Verso la definizione dello status legale del Caspio? Prospettive per il corridoio energetico meridionale (di Fabio Indeo)

A seguito di un summit tenutosi a Mosca tra i ministri degli esteri dei cinque paesi rivieraschi (Azerbaigian, Iran, Kazakhstan, Russia e Turkmenistan) il 5 dicembre 2017, il ministro degli esteri russo Lavrov ha annunciato il raggiungimento di un accordo che di fatto risolveva tutte le questioni aperte inerenti il bacino del Caspio, e che le parti erano pronte a siglare un trattato sullo status legale del bacino durante il summit sul Caspio indetto ad Astana nel 2018.

La valenza geopolitica di un simile accordo appare evidente, in quanto consentirebbe la realizzazione del corridoio transcaspico attraverso un gasdotto - e un oleodotto - sottomarino capace di trasportare le esportazioni di idrocarburi delle repubbliche centroasiatiche verso i mercati europei. Soprattutto nell'ambito del gas naturale, la realizzazione del cosiddetto "missing link" ovvero del gasdotto sottomarino tra Turkmenistan ed Azerbaigian consentirebbe di aumentare la capacità di trasporto del corridoio energetico meridionale - e le esportazioni dal Turkmenistan, quarta nazione al mondo per riserve di gas naturale - progetto supportato dalla Commissione Europea che lo ha inserito nel novembre scorso nella lista prioritaria dei "Progetti di Interesse Comune".

Il ministro degli esteri dell'Azerbaigian Elmar Mammadyarov ha sottolineato gli importanti passi in avanti compiuti per la composizione delle dispute esistenti, sostenendo altresì che la bozza d'accordo prevede sia sufficiente il consenso delle sole repubbliche interessate (che poi è la posizione che Baku ed Asghabat sostengono congiuntamente dal 2010) per la realizzazione del gasdotto transcaspico 
Tuttavia, appare abbastanza prematuro parlare di un accordo in vista, sia per la portata degli interessi economici e geopolitici della Russia e dell'Iran - che tradizionalmente si oppongono alla realizzazione di infrastrutture energetiche offshore lungo il bacino del Caspio - sia perché nessuna delle altre quattro nazioni ha confermato l'anticipazione russa: Turkmenistan e Kazakhstan non hanno ufficialmente commentato mentre l'Iran ha negato il raggiungimento di un accordo, sottolineando che nel summit sono stati trattati tematiche e principi generali in termini di sovranità e cooperazione. In quest'ottica, secondo Lavrov le cinque nazioni rivierasche avrebbero raggiunto l'accordo che proibisce la navigazione e la presenza di navi militari straniere nel bacino (sancendo di fatto un condominio securitario russo-iraniano che esclude una potenziale influenza NATO e statunitense) oltre ad annunciare la prima esercitazione militare congiunta entro l'estate 2018.

Il problema della definizione dello status legale del Caspio si ripropone dal 1991, quando dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica Azerbaigian, Kazakhstan e Turkmenistan divennero repubbliche indipendenti e reclamavano il diritto allo sfruttamento del bacino del Caspio, che da una sorta di lago sovietico-iraniano era diventato un bacino condiviso e conteso tra cinque stati.

Secondo l'Energy Information Administration, il Caspio dovrebbe contenere riserve per 48 miliardi di barili di petrolio e oltre 8mila miliardi di metri cubi di gas,  volumi importanti ma non paragonabili alle stime fatte dall'Amministrazione statunitense a metà degli anni novanta – 200 miliardi di barili di petrolio - appositamente "gonfiate" per offrire legittimità alle mire geopolitiche di Washington nello spazio post sovietico.

Stabilire se il bacino del Caspio debba essere considerato un lago o un mare si riflette sui diritti di sfruttamento delle riserve offshore di idrocarburi: la definizione di lago sancirebbe la prevalenza della linea iraniana, ovvero una soluzione di condominio con la suddivisione in parti uguali del bacino (20%), mentre le altre nazioni sostengono la formula (ovvero la definizione di mare) per la quale la quota spettante a ciascuno stato sia legata alla lunghezza della linea costiera (scenario che svantaggerebbe Teheran in quanto la sua quota si ridurrebbe al 13%). 

In realtà, nello scenario di stallo diplomatico quest'ultima soluzione appare quella tacitamente accettata, in quanto il Kazakhstan e l'Azerbaigian hanno avviato da tempo attività di esplorazione ed iniziato lo sfruttamento, estrazione e commercializzazione degli idrocarburi rispettivamente dai giacimenti di Kashagan (con riserve stimate in 13 miliardi di barili) e Azeri-Chirag-Guneshli.

