad esempio il Forum delle Religioni Tradizionali (un congresso annuale tra i leader dei principali movimenti religiosi che si tiene ad Astana) o la partecipazione in istituzioni come l’Organizzazione della Cooperazione Islamica e l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa).

In sintesi, risulta possibile affermare che la scelta del tema dell’Expo si adatta ottimamente alla strategia governativa del paese per affermarsi come intermediario culturale e politico in Eurasia, in veste di portatore d’innovazione e modernità, mantenendo bilanciati i rapporti con Cina e Russia. L’Expo è stata quindi un’ottima possibilità di presentarsi in maniera efficace a livello globale, contrastando gli stereotipi e la “cattiva reputazione” che si porta dietro: quella di un paese ancora legato alle tradizioni nomadi, oppresso da un governo arcaico e dittatoriale. Con il tema delle energie sostenibili, il Kazakhstan ha voluto mostrare al mondo quale ruolo strategico vorrebbe ricoprire nel prossimo futuro: un solido centro di snodo culturale, politico ed economico; un paese capace di gestire i problemi e le relazioni sia all’interno che all’esterno della regione in modo profondamente innovativo, dinamico ed appassionato a tematiche di portata ed importanza globale. 




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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