Uzbekistan e Tagikistan verso la distensione (di Frank Maracchione)

Il Presidente Uzbeko Shavkat Mirziyoev ha mosso un nuovo passo verso la distensione dei conflitti regionali dell’Asia Centrale. Il 9 e 10 marzo si è recato a Dushanbe per incontrare il Presidente del Tagikistan in un meeting dal forte significato simbolico. La scelta è in linea con la politica di apertura regionale che il neoeletto Presidente Miziyoev ha portato avanti sin dalla morte del pluridecennale leader Islam Karimov, nel 2016. 

La leadership di Karimov è stata una delle più stabili ed efficaci dell’Asia Centrale, caratterizzata da forti posizioni in politica internazionale, come l’alternante sostegno alla cooperazione con Stati Uniti e Russia, e da atteggiamenti assertivi in tutti i settori di conflitto e cooperazione nella politica di vicinato. Quelle caratteristiche - che hanno determinato la forza e forse anche la sopravvivenza del regime uzbeko, durato dal 1991 al 2016 -  hanno però rappresentato anche dei importanti fattori di scontro con le altre repubbliche centroasiatiche. 

Le origini del conflitto tra la leadership tagika e l’Uzbekistan si possono rintracciare in due filoni principali, fortemente correlati tra loro. In primis, la stessa creazione delle Repubbliche Sovietiche di Uzbekistan e Tagikistan ha prodotto un conflitto di appartenenza etnica in alcune regioni. In entrambe le Repubbliche, infatti, la creazione di confini ampiamente arbitrari ha incluso nei due paesi forti minoranze etniche. Il centro focale del conflitto è la valle di Fergana, confine tra i due stati e principale hotspot dei conflitti etnici e religiosi dell’Asia Centrale. 

In secondo luogo, la partecipazione dell’Uzbekistan alla guerra civile tagika, sanguinoso conflitto interno che ha provocato gravi distruzioni in questo paese dal 1992 al 1997, è rimasta una macchia indelebile nella relazione del Tagikistan con il Presidente Karimov. L’esercito uzbeko aveva sostenuto le forze governative contro i ribelli, tra cui erano presenti gruppi di matrice islamica, fortemente invisi alle politiche di Karimov. Dopo la fine del conflitto, il Presidente uzbeko era restio ad accettare le condizioni della pace e soprattutto l’entrata nel parlamento tagiko di gruppi religiosi. Così, l’Uzbekistan è diventato per un lungo periodo la base delle operazioni dei nuovi ribelli che non sostenevano l’accordo post-bellico. 

Risulta quindi comprensibile la motivazione per cui il Tagikistan è stato l’ultimo paese dell’Asia Centrale ad essere visitato dal Presidente Mirziyoev. Nonostante ciò, l’incontro si è svolto in un’atmosfera cordiale. Lo stesso Presidente uzbeko ha affermato che “la relazione tra i due stati raggiungerà il livello di cooperazione strategica in un futuro molto prossimo” e che “non c’è alcun problema irrisolto che potrebbe mettere in difficoltà la cooperazione tra Uzbekistan e Tagikistan”. Il Presidente tagiko Rahmon, oltre a confermare le parole di Mirziyoev, ha parlato di “una visita decisiva e importante”. 

La nuova politica di apertura del Presidente Shavkat Mirziyoev ha scritto l’inizio di una nuova pagina nell’ambito della cooperazione tra i paesi dell’Asia Centrale. L’incontro tra Rahmon e Mirziyoev ha dato il via all’organizzazione di un summit regionale tra Uzbekistan, Kazakhstan, Tagikistan e Kirghizistan. L’incontro, il primo del suo genere del decennio, si è tenuto il 15 marzo in Kazakistan, e ha affrontato tutte le tematiche fondamentali per la cooperazione regionale, in particolare la condivisione delle risorse idriche e il commercio regionale. 

Tutti i leader hanno sottolineato la necessità di portare avanti un dialogo centroasiatico indipendente che vada a supportare altre iniziative di carattere macro-regionale. Il leader kazako Nazarbaev ha affermato che “non serve chiamare degli esterni per risolvere i problemi delle nazioni dell’Asia Centrale”. I capi di Stato hanno deciso di formalizzare l’incontro in un summit annuale, il prossimo si terrà proprio in Uzbekistan, a Tashkent. 




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