Verso un nuovo parternariato tra Uzbekistan e Kirghizistan? (di Pierluigi Franco)

Sembra ormai un lontano ricordo l’era di diffidenze e chiusure del vecchio presidente uzbeko Islom Karimov. Dalla sua morte, avvenuta nel settembre del 2016, l’Uzbekistan di Shavkat Mirziyoev ha avviato una nuova politica di aperture e distensione, soprattutto con gli altri Paesi centrasiatici. Emblematico è quello con il più debole Kirghizistan, sottoposto a ricatti energetici e pressioni durante il lungo periodo di presidenza Karimov. Un peso che, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, aveva portato a pesanti scontri etnici nelle indefinite zone di confine con quasi mille morti e a una totale rottura tra Kirghizistan e Uzbekistan. 

La svolta sembra essere arrivata il 25 marzo scorso con la firma a Tashkent, da parte dei rispettivi primi ministri, di un accordo sulla delimitazione del confine tra i due Paesi. Una firma importante, che dovrebbe mettere fine alla storica diatriba sugli oltre 1.400 chilometri di frontiera. L’accordo è arrivato alla fine del lavoro di delegazioni governative kirghise e uzbeke incaricate l’anno scorso di delimitare, attraverso una capillare mappatura, oltre l’80% del confine (mai definito) tra i due Paesi, provando così a dipanare uno dei nodi più difficili e delicati dell’intero panorama centrasiatico. 

Le premesse del trattato erano maturate il 12 marzo scorso con la visita ufficiale in Uzbekistan del presidente kirghiso, Sadyr Japarov. Nel corso dell’incontro con il presidente uzbeko Mirziyoev era stato affrontato come prioritario il problema della demarcazione del confine, con l’intento dichiarato di volerlo definire al più presto. Si tratta certamente di una importante affermazione politica per i due presidenti che sembrano essere riusciti in un’impresa ritenuta fino a qualche tempo fa praticamente impossibile, con momenti di tensione che avevano fatto sfiorare più volte il rischio di conflitto armato. Ma si tratta di un successo soprattutto per Japarov, al potere da appena tre mesi dopo l’elezione del 10 gennaio, che sta tentando di accreditarsi in fretta nel panorama internazionale dove è visto ancora con una certa diffidenza. 

La delimitazione dei confini è una questione legata soprattutto alla stabilità dell’area. E non è un caso che, per la sua definizione, il Kirghizistan abbia spedito a Tashkent l’esperto Kamchybek Tashiev, che è anche il capo dei suoi servizi di sicurezza (il GKNB, subentrato al KGB dopo la fine dell’Urss). Proprio Tashiev ha avuto il compito di dare l’annuncio dell’intesa nel corso di una conferenza stampa, affermando che “i problemi attorno al confine kirghiso-uzbeko sono stati risolti al 100%” e “non è rimasto un solo pezzo di territorio conteso”. Un’intesa basata sull’equilibrio, ha aggiunto, senza che si possa dire che “una parte abbia vinto e l'altra abbia perso”.

L’intesa prevede la facilitazione del traffico transfrontaliero per il territorio del distretto di Sokh, un'exclave uzbeka di 85.000 abitanti che è interamente circondata dal Kirghizistan. In base all'accordo, i cittadini uzbeki di Sokh potranno muoversi liberamente per andare e venire dal distretto, a differenza di quanto avveniva finora con procedure lunghe e complicate. Difficoltà che, a causa dell’isolamento, hanno spesso creato frustrazione sfociata in rabbia e scontri come quelli più recenti del maggio 2020. 

Un importante filone dell'accordo riguarda poi la delicata area del fiume Gavasai, altro teatro di violenti scontri nel corso degli anni. Si tratta di un’ampia fascia di terra tra la regione di Jalal-Abad in Kirghizistan e la provincia del Namangan in Uzbekistan. Secondo quanto riferito da Tashiev, il trattato concede al Kirghizistan 80 chilometri quadrati di territorio nel quale ricadono numerosi  villaggi e terreni di pascolo per il bestiame. Da parte sua l'Uzbekistan mantiene il controllo su alcune importanti infrastrutture di irrigazione, anche se si è deciso di affrontare la questione delle risorse idriche con ulteriori negoziati.

Sempre restando nel campo delle riserve di acqua, l’accordo ha risolto la diatriba relativa a Orto-Tokoy, un importante bacino idrico del fiume Chu situato nel distretto di Kochkor nella provincia kirghisa di Naryn. Questo specchio d’acqua viene riconosciuto come territorio kirghiso, ma potrà essere utilizzarlo liberamente e gratuitamente per irrigare i campi degli agricoltori uzbeki.

L’accordo sul confine, che dovrà ora essere formalmente sottoscritto dai rispettivi presidenti per l'approvazione definitiva, evidenzia dunque il forte cambiamento della politica regionale. Ma è difficile credere che, come ha ottimisticamente annunciato Tashiev, i problemi di frontiera siano stati completamente risolti. 

Subito dopo l’annuncio degli accordi, infatti, sono emersi i primi malcontenti da parte di alcuni abitanti delle aree interessate. All’inizio di aprile, in particolare, ci sono state proteste da parte degli abitanti dell’importante distretto commerciale di Kara-Suu, area divenuta famosa nel mondo per essere stata rifugio nel maggio del 2005 delle persone scampate al massacro, ordinato da Karimov, che causò circa mille morti nella vicina città uzbeka di Andijan. I residenti del distretto kirghiso lamentano la perdita, in base all’accordo, di alcune decine di ettari di terreno che verrebbero annessi al territorio uzbeko. Il timore è che, anche se si tratta di una piccola cosa rispetto al contesto generale del trattato, il focolaio di protesta potrebbe riaccendere gli animi e creare emulazioni in un territorio che non ha mai conosciuto veri confini e che si è trovato di fronte al problema soltanto dopo la dissoluzione dell’Urss. Un problema che, paradossalmente, non riguarda grandi dimensioni, come dimostrano i malumori di Kara-Suu, ma piccoli appezzamenti coltivati magari per secoli da una famiglia senza mai badare a ipotetiche, e finora inesistenti, linee di frontiera. 

In ogni caso, per ora, la situazione sembra essere sotto controllo mentre si consolida il rapporto positivo tra Kirghizistan e Uzbekistan, come dimostra anche l’interscambio commerciale passato dai 50 milioni di dollari del 2016 agli oltre 900 milioni di dollari attuali. Un quadro di stabilità che è seguito con attenzione dagli operatori internazionali, pronti a investire in Asia Centrale. In tal senso è arrivato proprio il 30 marzo scorso, subito dopo l’accordo sui confini, un annuncio dalla statunitense Andersen Global. La società di consulenza finanziaria e aziendale ha infatti deciso di consolidare la sua presenza in Asia Centrale con la stipula di un accordo di collaborazione in Kirghizistan con lo studio legale Satarov, Askarov & Partners che ha sede a Bishkek ed è specializzato nell’arbitrato internazionale e negli investimenti esteri. Un nuovo segnale del crescente interesse per questo Paese montuoso e per le sue risorse nascoste.




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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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http://www.eu/ita/archivio/Verso-un--nuovo-parternariato-tra-Uzbekistan-e--Kirghizistan---di-Pierluigi-Franco-940-ITA.asp 2021-05-06 daily 0.5