Indubbiamente, una delle precondizioni alla base di un potenziale accordo implica il venir meno delle rivalità che contrappongono Turkmenistan/Azerbaigian, Azerbaigian/Iran e Turkmenistan/Iran in relazione  alla proprietà e ai diritti di sfruttamento di alcuni giacimenti della sezione meridionale del Caspio: soprattutto Baku ed Asghabat sono chiamate ad addivenire ad un accordo sul giacimento conteso di Kapaz/Serdar, e il Turkmenistan dovrebbe accantonare le proprie pretese sul giacimento di  Azeri-Chirag-Guneshli, da anni sfruttato dall'Azerbaigian. Alcuni segnali lasciano presagire che i tempi possano essere maturi, in quanto ci sono stati nel 2017 diversi meeting bilaterali dove i rappresentanti delle due repubbliche post-sovietiche hanno discusso di progetti congiunti nel settore energetico e di un eventuale production sharing agreement come formula di sfruttamento del giacimento di Kapaz/Sardar.

Di contro, le relazioni tra Turkmenistan ed Iran appaiono oggi largamente deteriorate, con le parti che si sono rivolte ad un arbitrato internazionale per dirimere una disputa economica inerente il mancato pagamento di forniture di gas: da gennaio 2017 il Turkmenistan ha interrotto le proprie esportazioni di gas verso l'Iran, sancendo la propria totale dipendenza dalla Cina come mercato d'esportazione, mentre Teheran ha inaugurato un nuovo gasdotto che connette i giacimenti meridionali alle province nordorientali, rendendo di fatto progressivamente ininfluenti le importazioni di gas turkmeno.

Queste dispute e la mancata definizione dello status legale del Caspio hanno di fatto impedito la realizzazione di un gasdotto sottomarino transcaspico, capace di unire le due sponde del bacino per poi dipanarsi dall'Azerbaigian sino ai mercati europei. Infatti Russia ed Iran hanno posto il veto ad ogni progetto infrastrutturale destinato a portare sui mercati la produzione di oil & gas delle repubbliche centroasiatiche -  per i quali occorrerebbe il consenso unanime di tutte e cinque - adducendo motivazioni ambientali: in realtà, il gasdotto transcaspico alimentato dal gas turkmeno costituirebbe una minaccia economica per il business delle esportazioni di gas russo verso i mercati europei, e sancirebbe una rinnovata marginalizzazione geopolitica dell'Iran (prima nazione al mondo per riserve di gas, con l'intero comparto offshore del Caspio mai esplorato).

L'apertura di un corridoio occidentale d'esportazione energetica appare un esigenza non procrastinabile per le repubbliche centroasiatiche del Caspio: con la realizzazione del gasdotto est-ovest il Turkmenistan dispone di 30-40 miliardi di metri cubi di gas all'anno da destinare ai mercati e ridurre la dipendenza dalla rotta d'esportazione verso la Cina.

Allo stesso modo, il Kazakhstan ha progressivamente incrementato la propria produzione di gas e di petrolio - con l'avvio della produzione a Kashagan - ed entrambe vedono nell'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e nel gasdotto transanatolico TANAP (segmento assieme al gasdotto Trans Adriatico del corridoio energetico meridionale) una concreta prospettiva per la diversificazione delle rotte d'esportazione.

Tuttavia, se i tempi fossero lunghi o permanesse l'opposizione russo-iraniana alla realizzazione di un gasdotto sottomarino, prenderebbero quota due opzioni: la realizzazione di terminal di liquefazione nella costa occidentale kazaka (ed eventualmente turkmena) per l'esportazione di gas naturale in forma liquida verso il terminal di Baku, oppure si concretizzerebbe l'opzione settentrionale, ovvero esportare gas turkmeno verso la Russia, vanificando la portata geopolitica del corridoio meridionale e le esigenze di sicurezza energetica europee. Negli ultimi mesi del 2017 vi sono stati diversi contatti di alto livello tra ministri russi e turkmeni e dirigenti di compagnie energetiche per vagliare la fattibilità di questo corridoio, dopo che dal 2016 la Russia ha cessato di acquistare gas turkmeno. Considerato che il Turkmenistan ora esporta solamente verso la Cina, l'opzione russa sarebbe un modo di diversificare ed incrementare le entrate statali derivanti dalla venidta degli idrocarburi. Per la Russia, controllare la commercializzazione del gas turkmeno sarebbe la carta per depotenziare la portata geopolitica del SGC, in quanto dipenderebbe solamente dal gas azerbaigiano che non sarebbe sufficiente ad estenderne la portata a 30-60 miliardi di metri cubi.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Verso-la-definizione-dello-status-legale-del-Caspio--Prospettive-per-il-corridoio-energetico-meridionale-di-Fabio-Indeo-482-ITA.asp 2018-03-01 daily 0.5